Macchine variabilmente antropomorfe che camminano per strada, sollevano cose, impugnano armi e, più raramente, pensano, saranno un punto fondamentale della società futura, qui da noi ed altrove. Tanto vale entrarci dentro e guidarle in prima persona, come fatto da questa ragazza che, per una pura e semplice coincidenza, indossa la riconoscibile gonna a pieghe delle uniformi scolastiche giapponesi. Nel suo paese il ROBOT, o per meglio dire MECHA, è una creatura popolare che pervade ogni ambito dello scibile e delle discipline artistiche o creative: trova la sua voce sulle pagine dei manga e in televisione, scaturendone rafforzato anche nelle sue declinazioni più materialmente credibili e imminenti. Tanto che, prevedibilmente, alcune delle più grandi compagnie multinazionali d’Oriente, le formidabili zaibatsu, iniziano di questi tempi a costruire i primi esemplari d’homo roboticus realmente funzionanti.
Così nasce l’amichevole, competente, androide Asimo della Honda Motors, un tappo astronauta dall’andatura vagamente pencolante, con già una brillante carriera da bigliettaio nei luna park della Disney. E per non essere da meno, la neonata Sagawa Electronics** irrompe quest’oggi sulle scene digitali con il suo PoweredJacket, l’esoscheletro progettato in modo specifico per la vita urbana e il tragitto casa-scuola. Il video è chiaramente ispirato alle più riuscite dichiarazioni d’intenti delle compagnie del web 2.0, con il prodotto che spicca su fondo bianco, mentre un executive del reparto marketing (“lievemente” sfregiato) si occupa di elencarci con entusiasmo i vantaggi esclusivi dell’offerta – nulla di trascendentale. 14 servomeccanismi in totale, per una capacità di carico massimo delle braccia che si aggira sui 15 Kg. Limitata, oltretutto, a soli 2 Kg causa “ragioni di sicurezza”. Struttura leggera in fibra di carbonio ed alluminio, che riproduce ed amplifica i gesti del pilota. Può correre come un leggiadro ninja e tenere la ciotola del ramen mentre se ne assapora il contenuto. È in grado di sollevare un uovo e quindi di preparare il gustoso tamakake-gohan, un piatto a base di riso, salsa di soia e tuorlo crudo. Potrebbe, secondo lui, risollevare l’economia del paese. Chi dovesse volerne uno farebbe meglio a sbrigarsi: a partire dall’imminente expo del modellismo della regione di Chiba, il Wonderfest, ne saranno messi in prevendita soltanto 5 esemplari, per il trascurabile prezzo di 123.000 dollari l’uno. Le possibilità sono letteralmente infinite; i legittimi interrogativi, di fronte a cotanta follia audio-visiva, anche di più.
** L’azienda Sagawa Electronics potrebbe apparire come un’assoluta novità del panorama industriale giapponese, eppure il suo nome risuona di una certa familiarità. Questo perché, in effetti, compare occasionalmente nella serie immaginifica e multimediale Ghost In The Shell, nata dal famoso manga di fantascienza creato da Masamune Shirow, già citato sulle pagine di questo blog. Per un mondo in cui cyborg, androidi e digitalizzazione della coscienza umana sono effettive questioni della vita di ogni giorno, l’esistenza della giovane ragazza robotizzata non desterebbe più dell’alzata di un qualche sopracciglio. Il fatto è che, come dicevamo, il mondo dei mecha è una colonna portante della cultura nipponica. Altro che robottoni hollywoodiani, fad momentanee e l’occasionale ricorrenza di franchise “perduti”, come l’eterno Battletech della Fasa, pardon, Wizkids, anzi no, Microsoft, err… Topps. Ciascuna delle attuali versioni del concetto di un robot pilotabile, accuratamente rivedute o corrette a beneficio di ogni parte del mondo, sono in qualche misura riconducibili al Giappone e alle sue espressioni artistiche moderne.
Il super robot, l’evoluzione dotata di cabina di un possente gigante radiocomandato, è da sempre indissolubilmente legato ai telefilm tokusatsu (vedi Power Rangers) e ad un intero filone dell’animazione, iniziato con Mazinga di Go Nagai. Dal canto suo il real robot, controparte condizionata dai presupposti di un effettivo mezzo da combattimento, trova la sua collocazione in serie a cartoni animati dall’enorme popolarità, come l’ormai biblico Gundam o il sempre rilevante Sōkō kihei Votoms, con i suoi esoscheletri potenziati armati fino ai denti, simili a quelli teorizzati dall’autore letterario americano Robert Heinlein. Quest’ultima visione del robot controllabile, dalle dimensioni notevolmente più ridotte rispetto agli altri, potrebbe dirsi alla base del Power Jacket della Sagawa. Siamo però di fronte a qualcosa di ancor più specifico: una giovane ragazza con armamento tecnologico fa parte, per definizione, di uno stile illustrativo e stilistico molto alla moda in questi giorni, noto come mecha musume, talvolta usato per dare un volto umano, nonché adorabile, a velivoli e altri mezzi effettivamente esistenti.
L’aspetto più singolare di questo video virale semi-serio, probabilmente riconducibile alla nuova serie per l’home video Ghost in The Shell: Arise, è il modo in cui molte testate e blog internazionali, in un primo momento, ci hanno pure creduto. Il fatto è che, strano a dirsi, esistono dei precedenti. Qualcuno ricorderà il mecha Kuratas, improbabile mammozzone metallico effettivamente venduto ad un pubblico di ultra-ricchi, con la passione smodata per la robotica e un certo grado d’eccentrismo caratteriale.
Nel video-messaggio del manager sfregiato si può individuare anche un riferimento satirico piuttosto pungente, mirato a tutti coloro che, nel ruolo di portavoce aziendali, si propongono come i salvatori dell’economia e paladini del progresso, attribuendo una fondamentale importanza all’ultima diavoleria, inutile, che stanno pubblicizzando in quel momento. Non tutti possono credersi Steve Jobs e anche questo, come si dice, è il marketing.