La Luna è una costante lontana, passiva e insensibile. Siamo noi che l’andiamo sempre a cercare, scrutando freneticamente i cieli tra lo zenith e il nadir, mettendo in versi i nostri più sentiti bisogni umani. O Fortuna, velut luna statu variabilis, semper crescis aut decrescis! Eternamente venerata, trasformata in divinità e raffigurata in tutte le sue forme più inconcepibili, ridotta dalle moderne filosofie a nient’altro che un’espressione naturale del bisogno cosmico di “esistere”, Ella interpreta pacatamente il ruolo di taciturno arbitro dell’arena spaziale notturna, roteando. Lontana, perché percorre un’ellisse che dista al suo perigeo la non trascurabile cifra di 363.104 Km, contrappeso cosmico al nostro azzurro pianeta Terra. Passiva, in quanto sceglie di mostrarci la stessa identica faccia ogni volta che la guardiamo, come Van Damme o Steven Seagal. E insensibile perché non sa. Quando illuminerà della sua solita luce riflessa la prossima notte del 27 giugno, non potrà concedersi in modo speciale alla città di Tel Aviv, centro economico dello Stato di Israele. Peccato! Perché in tale data gli abitanti del luogo erano già pronti a fargli la festa. Celebrandola con la più sostanziosa delle notti bianche, fra spettacoli teatrali, aperture museali, luminarie sfolgoranti sulle loro meraviglie architettoniche (patrimonio dell’umanità) e ristoranti aperti dal tramonto all’alba, riforniti con speciali menù pensati per l’occasione. Per pubblicizzare l’evento, in questo video realizzato dall’agenzia CityMedia, si è quindi pensato di andargli incontro. Renderla un pò un personaggio, anche se a lei non importava affatto. Anzi, dotarla di molti diversi aspetti sbarazzini, in base al contesto delle varie situazioni. Ci si può soltanto stupire di ciò che si riesce a fare mediante l’impiego di una qualche dozzina d’inquadrature pensate ad arte. Gelato al gusto di Luna? Dayum!
Tutto ciò che è sferico dovrebbe, in un mondo ideale, distinguersi fra la materia inerte. Così palle da basket, palle di fuoco, luci dei semafori e dei lampioni diventano la metafora ideale per l’astro di Selene, antonomasia di un vero e proprio ideale di bellezza, contrapposto all’accecante bagliore di sfere celesti ben più ponderosamente pervasive. Certo, il Sole era colui che s’identificava un tempo con il principio generativo dello stesso universo, inguardabile e inconoscibile quanto il volto degli dei, eppure la sua consorte era in un certo senso più prossima a noi. Intrappolata nel fondo dei pozzi, galleggiante al centro di una polla d’acqua e immersa in un bicchiere era sempre lì, vicina. La sua influenza sulle maree è nulla, in confronto al controllo che esercita da secoli nella ben più complessa mente di noi creature intelligenti.
Questa pubblicità è riuscita perché gioca sull’interazione tra leggerezza visuale e una profondità quasi filosofica, creata a partire da quello che pareva, in principio, quasi un gioco da bambini. L’uso azzeccato del timelapse, ovvero l’accelerazione estrema di una ripresa lunga anche diverse ore, costituisce soltanto una minima parte della sequenza, che spesso lascia spazio ad una più coinvolgente spontaneità metodologica, fatta di composizioni che vorrebbero sembrare fortunate coincidenze. Soltanto alla fine, in un tripudio pirotecnico che si cristallizza in logotipo di forma circolare, la protagonista esce di scena e lascia il posto alla skyline luminosa della grande città, vivacizzata dal suono di mille voci e musiche lontane. Una vista degna di qualsiasi cartolina, sfondo ideale per questa notte fra le notti…Bianche.