Osservando il Giappone da Occidente, come isola culturale oltre cui nasce il sole, non riusciamo a vedere altro che i suoi aspetti più estremi e privi di compromessi. Le cime dei grattacieli e dei conglomerati appartenenti alle zaibatsu, templi del razionalismo in giacca e cravatta, svettanti sul mare di follie del mondo manga e televisivo, fantasiose vie di fuga dal grigiore della vita quotidiana. Accecati dal bagliore del mondo mediatico, filtro comunicativo della nostra epoca, scorgiamo solamente a fatica le commistioni concettuali più particolari e significative di quel paese, così diverso da ogni altro, che tanto ci affascina e coinvolge grazie alla sua forte originalità. Ma scavalcare il mare che lo divide da noi, avvicinarsi e guardare oltre le apparenze, soprattutto qui, permette di apprezzare un profondo e unico senso della storia: dietro ogni lavoratore in carriera troviamo un samurai, sotto ogni grande albero si nasconde un kami shintoista… E per le strade, dentro i fiumi, in cima alle montagne, talvolta abitano ancora le spettrali apparizioni e i mostri delle credenze popolari.
Quando Taichi Saotome, giovane e famoso attore del genere teatrale taishū engeki (evoluzione alternativa del più internazionale kabuki) è salito sui palchi tokyoiti all’inizio del passato anno del coniglio, per questa vulcanica performance a base di spade ed ombre, probabilmente qualcuno, tra il suo pubblico avrà intravisto questa verità.
Attraverso epoche millenarie, il Giappone fu dominato da due poli culturali, capitali contrapposte e spesso in guerra, collegate tra loro grazie ad una delle strade più famose al mondo: la Tōkaidō. Lungo questo percorso viaggiarono per secoli gli antichi imperatori di Kyoto e i marziali samurai di Edo, ma anche e soprattutto, a partire dal XVI secolo, gli artisti pittorici e le colorate troupe teatrali del kabuki e del bunraku, con il loro bagaglio di leggende e mestiere scenico applicato alla sapienza popolare.
Tra le vicende preferite dal pubblico di allora, ovviamente, c’erano quelle in cui un guerriero affrontava coraggiosamente qualche bestia o uno spaventoso fantasma. Tale protagonista, spesso, piuttosto che venire rappresentato come il servitore tradizionale di un signore della guerra, assumeva i tratti di un esorcista sovrannaturale mistico e sovrumano: l’onmyōji. Costui, applicando il sapere straniero del taoismo cinese e i suoi rituali a base d’invocazioni e simbologia guerresca, diventò gradualmente la personificazione dell’eroismo leggendario, fornendo un modello di caratterizzazione che ancora oggi, nei moderni manga e cartoni animati, trova riscontro nel concetto universale di supereroe.
Per questo, osservando Taichi Saotome che combatte contro le ombre vorticose proiettate dietro alla sua figura, è possibile individuare facilmente il personaggio di un film d’azione o un videogame. Ma la realtà è che, come per ogni creazione scenica o digitale, il suo canone espressivo viene da molto più lontano.