I tricotteri sono degli insetti appartenenti al gruppo degli anfibiotici, che nascono e si sviluppano nell’ambiente subacqueo, per poi spiccare il volo e non farvi più ritorno. La loro natura effimera e operosa, per certi versi non dissimile da quella umana, le ha rese particolarmente interessanti agli occhi di Hubert Duprat, celebre gioielliere e scultore francese. Finendo per trasformarle nelle protagoniste del suo più singolare e irripetibile gesto d’artista: l’invenzione di un sistema per costringerle, senza danno, a lavorare con oro, argento, perle e pietre rare. Le sue larve domestiche, spuntando come goffi paguri da un elaborato uovo di Fabergé, hanno avuto il merito di ricordarci, fin dalla metà degli anni ’80, l’intrinseca bellezza presente in ogni manierismo del mondo naturale, sia questo espresso attraverso il lavoro di abili artigiani che nel complesso ciclo vitale di alcuni dei più umili, e facilmente sottovalutati, tra tutti gli animali terrestri.
Nello stadio adulto, le mosche acquatiche appaiono come esseri ronzanti dalle dimensioni variabili tra i 3 e i 25 millimetri, con un esoscheletro leggero dai colori smorti o tendenti al nero, scelta ideale per la loro vita prevalentemente notturna.
Ma da giovani, prima delle due o tre settimane necessarie al raggiungimento del pieno sviluppo, si presentano come un tipo assai diverso di creature: sul fondale degli specchi d’acqua stagnante, in mezzo a terra e alghe lacustri, strisciano come vermi affamati, usando le forti mandibole per sminuzzare e ingurgitare ogni tipo di sostanza o materia nutritiva. Alcune di loro sono solite costruirsi una casa mobile, detta astuccio, utilizzando un particolare filo appiccicoso su qualsiasi oggetto solido riescano ad accaparrarsi.
Le più intraprendenti di queste larve, agili e dotate di zampe simili a quelle dei bruchi, sono le eruciformi. Temute dai propri simili, affrontano la vita con sprezzo del pericolo e non sentono il bisogno di procurarsi un’armatura. Alla maniera dei berserker vichinghi, attaccano per prime e quindi sopravvivono invariabilmente ad ogni tipo di incontro. Diversa è la storia della più pacifica tipologia larvale campoideforme che, essendo erbivora, costruisce la peculiare corazza da cui nasce questa originale serie di opere d’arte.
Granelli di sabbia, residui vegetali, pezzi di conchiglie e altro ancora si trasformano in natura nell’abito da sera della larva, che non senza un certo grado di orgoglio ne fa sfoggio tra le sue simili. Le tricottere campoideformi sono infatti in grado di riconoscersi, e preservarsi a vicenda, proprio in base agli oggetti usati nel corso di tale essenziale operazione. Se poi il materiale preferito non fosse disponibile, questi adattabili insetti scelgono alternative meno tipiche o in linea con i loro gusti, come l’oro e le perle di Duprat; estremamente insolite, ma altrettanto utili allo scopo. Molto probabilmente il doversi vestire con pagliuzze di metallo non avrà semplificato la vita a queste larve, ma le ha di sicuro promosse a parte indelebile della storia dell’arte moderna.
Sfarfallate dal bozzolo allo stadio riproduttivo di mosche, liberate in qualche palude al termine dell’atipica avventura, avranno forse mantenuto un approccio estetico più raffinato ai problemi della vita quotidiana.
A noi umani, in cambio, hanno lasciato il più stravagante e prezioso fra tutti i gusci vuoti. Uno scambio (poeticamente) solidale.