Un varano va veloce se vuol essere vorace predatore dei deserti australiani

Per la radicata impressione internettiana di essere una terra selvaggia popolata da feroci esseri avversi all’uomo ed alla sua sopravvivenza, il continente d’Oceania è caratterizzato da un ecosistema con precise regole e rapporti di forza, in cui l’introduzione di animali del Nord del mondo ha nel corso degli ultimi due secoli portato a significative alterazioni e problematiche per molte specie rappresentative della biodiversità locale. Questo perché nel distante regno dei marsupiali, dove il principale predatore fu per lungo tempo la minuta “tigre” tasmaniana, esseri come il dingo o il gatto domestico europeo diventarono in poche generazioni i letterali dominatori del territorio, capaci di aggredire e trangugiare senza sforzo pressoché qualsiasi essere endemico, con poche eccezioni. Ecco, dunque, l’eccezione. Un drago… Siete già a conoscenza del modo di porsi, l’aspetto e il tipico comportamento del Varanus giganteus? Una lucertola di un tipo familiare da moltissimi punti di vista, tranne il reticolo variopinto della sua livrea e le dimensioni. Due metri e mezzo di lunghezza, fino a 20 Kg di peso; abbastanza da farne il quarto esponente in ordine di proporzioni della sua categoria nei giorni odierni. Ed un degno rappresentante dello stesso genere dei mostri di Komodo, ovvero un gruppo di creature che da queste parti viene definito per antonomasia, fin dall’epoca delle colonie, goanna (da iguana) mentre la particolare iterazione in questione prende l’appellativo in lingua aborigena di perentie. Laddove al di là del possesso di quattro zampe, una lunga coda e scaglie che ricoprono la sua epidermide, particolarmente difficile risulterebbe trovare un punto di contatto con il pacifico erbivoro arboricolo facente parte del bioma del Nuovo Mondo, a partire dal comportamento. Che lungi dall’essere quello del tipico essere a sangue freddo, incline a interi pomeriggi di riposo sotto il sole diurno, vede il fervente predatore muoversi tra simili pause mentre saetta da una duna all’altra, con la capacità di raggiungere la velocità impressionante di 40 Km/h, di gran lunga sufficiente a farne il rettile più rapido al mondo. Abbastanza da inseguire qualsiasi piccolo mammifero, uccelli distratti o altre vittime d’occasione che dovessero venire identificate dai suoi occhi attenti. Diventando i bersagli elettivi di un morso non soltanto rapido, bensì dotato di notevoli presupposti d’infezione batterica ed anche un blando veleno, nella maniera notata scientificamente per la prima volta nel 2005, in un articolo di ricercatori dell’Università di Melbourne. Non che la vittima media abbia il modo e l’occasione di rammaricarsi per questo, vista l’innata propensione del perentie a scorporarne pressoché immediatamente le singole parti, rapidamente trasformate in validi bocconi energizzanti capaci d’alimentare il suo dispendioso stile di vita. Un approccio essenzialmente inquieto, ma non privo di una cruda efficienza alla sopravvivenza…

Carnivoro obbligato nonché il super-predatore dei suoi vasti ambienti, che includono gli stati dell’Australia Occidentale e Meridionale, i Territori del Nord e il Queensland, il varano gigante non costituisce al momento una specie a rischio e può godere di una distribuzione piuttosto omogenea che ne ha fatto una presenza tipica di particolari zone. Ciò benché un’indole schiva ed una naturale tendenza alla furtività tenda a mantenerlo ben lontano dai centri abitati umani, cosa che non gli ha impedito di essere integrato, in epoche remote, nel sistema di credenze dei gruppi tribali locali. Con il nome mitologico di Ngiṉṯaka o “uomo lucertola” una figura trascendentale e maligna, che avendo rubato la pietra da affilatura delle genti di Anangu era fuggito nell’arido entroterra, dissotterrando bulbi di cipolle sovradimensionate destinate a trasformarsi nei macigni erranti, mentre vomitava semi destinati a generare foreste. Per venire infine incorporato, nonostante le sue molte malefatte, nel patrimonio ancestrale facente parte dei divini protettori di Uluru (Ayer’s Rock). Questo il destino di creature tanto distintive ed a loro modo attraenti, in modo particolare per il possesso della riconoscibile livrea simile a quella di un pitone, dalle tonalità contrastanti maggiormente accese negli esemplari giovani e abbastanza differenziata da permettere il riconoscimento a distanza dei singoli esemplari. Una prerogativa possibilmente preziosa anche per i maschi di questa specie, che successivamente ai ricorrenti conflitti per il controllo dei rispettivi quanto vasti territori individuali, procederanno a trovare una compagna con cui accoppiarsi. Sarà lei, quindi, che procederà alla deposizione solitaria delle 10-12 uova all’interno di cavità sotterranee o termitai, in un preciso periodo che va dalla fine della primavera all’inizio dell’estate. Finché una volta venuti al mondo, i piccoli già indipendenti inizieranno a nutrirsi prevalentemente d’insetti ed altri artropodi, prima di raggiungere le dimensioni dell’età adulta. La riproduzione in cattività, piuttosto rara, ha visto un celebrato esempio lo scorso dicembre presso lo zoo di Los Angeles, dove sono venuti al mondo due piccoli in salute che attualmente sono diventati delle vere e proprie celebrità locali.
Poco avvezzi come dicevamo all’incontro con esseri umani in natura, i perentie possono in rare occasioni costituire un rischio per la popolazione australiana, vista l’indole aggressiva e la natura dolorosa del loro morso. Fece notizia, a tal proposito, la disavventura della coppia di anziani attaccata nel 2019 durante una vacanza in Queensland, che nel tentativo purtroppo fallimentare di salvare il proprio cane sono finiti entrambi all’ospedale. Altri casi documentati riportano dolori persistenti alle parti morse dalla venefica creatura, spesso anche per settimane o mesi successive alla guarigione della ferita.

Il perentie costituisce in ultima analisi una creatura iconica per gli aborigeni, al punto da aver fornito il nome tradizionale alla più alta montagna dell’Australia Meridionale, Ngarutjaranya, che si dice assomigli ad un varano che si erge sulle zampe e la coda nell’atteggiamento tipicamente utilizzato per sorvegliare i suoi domini. E ciò potrebbe non essere un caso, vista la consueta utilità dei grandi carnivori come punto di riferimento geologico sullo stato dell’ecosistema vigente. Una valida lezione per i nostri giorni. Che ancora vedono la presenza, sempre più rarefatta, dei draghi e dinosauri dei racconti ormai desueti. Ma non meno vivaci o accattivanti per le regioni iperboree della nostra fervida capacità d’osservazione, in funzione di questo.

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