Un trionfo di linee curve, leggerezza aerodinamica e aspetto sobriamente combattivo, la Phoenix potrebbe dirsi una perfetta realizzazione del concetto di design al servizio di un mondo motoristico migliore, ecosostenibile, coscienzioso e visualmente sovversivo. Nata dalla mente di Kenneth Cobonpue, ispirato designer internazionale di origini filippine, occupa quello spazio esclusivo dei prototitipi automobilistici tanto futuribili, così originali e stupefacenti da non sfigurare nemmeno accanto alle più sfrenate creazioni di un qualunque autore di romanzi fantascientifici. L’idea è semplice: cancellare la necessità di smaltire i componenti e le carrozzerie dei veicoli destinati alla rottamazione, creando a tal fine la prima automobile biodegradabile del mondo. Ma il risultato finale è molto più di questo. Simile ad un coleottero che si prepari al dispiegamento delle sue ali, la Phoenix è stata esposta per qualche tempo negli spazi fieristici di via Tortona, a Milano, riscuotendo un successo straordinario; quella che doveva profilarsi come una mostra di arredamento, campo principale in cui l’artista opera da molti anni, si è ben presto trasformata nel trampolino di lancio per questa concept-car che nessuno si aspettava, creata dall’artista in soli 10 giorni, grazie alla partecipazione e l’assistenza del giovane tecnico Albrecht Birkner. Oggi, incredibilmente, l’entrata in produzione non sembra più tanto improbabile. Le fiancate della Phoenix sono in vimini intrecciato, un materiale di cui Cobonpue viene considerato un grande maestro, mentre la “spina dorsale” che corre in alto al centro è fatta di bambù, con all’interno, nella parte posteriore, dei diodi al LED che fanno da luci di segnalazione. Lo chassis inferiore contiene, come inevitabili elementi di rafforzamento, alcuni pezzi in fibra di carbonio e acciaio, su cui trovano collocazione tre ruote ultraleggere.
Persino i più sfegatati sostenitori dell’auto in senso tradizionale, simbolo importante dell’industrializzazione e della subordinazione della natura all’uomo, intravedono in un prossimo futuro la progressiva scomparsa dei motori di grossa cilindrata e dei veicoli più inutilmente ponderosi. Questa splendida invenzione che viene dalle Filippine, con il suo aspetto rivoluzionario, potrebbe essere il giusto approccio al problema.
Esteticamente, il punto di forza della Phoenix e la forma organica e naturalistica, del tutto priva di spigoli o rigide linee di suddivisione. In questo modo si realizza un tipo di bellezza più sottile, completamente opposto rispetto alla feroce grinta di un classico veicolo sportivo. Il modello estetico alla base del design potrebbe dirsi quello di una foglia. Ed è proprio questo il punto forte: ecco un mezzo di trasporto che non si propone di dominare la strada, cercando piuttosto di farne parte, sorvolandola senza lasciarvi alcuna traccia, come trascinato dal vento. Anche la prevalenza di spazi vuoti, attraverso le leggerissime fiancate in materia vegetale, donano all’insieme un senso di fondamentale impermanenza. E la Phoenix, in effetti, non è concepita per durare. Il suo creatore ha previsto un’autonomia strutturale di circa 5 anni, dopo i quali si dovrebbe provvedere a rimpiazzare l’involucro esterno del veicolo, ovviamente a proprie spese. Nessun bisogno, invece, di smaltire quello precedente; potrebbe tranquillamente diventare un parasole da giardino. Al momento non è stato ancora deciso il tipo di motore che sarà impiegato nella versione finale del mezzo, anche se dovrebbe trattarsi di un dispositivo basato sull’energia elettrica, convenzionale o persino con l’aggiunta di un qualche tipo di pannello solare. Il più grosso ostacolo al progetto, a quanto pare, sarebbero le norme di omologazione degli Stati Uniti, assolutamente impreparate alla circolazione legale di una simile creazione.
Henry Ford, considerato il precursore della moderna industria automobilistica, disse “Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero risposto un cavallo più veloce.” Così, girando sui nostri equini geneticamente modificati, per strada oggi avremmo infinite tonnellate di letame. Phew, che pericolo che abbiamo scampato! Forse un domani, guidando veicoli in legno e fili d’erba, potremo dire lo stesso dei rottami di metallo.
Via: Designyoutrust.com