Salamandra Robotica II, un progetto del politecnico di Losanna

Salamandra Robotica 00

Serpeggia, serpeggia, quadrupede… Condotta con l’ausilio di meccanismi elettrici e una fedele ricostruzione del sistema nervoso animale da cui è stata ispirata. Gialla e nera, silenziosa, completamente artificiale. Chi non vorrebbe averne una a casa? Da sempre tutti amano le graziose, gioviali, dannatamente adorabili salamandre. Creature urodeli che assomigliano alla comune lucertola, ma dall’aspetto variopinto e brillante, in grado così di apparire nocive o velenose agli occhi di un potenziale predatore. Le abbiamo ammirate per la loro lingua estroflessibile, usata per catturare piccoli invertebrati o molluschi. In molti hanno apprezzato le sostanze, alcaloidi o lievemente tossiche, che secernono dalle ghiandole paratoidi per mantenersi ben idratate ed avere un cattivo sapore, come i rospi. L’affascinante moto ipnotico strisciante, ideale per muoversi sia sulla terra che in acqua… Tutte doti acquisite attraverso secoli o millenni di evoluzione, teoricamente precluse, quindi, a noi ponderosi discendenti dei primati bipedi della preistoria. A meno di costruire un apposito robot. Abbiamo avuto il cane robot. Il gatto robot. Il merlo, il verme, il topo, la mosca, la trota (robot). Ciascuno dominatore di un preciso, singolo, ambiente: l’acqua, il suolo oppure l’aria, eppure nessuno che ne occupasse diversi, almeno mantenendo la stessa scioltezza di movimenti. Fino ad ora.

Questo anfibio artificiale, secondo della sua serie, è il raffinato automa del Prof. Auke Jan Ijspeert, che lo ha prodotto nel contesto di uno studio neurologico dell’EPFL, importante istituto universitario svizzero. Servirebbe, secondo lui, a comprendere il metodo di locomozione di un’intera classe di animali. Il robot, che è stato in mostra a Lione dal 19 al 21 marzo durante la fiera Innorobo 2013, ha però dimostrato anche una singolare capacità: ciascuno dei suoi segmenti, una volta separato dal resto del corpo, può continuare a muoversi autonomamente. Questo suo metodo costruttivo potrebbe trovare applicazione in campo scientifico o militare, ad esempio in sonde o droni telecomandati, che potrebbero quindi mantenersi funzionali in una grande varietà di situazioni. Dovesse venire a mancare tale ipotetica applicazione, Salamandra Robotica II potrebbe dirsi comunque un prodotto dalle ampie potenzialità commerciali: più realistico di un Furby, meno banale di un Aibo, simpatico almeno quanto l’androide Asimo. Di robot casalinghi ne abbiamo avuti molti, ma nessuno che integrasse in se il fascino innato della salamandra. Chissà, forse un giorno gli scienziati potrebbero farne una ignifuga, realizzando così l’antico mito che le accomunava all’Araba Fenice

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