“Grandi frati” o frailejones è nei fatti l’espressione utilizzata in Ecuador, Colombia e Venezuela nel riferirsi alla sagoma riconoscibile di un tronco basso e tozzo, sormontato dall’appuntita corona di una testa segmentata, simile alla chioma di una palma o pianta d’aloe. Alte in media non più di un metro e mezzo, sebbene tra le molte specie ve ne siano alcune in grado di sovrastare agevolmente una persona, queste presenze cespugliose dall’iconico aspetto hanno rappresentato, fin da tempo immemore, una parte imprescindibile dell’ecosistema del paramo, un tipo di paesaggio situato al di sopra dei 2900 metri e fino all’inizio delle nevi perenni, tanto distintivo da aver rappresentato, per ammissione stessa dell’autore britannico Sir Arthur Conan Doyle, una delle ispirazioni per il suo Mondo Perduto, luogo letterario dove il tempo sembra essersi fermato all’epoca della Preistoria. E sembra a dire il vero di trovarsi in un altro luogo o tempo, nel momento stesso in cui ci si allontana dai sentieri più battuti in un parco naturale come quello colombiano di Puracé, dove delle vere e proprie pseudo-foreste costituite dal rappresentanti del genere Espeletia, tanto estese quanto rasoterra sul livello del suolo montano, si estendono a perdita d’occhio impedendo, nei fatti, di proseguire in senso lineare. Una visione a dire il vero assai più rara di un tempo, considerando la dilagante riduzione di questa tipologia di macchie, in funzione del mutamento climatico, la diffusione di varie malattie e l’avidità spietata dell’uomo. A cui soltanto in tempi recenti è stato posto un freno, limitando la distruzione e bruciatura sconsiderata di tale tipologia vegetativa, con l’esplicita finalità di acquisire terre coltivabili o far pascolare il bestiame. Una scelta a dire il vero scriteriata non soltanto per la conservazione della biodiversità locale, strettamente integrata col paesaggio, ma anche in funzione del ruolo niente fondamentale rivestito da questi solidi arbusti nella cattura e accumulo d’umidità, grazie a particolari predisposizioni morfologiche, con l’effetto di alimentare le rare falde acquifere mediante il rilascio di fluidi dalle loro profonde radici, che contribuiscono ai torrenti necessari alle comunità montane. Dimostrando per l’ennesima volta come la prospettiva di un guadagno immediato sovrasti, nella psiche istintiva di molte persone, ogni discorso a lungo termine sulla conservazione del proprio stesso stile di vita. Mentre incendi ed alte fiamme aumentano ripetutamente continuano a dilagare, sui delicati equilibri che sorreggono il sistema complesso della Natura…
L’Espeletia rappresenta dunque dal punto di vista botanico una rappresentante non propriamente tipica della vasta famiglia delle Asteracee, angiosperme in genere fatte rappresentare dalla gialla e splendida presenza del girasole. La cui caratteristica dominante è individuata proprio nella conformazione rappresentativa di quest’ultimo, in cui la corolla di petali in questione non è in effetti conseguente da un tutt’uno indiviso, bensì il prodotto schematicamente ripetuto di una serie di flosculi o “piccoli fiori” disposti a raggera nella formazione di un capolino. Piante sempre ermafrodite, la cui conformazione può variare in modo particolarmente significativo, giungendo a includere alberi, rampicanti e cespugli. Una categoria all’interno della quale, d’altra parte, i frailejones in questione spiccano per diversificazione, proprio a causa della loro appartenenza ad un contesto gelido e secco, piuttosto che i territori caldi dove in genere si trova la più grande proliferazione di tali presenze vegetative. Il che li porta a possedere tronchi bassi e molto solidi, comunemente ricoperti da un fitto mantello di foglie ormai defunte, ma tenute saldamente attaccate proprio al fine di offrire una protezione dal gelo, fino alla corona con la tipica forma di una rosetta i cui puntali risultano coperti da una fitta peluria biancastra formata dai tricomi, strutture specializzate in grado di catturare la limitata umidità che permea l’aria poche ore dopo il sorgere del sole. La fecondazione, di suo conto, avviene nella maggior parte dei casi mediante l’assistenza di piccole creature locali, ivi inclusi anfibi ed uccelli mangiatori dei loro frutti con la configurazione di acheni, calabroni apprezzatori del nettare e soprattutto l’onnipresente e pervasiva formica andina, che di suo conto contribuisce a difendere la pianta da insetti nocivi o pericolosi parassiti, inclusi gli afidi locali. Questa stretta integrazione e con l’ambiente, d’altra parte, non è più bastante a preservare simili presenze dai pericoli di un mondo avviato nella deriva catastrofica dell’Antropocene, l’epoca vigente in cui il mutamento delle condizioni in essere risulta ormai da tempo accelerato, con l’insorgere di problematiche semplicemente troppo significative perché una progressiva evoluzione possa contrastarne gli effetti a medio e lungo termine di portata imprescindibile o deleteria. Circondate e letteralmente sotto assedio da parte di concessioni minerarie ed agricole, le residue macchie selvagge dei “grandi frati” devono ad oggi combattere anche con nuove varietà di attaccanti tra cui la massa fluida delle infestazioni fungine, precedentemente ignote alle alte quote delle loro dimore montane. Un terreno forse anche eccessivamente fertile, una volta che i forti venti continueranno a rallentare venendo sostituiti da una cappa umida e persistente: il nuovo volto, da un capo all’altro degli ambienti globali, di un pianeta che non può più scegliere la propria strada liberamente, ma riceve indicazioni implicite dalla consistente reiterazione dei fattori imposti dall’odierna civilizzazione umana. Anche a discapito, come dicevamo, della sua stessa sopravvivenza.
Con molti programmi internazionali riservati, ad oggi, alla conservazione e propagazione sistematica dei frailejones, il destino di queste piante non pare d’altra parte ancora del tutto segnato, mostrando l’opportunità più unica che rara di poter riuscire in qualche modo a fare la differenza. Mentre squadre di volontari, guardiani stipendiati dalle istituzioni o semplici appassionati si aggirano tra le corone puntute di un tempo che non sembra intenzionato ad arrendersi, un’ecozona continua ripetutamente ad oscillare da una parte all’altra del baratro pendente delle circostanze. Quale può essere il suo presente, in che direzione potrà muoversi nel nostro fronzuto domani? L’abitante bipede al timone di comando, come sempre, può essere ben più che un inconsapevole e sconsiderato passeggero dei bastimenti. Purché la conoscenza diffusa del problema, in qualche misura, contribuisca ad incoraggiarne l’attenta in considerazione da parte delle autorità legiferanti. E tutti coloro che, in un modo o nell’altro, potranno influenzarne le decisioni, strettamente collegato alle trasformazioni del periodo che stiamo vivendo.