Mangio la banana e quella mi guarda, ostile. Cosa vuoi da me? Questo deve aver pensato Keisuke Yamada, originale creativo giapponese, durante una merenda di un pomeriggio particolarmente tranquillo, senza alcunché da fare fino a sera. Un casco di banane può anche incutere soggezione e non tutti hanno la rapidità di mano e digestione di un qualunque Donkey Kong, lo scimmione in grado di divorarsi un quintale di potassio vegetale nel giro di pochi minuti. Così, il ragazzo guardava il suo spuntino, pensando. Finché non ebbe l’idea geniale: mettere “a frutto” l’arte. L’unico modo per approcciarsi a una pietanza maldisposta è trasformarla in qualcosa di familiare, ovviamente. Come un volto! L’unica documentazione ufficiale disponibile in merito a questo scultore-gastronomo, in grado comunque di monopolizzare gli spazi più eclettici del web, è un breve segmento televisivo di un programma nipponico recante il watermark generico di “Showbiz”. In questo si apprende di come l’autore usi semplicemente un cucchiaio e alcuni stuzzicadenti, che però in mano sua riescono a dare forma ai più magnifici personaggi e animali di fantasia. Banana-rockabilly, il primo soggetto della serie, non è che la reinterpretazione di un tipico musicista o ragazzo alla moda degli anni ’50, caratterizzato dalla svettante capigliatura a pompadour, che ancora oggi appare talvolta in determinati ambienti del Giappone, come tra i gruppi giovanili delle sottoculture tokyoite e delle altre grandi città dell’arcipelago. E poi c’è tutto il resto… Alla fine, per via del breve tempo di maturazione di questo dolce dono della natura, l’unica destinazione possibile per ciascuna scultura è la pancia di colui che l’aveva tanto minuziosamente creata. Niente mostre e musei, soltanto la trasformazione in calorie e saporito dinamismo cibario. Sublimazione, piuttosto che immortalità.
Passando per una familiare Marge Simpson, che ben si adatta al particolare medium per via della sua testa cuneiforme e della carnagione giallognola, degni di nota sono anche alcuni soggetti tratti dalla mitologia occidentale: un trionfale Poseidone sul suo carro marino e una piccola viverna, draghetto degno di un bestiario medievale. Il modo in cui Yamada sfrutta la curvatura del frutto integrandola nelle forme selezionate ricorda un certo tipo di scultura, tipicamente cinese, che veniva realizzata impiegando l’avorio delle zanne d’elefante. Non è insolito, infatti, ritrovare in molte antiche statuette di Buddha o della bodhisattva Guānyīn (anche detta Dea della Misericordia) la tipica forma di tali materiali d’origine animale, che i più abili artisti dell’epoca nascondevano dando al personaggio pose aggraziate, parzialmente chinate da un lato eppure quasi del tutto naturali. Oggi, fortunatamente, tali artefatti sono subordinati al benessere degli animali e vietati in ogni parte del mondo. Eppure l’eredità concettuale di quei tempi vive ancora. In una banana.
Un fatto poco noto è che il cibo preferito degli scimmioni, per via dell’isotopo potassio-40 che può contenere in quantità più che discreta, è anche lievemente radioattivo. La scienza del fantastico contemporaneo, quindi, non può escludere mutazioni incredibili ed evoluzioni sovrannaturali. Ora, dove mai sarà finita la mia quinta e ultima banana con la forma di un piccolo dinosauro? Ero sicuro di averla messa proprio lì…
Via: Tofugu
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