L’arenaria tagliata a fettine, con il suo gusto corposo, costituisce un primo ideale, purché adeguatamente condita mediante l’impiego di graniti ignei metamorfici, riconoscibili da quel tipico retrogusto, lievemente piccante. Il cupo basalto afasico ricorda il pesce di fiume. Arricchitelo con preziose spezie di porfido, possibilmente della tipologia riolitica, insaporitelo quindi con pezzetti di feldspati e miche. Marmi e quarziti saranno il vostro dessert: illuminati di traverso dal sole splendente del Sichuan, la loro superficie cristallina vi apparirà simile a quella di candide meringhe, dal cuore segreto ripieno di fluida e magmatica cioccolata. Che nessuno si azzardi, però, a mettere in bocca uno di questi durissimi manicaretti. A meno di avere un piano dentistico d’eccezione e anche allora… Soltanto un flipper potrebbe digerirli. Perché l’appetitosa tavola imbandita inquadrata nella foto, nonostante le apparenze, contiene del cibo materialmente indigesto. Si tratta del pezzo forte del museo delle pietre di Yinchuan, capitale della provincia del Ningxia, che vorrebbe rappresentare il pantagruelico banchetto di Manhan Quanxi; un evento storico, risalente al XVII secolo, in cui si tentò l’approccio diplomatico più significativo tra la dinastia cinese dei Qing e i loro vicini del nord, i popoli Manciù. Secondo la leggenda, in tale occasione vennero serviti 108 piatti impareggiabili, con ingredienti raccolti da ogni angolo del paese. Ancora oggi, nelle grandi occasioni, è usanza servire un’approssimazione moderna di tale pasto divino, nonostante molti degli animali sul menù siano ormai a rischio di estinzione. Naturalmente, non mancano le alternative. Questa di usare la pietra, contrariamente alle apparenze, non è un semplice scherzo fine a se stesso. Proviene anzi da un tempo molto lontano…
Tutte le rocce dall’aspetto particolare, secondo le antiche tradizioni di una buona parte dell’Estremo Oriente, meritano un trattamento d’eccezione. L’imperatore Huizong (1082-1135 d.C.) era un fervente taoista e tra i maggiori pittori della sua epoca. Il suo dipinto più famoso, oggi custodito nel museo della Città Proibita a Pechino, rappresenta un soggetto di origine minerale: La pietra fortunata del dio drago. In quella sagoma frastagliata, obliqua e ricca di spazi vuoti, trovò riconferma una vera e propria corrente di pensiero nazionale, destinata ad avere un ampio seguito attraverso le epoche successive. Le rocce dette “dello studioso” vengono oggi valutate secondo quattro canoni ben precisi: spessore (shou), apertura (tou), fori (lou) e superficie (zhou). I luoghi di provenienza sono associati alle diverse tipologie: molto ricercate risultano, ad esempio, le selci porose del lago di Taihu, sito nella provincia del Jiangsu, che si diceva ricordassero la forma ondulata e vaporosa delle nubi del cielo.
Anche il Giappone, attraverso l’arte decorativa del suiseki, subì il fascino delle rocce fuori dal comune, che in quel particolare paese trovarono applicazione ideale nel campo dell’arredo dei templi Zen e delle case da tè, in qualità di ausilio alla meditazione.
Mettere in mostra le pietre che ricordano i cibi è un’invenzione più recente, che si attesta comunque in zone molto distanti tra loro. La città di Liuzhou, nel sud del paese, è famosa per due cose: l’ottima cucina e la passione sconfinata per i minerali, che gli è valsa negli anni il titolo di “capitale delle rocce inusuali”. Dall’unione di questi due settori proviene un’impressionante collezione di rocce, quasi in grado di suscitare l’acquolina, visionabile all’interno di uno specifico museo municipale. A Tai’an, nello Shandong, si tiene invece annualmente un importante festival dedicato alla contemplazione di simili meraviglie, visitato da collezionisti provenienti da ogni parte della Cina. Per non citare nuovamente il banchetto di Yinchuan.
Secondo le credenze della religione Taoista, nella materia naturale dimora il potere dello spirito, o Qi. Questa essenza, in grado di pervadere le rocce e dargli una forma, contiene un dinamismo e una forza anìmica che può pervadere chi sia in grado di osservarle abbastanza a lungo, pensando profondamente a quel magnifico mondo che le ha sapute generare. Non si dovrebbe lasciare un simile buffet pietroso senza un particolare tipo di sazietà: quella dello spirito. Molto meglio, tutto sommato, del vero banchetto dello Manhan Quanxi, con i suoi sapori proibiti e alquanto ostici da mandar giù, come il cervello di scimmia o la zampa d’orso in salmì.
E poi non mi sembra che il gigante granitico de La Storia Infinita, con la sua totalizzante passione per la geo-gastronomia, subisse in un modo particolare la fame. Questioni, forse, di metabolismo.
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