Fattore di una certa importanza nella moderna progettazione di autoveicoli è il coefficiente di resistenza dell’aria, un calcolo relativo alla densità di quest’ultima, moltiplicata per l’area di riferimento e la velocità al quadrato, giungendo ad un valore indicativo dell’efficienza nell’impiego della spinta motrice. Con un risultato il quale, oggigiorno, tende ad aggirarsi per le vetture stradali omologate attorno allo 0,25-0,30, grazie alle lunghe decadi di miglioramenti messi in pratica dalla maggior parte delle aziende produttrici al mondo. Caratteristiche che oggi diamo per scontate, quali cabine chiuse con finestrini a vista, ruote incorporate nella carrozzeria e fari che non interrompono le forme armoniose del veicolo, laddove un tempo componenti come claxon, borse o persino il motore sporgevano trasversalmente, imponendosi come forme che accrescevano la resistenza all’aria. Immaginate dunque la frustrazione di un ingegnere progettista d’inizio del secolo scorso come Aurel Persu, che nella sua natìa Bucharest fu tra i primi a rendersi conto di come i suoi contemporanei stessero tralasciando ogni considerazione significativa in merito all’efficienza veicolare, raggiungibile mediante l’applicazione di un simile serie d’accorgimenti utili a far scendere un coefficiente superiore a 1,0-2,0. Fu quindi nel 1922, mentre lavorava come consulente al perfezionamento degli aeroplani, avendo già conseguito riconoscimenti in campo accademico per i suoi studi, che vide l’opportunità di pubblicare un articolo scientifico destinato a rimanere nella storia. Un pezzo molto critico relativo all’industria dei veicoli globale, dominata in base a un gruppo di criteri che non parevano in alcun modo utili ad ottimizzare i consumi, aumentando esponenzialmente l’impatto economico e perché no, l’inquinamento causato dai moderni trasporti a motore. Per poi proseguire con dialettica eloquente, nell’incoraggiare la fondazione di un sindacato internazionale degli automobilisti, che potesse idealmente chiedere a gran voce i miglioramenti opportuni. Detto ciò e rendendosi lui stesso conto di stare combattendo contro una parete inamovibile, decise quindi l’anno successivo di mostrare a tutti il modo giusto di costruire un veicolo, nella speranza forse vana di riuscire ad essere il cambiamento che voleva vedere nella società futura. Il risultato fu l’automobile destinata a portare semplicemente il suo nome, per la quale si sarebbe ispirato, in base a nozioni aneddotiche, alla “forma ideale di una goccia d’acqua che sta cadendo”. Sebbene il primo brevetto conseguito in Germania nel 1924 parlasse piuttosto della forma del corpo di un uccello, “come un piccione” e le non sempre generose retrospettive internettiane amino paragonarla ad una scarpa posizionata al contrario rispetto alla direzione di marcia. Il che non era certo l’obiettivo, mancando ancora il tipo di sensibilità nel design destinate a trovare sfogo nel secolo successivo, benché nessuno potesse negare i meriti della matematica: l’Automobilul lui Persu poteva vantare, infatti, un coefficiente aerodinamico di 0,22, essenzialmente pari a quello di una Porsche Carrera di oltre mezzo secolo dopo…
Non molto è noto della fase progettuale e realizzativa dell’Automobilul, benché possediamo alcune nozioni in merito all’origine del suo componente fondamentale. Il modesto motore da 20 cv usato nell’unico prototipo costruito proveniva infatti da una vettura tedesca AGA 6/20 PS, che con il suo convenzionale corpo quadrangolare a ruote scoperte superava a malapena i 60 Km/h. Ebbene lo stesso impianto, una volta collocato nella vettura di Persu, sarebbe stato a quanto pare in grado di raggiungere i 100, potendo mantenere più della metà anche nelle curve più difficili, senza nessun rischio significativo di cappottamento. Un traguardo raggiunto tramite una vasta serie di accorgimenti, a partire dalla distintiva carrozzeria in alluminio monoscocca, realizzata a partire da un primo modello costruito in legno che ricordava vagamente la carlinga di un aereo. Il progettista aveva quindi piazzato il motore nella parte posteriore, posizionando le ruote al di sotto e dietro il parafango principale, in una maniera che oggi diamo per scontata ma all’epoca sarebbe stata niente meno che rivoluzionaria. Significativa anche l’omissione di un sistema differenziale, possibile grazie alla distanza delle ruote posteriori inferiore a quella delle anteriori, superando in questa maniera le limitazioni meccaniche implicate all’epoca da tale classe di dispositivi. Senza disporre di alcuna moderna galleria del vento ma basandosi esclusivamente sui propri calcoli, Persu determinò quindi l’opportuna curvatura di ogni superficie esposta all’aria del suo veicolo, donandogli un aspetto caratteristico che ancora oggi stupisce, benché fosse frutto di un sincero ed oggettivo intento procedurale.
Perfettamente cosciente di aver creato la prima scintilla in grado di modificare le aspettative della collettività globalizzata, l’ingegnere rumeno iniziò quindi le complesse procedure al fine di ottenere un brevetto per la sua creazione negli Stati Uniti, all’epoca il principale mercato per la commercializzazione autoveicolare. Mentre negli anni a partire dal 1924, girò in lungo e in largo per l’Europa frequentando fiere ed eventi automobilistici per un gran totale di 120.000 Km percorsi, ottenendo sempre un grande successo tra il pubblico ma nessuna concreta proposta commerciale. Le aziende statunitense General Motors e Ford, di loro conto, proposero l’acquisto dei diritti sulla produzione del veicolo senza tuttavia garantire la sua effettiva commercializzazione. Al che, sospettando che il loro obiettivo fosse soltanto il blocco dell’insorgere di un competitor, Persu si rifiutò di dare seguito alle trattative ed abbandonò infine il suo progetto atlantico, convinto che la giusta opportunità dovesse ancora palesarsi. Pochi anni dopo, come sappiamo fin troppo bene, ci fu la grande depressione bloccando significativi progressi tecnologici per un gran totale di 10 anni ed al suo concludersi, si verificò il tragico scoppio della seconda guerra mondiale.
Con il degenerare del progetto implicito del Novecento, sprofondato in una nuova sorta di Medioevo (mentre l’invenzione delle armi, e soltanto quella, assorbiva l’interesse di tutti i creativi e gli imprenditori) l’Automobilul rumena si perse nelle pieghe del Progresso, sebbene molti dei suoi concetti di base fossero destinati a venire, in più contesti e situazioni da parte di aziende di tutto il mondo, “accidentalmente” re-incorporati.
Successivamente al concludersi del conflitto e l’istituzione del regime comunista nell’orbita del patto di Varsavia, Persu non sarebbe più riuscito ad ottenere alcun sostegno per la sua prospettata rivoluzione. Ed infine abbandonato il campo dell’ingegneria, divenne nel 1953 violoncellista della Cinematography Orchestra di Bucharest, un mestiere che continuò a fare fino all’età di 79 anni. La sua notevole vettura, donata nel 1969 al Museo Tecnico Nazionale Dimitrie Leonida nel 1969, campeggia ancora in quelle prestigiose sale, mostrando ciò che avrebbe potuto essere con largo anticipo, se soltanto le persone giuste avessero deciso di seguire il bene della collettività indivisa. Eppur nessuno potrebbe negare che in quel particolare momento storico almeno per quanto concerne l’aerodinamica veicolare, grazie alle capacità di un singolo individuo in grado di sfidare le convenzioni, questo particolare paese confinante con la penisola Balcanica fosse stato il più moderno ed avveniristico di tutta Europa.