In quanto media espressivo tecnologico, i videogiochi vengono continuamente ricondotti ad una serie di generi e categorie. Nello stesso modo in cui le applicazioni software del mondo dell’informatica hanno funzioni e metodologie definite, le più svariate avventure interattive trovano collocazione sulla base del sistema di controllo, della visuale, del tipo di conflitto rappresentato… Il nuovo capolavoro dei Californiani Naughty Dog, i creatori dei popolari platform 3D Crash e Jak & Daxter, nonchè di questa serie in esclusiva Sony tra i maggiori successi su console Playstation 3, potrebbe dirsi l’incontro di tre generi: l’avventura esplorativa alla Tomb Raider, quando ci si arrampica tra templi e rovine tibetane; lo stealth game moderno, nel momento cruciale in cui si giunge alle spalle del nemico per tramortirlo e poi tornare nell’oscurità; ed infine lo shooter tattico, mentre dozzine dei suoi compagni tentano di aggirare la nosta copertura solo per incontrare il piombo letale dell’implacabile AK-47. Eppure, nonostante l’ineccepibile livello tecnico di ciascuna singola sequenza, l’azione non è mai obiettivo in quanto tale – qui non si tratta di risolvere l’enigma quanto di ottenere l’indizio, non di uccidere il nemico ma di raggiungere il tesoro, salvare la pelle, punire il cattivo e riportare a casa la ragazza. Uncharted 2: Among Thieves non è solo un ottimo gioco d’azione, con scene spettacolari ed una trama coinvolgente. Si tratta della più realizzata versione giocabile di un B-Movie hollywoodiano. Un colossal d’azione in pieno stile Indiana Jones, tutto sparatorie e stereotipi narrativi di genere. Forse non il miglior film immaginabile, ma senz’altro il miglior film interattivo mai realizzato.
C’è un gran parlare ultimamente del demerito attribuito alle scene “scriptate” negli sparatutto: bunker che saltano in aria nel momento esatto in cui il giocatore ha bisogno di passare oltre, alleati che chiedono aiuto sempre nello stesso punto, ed allo stesso modo, ridicole recinzioni alte mezzo metro che soldati addestrati non possono scavalcare in alcun modo. Il fatto è che negli iper-realistici giochi militari di maggior successo sulle classifiche occidentali, la trama non è quasi mai funzionale all’azione propriamente detta. L’intrigo fanta-politico a sfondo bellico che giustifica l’eroica missione del protagonista, per quanto inquietante e ben delineato, si ferma al briefing prima di ciascuna sortita. Una volta sul campo, si partecipa in sequenza obbligatoria e quasi prefissata ad una serie di scene che, per quanto spettacolari, sono ben divise tra loro e stereotipate quanto fini a se stesse. Ma quando in Uncharted 2 ci si trova in uno di questi momenti, è sempre in funzione di un obiettivo e come conseguenza di una scelta stilistica. Così, la fuga sui tetti sotto il fuco dell’elicottero da guerra (clichè num. 156) è motivato dalla ricerca di un punto elevato di osservazione per la ricerca di un certo edificio, e consegue nell’unione di intenti tra due dei protagonisti. La sparatoria tra i vagoni del treno in corsa (clichè num. 34) oltre ad essere un incredibile tour de force visuale, porta ad un disastro ferroviario effetivamente funzionale al procedere della trama.
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Nathan Drake, avventuriero spregiudicato ma dal cuore d’oro, questa volta si troverà suo malgrado a contrastare l’esercito privato di uno spietato generalissimo di nome Lazarevic, tanto pericoloso quanto appropriatamente non americano, alla ricerca di un mistico zaffiro citato negli scritti di Marco Polo. Attraverso una lunga avventura (almeno una decina di ore) che lo porterà a visitare la Turchia, le giungle di Giava, il Nepal ed infine la leggendaria terra perduta di Shangri-La, Nathan corre, salta, scala pareti impossibili e si lancia senza paura tra sporgenze a centinaia di metri da terra. Spara per uccidere contro dozzine di soldati dagli armamenti più vari ed improbabili, combatte a mani nude con fantastiche animazioni in motion capture e naturalmente pronuncia di frequente la ricca selezione di battute di circostanza dell’eroe maledetto (clichè num. 67). Non mancano prevedibili ma divertenti colpi di scena, l’amichevole aiuto di un benevolo quanto saggio indigeno locale, il classico triangolo amoroso e, naturalmente, i nazisti (cit. Harrison Ford, legge di Goodwyn).
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Uno dei punti forti del primo gioco della serie, pienamente in forza anche in questo spettacolare seguito, è la fluidità e naturalezza con cui si passa da una situazione all’altra. Pur avvalendosi dell’accuratezza procedurale delle sparatorie alla Gears of War, Uncharted 2 evita con maestria tutta la ponderosità e rigidezza meccanica di quel sistema di controllo. Nathan si muove con l’immediatezza di Super Mario, spara con la precisione di Max Payne, si arrampica come Lara Croft. E quando arriva il momento, infila combo di pugni e calci che nemmeno Jin Kazama di Tekken. Il coinvolgimento è quasi totale, nella più totale assenza di schermate di caricamento (nessuna installazione richiesta) o stacchi stilistici tra parti giocate e sequenze pre-renderizzate. La grafica poi è qualcosa di eccezionale: effetti di illuminazione ai massimi livelli, incluso un ottimo uso dell’HDR convivono con un numero decisamente alto di personaggi in azione ed ambienti vasti ed articolati. Ma la differenza viene fatta da una stupefacente cura realizzativa ed artistica per ciascuna delle numerose e varie location di gioco, tale da far dimenticare di trovarsi di fronte ad un mondo interamente fittizio – di certo, fotografie, video o effettivi sopralluoghi nei paesi rappresentati hanno contribuito in larga parte a tale accuratezza. Solo l’intelligenza artificiale e le tattiche del nemico lasciano un pò a desiderare, con nemici competenti ma non certo interessanti ed abili quanto i Covenant di Halo o persino gli Xen di Half Life.
Nei momenti di grazia, questo non è un gioco in cui si supera il livello con l’obiettivo di scoprire il proseguire della trama, semplicemente perchè tutto l’insieme migliora il racconto e ne fa parte a pieno merito. Le battute scambiate tra i personaggi quando si devia di poco dal percorso prestabilito, l’entrata in scena di un pericoloso nemico, l’arrivo in una posizione particolarmente precaria ed il conseguente cambio di priorità. E benchè la storia non sia particolarmente elaborata, i valori tecnici di regia e montaggio gli danno un tenore cinematografico sufficente ad elevare questa componente narrativa ai massimi livelli, per lo meno nel ristretto mondo dei videogiochi. C’è persino un inizio in medias res, con flashback a seguire! Tutto lo stile di Metal Gear Solid, senza un briciolo delle lungaggini filosofiche ed introspettive! Quasi. La longevità del gioco è ulteriormente arricchita da una ricca selezione di modalità multi-player, tra cui l’interessante co-op a tre giocatori su livelli dedicati, con tanto di contenuti remixati in modo tale da non assomigliare troppo alla campagna principale.
Consigliato a chi: vuole un gioco così esteticamente bello ed immediatamente coinvolgente da attrarre l’attenzione di chiunque, in qualsiasi momento.