Molte opere d’arte possiedono un messaggio logico e manifesto, evidente al primo sguardo di chiunque cerchi di studiarle. Perché parlano un linguaggio universale, quello della bellezza, matematicamente misurabile fino al decimo dell’unità. Il gusto del mostruoso, dal canto suo, va ricercato con passione. I pochi artisti che osano intraprendere questa strada, coraggiosi sperimentalisti del mondo visuale, rispecchiano gli ambiti meno apparenti della mente, perseguono finalità misteriose. Cedric Laquieze, il giovane olandese che realizza questi romantici agglomerati d’ossa animali e materia vegetale, rientra a pieno titolo in quest’ultima categoria. Dai suoi cadaveri lussureggianti zampilla il succo di un dualismo, una contrapposizione, che ha origini tanto antiche quanto fondamentali alla comprensione della stessa storia dell’umanità. Prendete, ad esempio, la serie delle sue fate e altri esseri leggendari. Oberon, re di quel mondo, vi ricompare come coleottero lucanide dalle ali di cicala, assiso sopra un trono d’ossa di pappagallo; che fine ha fatto l’elfo sapiente della commedia shakespeariana? È ancora lì, sottilmente nascosto. La chiave per tirarlo fuori non è poi così lontana, giusto l’esatta metà di un periodo millenario.
Tutto ebbe inizio, per l’appunto, a cavallo del quinto secolo dopo Cristo. Clodione detto il Chiomato, re del popolo dei Franchi Sali, aveva una moglie, Basina, che amava farsi il bagno nelle acque gelide dei mari del Nord. Siamo nella regione corrispondente all’odierna Olanda, in prossimità della foce del Reno, sede privilegiata di draghi sputafuoco, nani nibelunghi e altre astute diavolerie fluviali. Ma lei era di origine turingia e non sapeva. Fu così che malauguratamente incontrò una bestia, anzi no, la bestea Neptuni Quinotauri similis, quel figlio di Poseidone che aveva coda di pesce, corpo di uomo, testa di toro con cinque corna tutte intorno, un’insaziabile appetito per la battaglia e… Altre cose. Brutalmente, dunque, la violentò. Da quell’innaturale unione ben presto nacquero due figli: Meroveo, il guerriero, e Alberico, lo stregone. Dal primo ebbe origine una lunga dinastia. Dal secondo la figura di Oberon, gran signore di ogni Notte di Mezza Estate.
Quel dualismo che c’è nell’arte, la fruttifera contrapposizione fra l’arcano e il bello, trova riconferma nella vicenda dei saggi governanti. Re Artù aveva il suo Mago, così come ogni eroe del mondo antico si accompagnava ad un centauro, un satiro o altri tutori sovrannaturali. Soltanto dal dialogo fra queste due visioni del mondo, lo Yin e lo Yang, poteva nascere un qualcosa d’immortale, in grado di resistere a beneficio della posterità. Negli animali fantastici di Cedric Laquieze, variopinti florilegi calcificati, non c’è in realtà alcunché d’immobile o defunto. I poveri resti di gatti, uccelli ed insetti diventano lugubri giardini tridimensionali, stranamente interessanti, né del resto privi di un certo grado di bellezza. Perché se c’è un’altro idioma universale, oltre alla matematica racchiusa in un quadro rinascimentale, di sicuro è l’innata eloquenza delle piante: la lingua dei fiori. Un dizionario con mille vocaboli, tra cui ad esempio il glicine “dell’amicizia”, il rosmarino “del ricordo”, l’alloro “della gloria”, la rosa “della passione”… Repertorio metaforico, questo, da cui l’ingelosito Oberon shakespeariano, per mano del folletto Puck, cercò di trarre il misterioso fiore dell’amore, onde assicurarsi l’eterna devozione della sua bella Titania. Con esiti del tutto inaspettati. E se le ossa, dal canto loro, rappresentano la morte, perennemente circondata di garofani, asfodeli e crisantemi, che invece sono vivi, occorre trovare un modo per farli dialogare tutti assieme. S’incontrino quelli che sono venuti prima, siano essi uomini o animali, con la più splendida espressione di vivacità elementare, l’infiorescenza vegetale. Qualcosa nascerà. Fantastici mostri e creature d’illusione.
Per capire il gusto del macabro occorre assumere la giusta prospettiva. Cedric scriveva l’altro giorno su Facebook: “Sapete dove posso trovare in giornata tre teschi d’uccello? E non ditemi online.” Se siete ad Amsterdam chiudete la finestra, nascondete i canarini. Non si sa mai.
Via: sito dell’artista, completo di tutte le sue opere più recenti