Il pericolo più grande è sicuramente quello che non ti aspetteresti mai. Quando la capra è serena, nel suo recinto a brucare l’erba mentre si gode il tepore dell’estate, non c’è nulla da temere. Nessuno infastidirebbe un leone o un orso, animali generalmente in grado d’incutere paura, mentre tutti amano il cornuto quadrupede dalla lunga barba. Lo nutrono e lo accarezzano, non privi d’interessata aspettativa per i beni che vengono inevitabilmente tratti dalla sua esistenza. Delle capre beviamo il latte, mangiamo il formaggio. Con la loro lana facciamo caldi guanti e cappellini, per meglio accettare il cupo gelo dell’inverno. Thor, dio del fulmine, cavalcava un carro trainato dalle capre immortali Tanngrisnir e Tanngnjóstr, di cui ogni giorno mangiava le carni per poi resuscitarle, al fine di continuare i suoi viaggi. Pensando soltanto agli aspetti positivi dell’animale, difficilmente proveremmo un giusto grado di timore vedendone un’esemplare per la strada. Dimenticandoci della sua natura selvaggia, immediatamente proveremmo spontaneo affetto e simpatia, tentando di aiutarlo a ritrovare la via di casa. Non così il gruppo eterogeneo di questi sfortunati passanti brasiliani, coinvolti accidentalmente nei 15 minuti di terrore causati da uno scornato capro in amore con la sua serafica compagna, smarriti, per un’accidente del destino, proprio nel mezzo di un affollato quartiere residenziale. Il fatto è che lui, preso dalla voglia di concludere al più presto o travolto da un forte senso di gelosia, a farsi aiutare non ci pensa proprio. E così da inizio al suo implacabile assalto.
Il problema in questi casi è l’attribuzione della responsabilità: mentre un valoroso tenta di riaprire il passaggio, prendendo a calci e pugni l’imbizzarrita creatura, la folla osserva da lontano, spalle al muro. L’avessero aiutato, magari in qualche modo sarebbero riusciti a bloccare il capro indemoniato. E invece così non ce n’è per nessuno… L’umanità ben presto perde quest’ardua battaglia. A pagarne il conto saranno coloro che arrivano dopo, abbandonati alla furia della natura. Una signora, gettata in terra senza pietà dalla bestia, deve rifugiarsi malconcia nella sua auto. Una coppia in moto viene disarcionata sul ruvido asfalto. Persino il cameraman si riduce a fuggire tra le auto parcheggiate, tra la sconsiderata ilarità dei presenti. Alla fine soltanto l’intervento di due attrezzati individui, forse proprio coloro cui era sfuggita la problematica coppia di animali, riuscirà ad interrompere l’assedio caprino, legando il maschio a un solido pilone di cemento.
La capra non ha denti o artigli particolarmente acuminati, ma sa farsi rispettare. Persino, come in questo caso, quando geneticamente priva di corna. Perché ha la testa dura, non soltanto metaforicamente. Tutt’altra storia rispetto alla tranquilla mansuetudine delle adorabili candide pecore, che mai e poi mai tradirebbero la nostra fiducia. Credo, spero.