Essere un feroce carnivoro comporta un piano anatomico generalmente affusolato, atletico, muscolare. La suprema specializzazione nella ricerca e cattura di prede viventi, d’altra parte, comporta certe volte soluzioni controintuitive, al punto che idiosincrasie apparenti, in determinati animali, costituiscono fenotipi effettivamente funzionali ad uno scopo ultimo evidente. Il pesce della costa del Pacifico dell’isola di Honshu, dango (団子) o “gnocco di riso” rientra, senza dubbio, nell’insieme di creature rispondenti a simili caratteristiche, vista l’effettiva somiglianza al preconcetto comico, che un disegnatore di cartoni animati, poco esperto nelle proporzioni ittiche, avrebbe potuto imprimere nei fotogrammi di una divertente sequenza animata. Non che vermi, lumache o piccoli molluschi del sostrato avrebbero la stessa impostazione mentale, nel vedersi avvicinare le mandibole ritmicamente chiuse ed aperte, di queste fluttuanti minacce globoidali. Rappresentanti in termini corretti della famiglia dei ciclopteridi, la stessa del C. lumpus che dal punto di vista di noialtri abitatori del Mediterraneo prende il nome italianizzato di lompo, in associazione pressoché diretta con il succedaneo culinario più diffuso ed economico delle pregiate uova di caviale. Difficile immaginare, di suo conto, l’esemplare femmina di Eumicrotremus awae giapponese che riesce a soddisfare con le sue centinaia di macrogameti mucillaginosi un qualsivoglia procacciatore d’ingredienti; giacché siamo innanzi, è opportuno sottolinearlo, a una creatura di appena un paio di centimetri di lunghezza, contro un massimo di 50 raggiungibili dal ciclopteride atlantico, maestoso terrore dei mari del Nord. Assente anche la grossa pinna carnosa sopra il dorso, che taluni tendono a paragonare alla stravagante pettinatura di un mohawk, accentuando ulteriormente il profilo tondeggiante del bizzarro pesciolino, talvolta apprezzato negli acquari degli appassionati dal più grande livello d’esperienza accumulata precedentemente. Ciò in quanto nonostante la popolarità che simili sequenze riescono a guadagnarsi, l’allevamento in cattività di qualsiasi lompo risulta essere notevolmente sconsigliato, data la specifica natura della sua dieta, lo stile di vita strettamente collegato a condizioni ecologiche difficili da riprodurre e nel caso della sua versione nordica, il bisogno di acque particolarmente gelide per prosperare, al punto da risultare ardue da ricostruire in maniera artificiale. Questioni che non paiono aver compromesso ne ridotto in alcun modo misurabile, il fascino realmente posseduto dalle caratteristiche estetiche e comportamentali comuni all’intero gruppo tassonomico di tali fluttuanti presenze…
Nuotatori tutt’altro che eccelsi, a causa dell’assenza di una vescica natatoria, i lompi sono soliti oscillare in mezzo alla corrente tramite l’impiego delle loro piccole pinne pettorali, che agitano ad un ritmo che ricorda quello delle ali di un colibrì. Proprio tale predisposizione gli permette nel contempo di muoversi con pari agilità a diversi livelli della colonna acquatica, potendo prosperare ad una vasta gamma di profondità diverse. Una velleità che trova effettiva corrispondenza nel ciclo vitale del ciclopteride atlantico, che venendo spesso al mondo nella zona demersale non distante da riva, si sposta in seguito in ambienti pelagici, imparando a nutrirsi di zooplankton e piccoli pesci, senza più andare in cerca di un solido fondale di appartenenza. Talune specie, addirittura, praticano migrazioni stagionali in tal senso. Laddove le varietà più piccole, come l’E. awae mostrato in apertura o l’E. orbis alias lompo spinoso del Pacifico restano generalmente collegati a tali spazi, ove amano posizionarsi immobili facendo affidamento sulla propria forma discontinua ricoperta di tubercoli e la livrea mimetica a chiazze, distintivamente priva di scaglie. Molti sono infatti i predatori, come spesso avviene negli ambienti oceanici, di questi voraci abitanti dalla massa ridotta: foche, razze, cetacei e squali, ma anche merluzzi, pesci carbonari, ammoditidi, cottoidei. Lo stesso nome della famiglia, composto dai termini greci ciclos (tondo) e pteros (pinna) è un diretto riferimento alla ragione per cui i nostri amici tanto spesso preferiscono restare a contatto con le distese sabbiose da cui traggono i natali, vista la presenza della pinna centrale modificata nella forma e funzionalità di una ventosa, in grado di aderire saldamente a rocce, alghe ed altri oggetti occultati tra i profondi flutti marini. Una pratica messa in atto dal lompo successivamente all’evento riproduttivo, quando il padre riceve la mansione di proteggere le uova fino alla schiusa, ancorandosi letteralmente nei loro immediati dintorni, per cacciare via aggressivamente ogni aspirante mangiatore del suo tesoro. Interessante anche la questione dell’accoppiamento propriamente detto, che vede il maschio della specie atlantica cambiare vistosamente colore, dal grigio bluastro ad un appariscente tonalità vermiglia, mentre prepara l’arena di sabbia ove la sua partner verrà invitata a deporre le svariate centinaia, se non migliaia di uova. Così che lui possa, in tutta calma, procedere successivamente alla cruciale fecondazione. Di ulteriore aiuto, al fine di essere notato, anche la lieve bioluminescenza posseduta da ambo i sessi di queste creature.
Crismi operativi di una tipologia di esseri così prolifici, in effetti, da aver per loro sfortuna alimentato una fiorente industria gastronomica, che tradizionalmente soprattutto nei paesi nordici d’Europa vedeva le femmine gravide catturate nel bel mezzo della stagione riproduttiva, per prelevare il loro caviale in modo distruttivo e rigettare il corpo esanime nell’acqua salmastra. Una pratica oggi vietata o considerata poco conveniente, soprattutto in Islanda, dove i pesci in questione vengono quanto meno congelati, per un redditizio invio nelle distanti terre cinesi.
Pratica relativamente recente nel suo settore, l’allevamento sistematico del lompo ha visto moltiplicarsi negli ultimi anni gli stabilimenti adibiti a tal fine, spesso riconvertiti da fattorie di salmoni, branzini ed orate. Questo per il maggior grado di resistenza a predatori e malattie, oltre all’attività ininterrotta per l’intero estendersi dell’anno. Una particolare prassi che vede la combinazione di più specie all’interno di spazi condivisi trova inoltre significativi vantaggi nella presenza dei lompi, che consumano con estrema voracità i pidocchi di mare (fam. Caligidae) apportando importanti vantaggi alla salute e durata della vita dei propri preziosi colleghi.
Niente male, davvero, per una piccola e semplicissima polpetta di riso! Benché simili sagaci analogie tendano inevitabilmente a sfuggire, dalla vivace mente di colui che vagando tra le acque deve mantenersi costantemente in cerca di una preda per sopravvivere. Tentando al tempo stesso, per quanto possibile, di continuare a rimanere privo di osservatori.