Fra tutti gli attrezzi di una forgia il più poderoso, impressionante e sonoramente significativo è senz’altro il maglio. Battere il ferro, dargli una forma, è un compito che può affrontarsi con diverse pretese d’efficienza. Ai primi fabbri di ciascuna civiltà, emersi dalle pagine della storia per mettere insieme aratri e strumenti agricoli di vario tipo, bastavano i muscoli, gli attrezzi manuali e un sapiente impiego del più valido fra i diversi elementi: la fiamma di Prometeo. C’era però, sempre e comunque, un limite oltre cui non era possibile andare. All’inevitabile e ripetuto scoppio di una guerra, quando il filo tagliente di un’arma poteva trasformarsi nel tesoro di un regno, e ancor di più successivamente, fra i colpi fragorosi degli archibugi e dei cannoni d’artiglieria, coloro che avevano il compito di armare i soldati dovettero sempre più spesso affrontare un gran dilemma. Quello di come ottimizzare, oltre ogni limite del possibile, la loro produttività giornaliera. Così, dopo tutto, nacque una buona parte dell’attuale tecnologia; per un bisogno di sopravvivere all’umana avidità guerriera. E chi avesse bisogno di materiali testimonianze, oltre all’odierna continuativa evidenza, può prendere atto di questi mostruosi macchinari. Ce ne sono due, dentro l’officina di Sepp Eybl, fabbro e scultore della cittadina di Ybbsitz, in Austria. Le squillanti voci dei suoi martelli automatici bastano a trasportarci, con la mente, ad epoche o mondi lontani, non dissimili da quelli mostrati nelle scene d’apertura del film Lo Hobbit, ispirato, per il tramite di J.R.R. Tolkien, alle saghe nordiche e ad altre atmosfere più moderne, musicalmente e visualmente wagneriane. Il video è stato ripreso e pubblicato da Kim Thomas di ThomasIronworks, un canale dedicato alla lavorazione dei metalli, in ogni forma e paese del mondo.
Originariamente, magli simili a questi erano spinti dall’energia di un mulino, secondo metodi riconducibili a progetti arcaici ma del tutto funzionali, attestati in entrambi i più grandi imperi del passato, quello romano, fondato sull’ingegneria quanto sulla probità militare, e l’ancor più antico drago d’Oriente, l’eterna e feconda Cina. Non è chiaro quale sia il metodo di propulsione impiegato in questo caso, ma è probabile che gli esemplari di Ybbsitz siano stati collegati ad un motore, probabilmente elettrico.
La prima attestazione medievale di questo tipo di macchinario risale alla Historia de Gentibus Septentrionalibus (Racconto dei Popoli del Nord) un monumentale testo descrittivo, attribuito allo storico svedese Olaus Magnus, che ne conteneva una dettagliata illustrazione. Tempo dopo Leonardo da Vinci, nella sua veste d’inventore, li aveva perfezionati e ridisegnati nei suoi celebri diari, contribuendo, in via indiretta o forse anche personalmente, alla loro diffusione in Italia e nell’area mitteleuropea che oggi chiamiamo Niederösterreich, la parte sud dell’attuale nazione austriaca.
Le stesse due macchine protagoniste del video costituirono l’orgoglio di un’intera regione, finalmente in grado di contribuire allo sforzo bellico della lunga serie di conflitti europei noti come guerra dei trent’anni. I più grandi condottieri di allora (Wallenstein? Torquato Conti?) provata la loro efficienza, ne marcarono la posizione su qualche mappa del territorio, in qualità di risorsa tecnologicamente preziosa. Così come sono, ancora perfettamente funzionanti, questi due magli troverebbero collocazione ideale in un museo. Eppure, quale miglior modo di onorarli, che continuare a farne un utilizzo quotidiano? Il sonoro cozzare di questo solido metallo contro se stesso, ininterrotto fin dagli albori della società industriale, riecheggia di un messaggio pratico e essenziale: “Il tempo non aspetta, armatevi e partite”. Nessuno si sarebbe mai sognato di fermarli, da un lato o dall’altro degli schieramenti coinvolti, purché loro continuassero a battere il ferro migliore. In guerra c’è sempre bisogno di spade. Sono i coraggiosi pronti a brandirle che, dal canto loro, non finiscono mai.