Drone ibrido dimostra potenzialità e capacità di carico di un pipistrello a nove rotori

Il concetto di auto ibrida che unisce il meglio di entrambi i tipi di motore, elettrico ed a combustione interna, risulta essere fondamentalmente limitato dal fatto che in due dimensioni la direzione di marcia possibile è una soltanto, e l’interfaccia tra i due sistemi comporta necessariamente la perdita di una quantità d’energia, prima che essa possa essere trasferita all’albero di trasmissione che fa muovere in avanti le ruote. Ma basta introdurre tale configurazione nello spazio teorico dei mezzi volanti, per vedere i presupposti letteralmente capovolti su loro stessi: un aeroplano è di suo conto sottoposto in un dato momento a due forze fondamentali, quella naturale che contrasta la gravità terrestre, detta la portanza; assieme a ciò che insiste a farlo muovere in avanti. E lo stesso vale per quanto concerne l’elicottero, benché l’origine di quel vettore orizzontale sia la conseguenza meramente geometrica dell’orientamento scelto per il suo rotore. Che dire, d’altra parte, del drone? Questo termine ad ombrello, che oggi sembra incorporare ogni velivolo con sistemi di controllo parzialmente o totalmente automatici, assieme a quelli forniti di capacità per il decollo verticale grazie a configurazioni di rotori plurimi o posizionati in modo tutt’altro che convenzionale. Un ambito nel quale, fino al radicale annuncio del 2020, la compagnia slovena Pipistrel non si era ancora mossa con il chiaro intento di modificare il paradigma del settore. Non aveva combinato la sua competenza trentennale nella costruzione di aeroplani leggeri applicandola in un’interpretazione alternativa dei trasporti volanti rivisitati. E non aveva presentato al pubblico la coppia del Nuuva V20 e V300, con un approccio indubbiamente innovativo in merito a quali possano essere le aspettative per un dispositivo volante al termine del primo quarto del ventunesimo secolo, soprattutto in termini di dimensioni e capacità di carico inerente.
La più massiccia delle due proposte in effetti, sottoposta al primo breve test di volo all’inizio di questa settimana, è un impressionante apparecchio della lunghezza di 11,3 e un’apertura alare di 13,2 metri, dimensioni grosso modo comparabili a quelle di un drone militare Predator dell’Aviazione statunitense. Essendo rispetto ad esso dotato della capacità, niente affatto trascurabile, di decollare ed atterrare senza l’uso di una pista realizzata ad hoc, con un carico a bordo capace di raggiungere il volume di tre pallet europei (80 cm x 1,3 metri ciascuno) e un peso di missione massimo pari 460 Kg. Molto più del necessario, dunque, per portare i rifornimenti in un insediamento remoto, giustificare un viaggio di soccorso in un’area colpita da un disastro naturale, consegnare materiali a una piattaforma petrolifera nel mezzo dell’oceano agitato…

Ciò che colpisce ad ogni modo nell’aspetto generale del Nuuva V300, e parimenti per quanto concerne il cugino sottodimensionato V20, è la configurazione marcatamente atipica del suo progetto di volo. Costruito prevedendo due paia di ali sottili, impiegate prevalentemente per la stabilizzazione, mentre l’impulso perpendicolare alla direzione di marcia è quasi completamente garantito dagli otto motori elettrici con pale rotanti di tipologia certificata E-811 EASA, posizionati in parallelo sui due montanti paralleli al corpo centrale, simile a un siluro chiaramente privo d’abitacolo per piloti o passeggeri umani. L’idea geniale della Pipistrel in quel contesto, d’altra parte, risiede proprio sul retro di quel componente, con un singolo impianto a combustione chimica (da qui la definizione di “ibrido”) connesso ad un’elica intubata semi-nascosta, il cui scopo principale è quello di far muovere in avanti l’apparecchio una volta raggiunta la quota d’altitudine desiderata. Il che incrementa senza dubbio in modo esponenziale la velocità ma soprattutto la portata, senza per questo un impatto giudicato eccessivo per quanto concerne il consumo di carburante. In un ambito, quello degli aeromobili a propulsione elettrica, dove l’autonomia viene generalmente misurata in minuti, il V300 dichiara una distanza raggiungibile di fino a 300 Km dal punto di decollo, percorribile alla velocità massima di 220 Km/h. Abbastanza da poter superare ben più che il semplice e canonico “ultimo miglio”, in una visione realistica della logistica dei trasporti nell’immediato domani.
Ingegnoso e innovativo, il Nuuva rappresenta in tal senso una tipica proposta commerciale dell’azienda Pipistrel creata nel 1989 da Ivo Boscarol, ex ingegnere e pilota sperimentale per l’Aermacchi italiana, prima di tornare nella natìa Slovenia, all’epoca parte del dominio della Yugoslavia. Dove assieme a un’affiatata squadra di colleghi, avrebbe coraggiosamente messo alla prova le proprie idee e competenze facendo decollare aerei nelle ore del tramonto, contrariamente alle leggi nazionali, uno stratagemma all’origine del nome ispirato alla natura della compagnia. E che attraverso le numerose partecipazioni e vincite di concorsi internazionali negli anni a seguire, avrebbe confermato la sua specializzazione nel campo degli aerei da turismo leggeri ed alianti con motori a bordo, fino alla creazione del 2011 del Taurus, uno dei velivoli con propulsione totalmente elettrica più riusciti e utilizzati al mondo. Per poi essere acquistata, nel 2022, della statunitense Textron fermamente intenzionata a mantenerne il brand, nonché permettere il coronamento finale del progetto Nuuva, le cui applicazioni potrebbero risultare particolarmente utili nel vasto territorio dell’America settentrionale ed oltre.

In un’epoca più connessa che mai, l’idea dei mezzi volanti senza pilota costituisce ad oggi un approccio risolutivo particolarmente interessante, capace di trasformare il semplice click di un mouse o l’inserimento di dati all’interno di un terminale nel trasferimento a distanza di un carico, sia questo di uso personale o utile alla sopravvivenza di un’intera comunità. Ma è chiaro che l’impiego pratico di tali meccanismi, al di sotto di una scala pari a quella degli approcci per così dire “tradizionali” risulti necessariamente limitato a particolari tipologie di beni: componenti, medicinali, un cestino del pranzo. Immaginiamo, dunque, un domani in cui il cosiddetto drone possa superare la versatilità funzionale dell’elicottero. E nessuno dovrà più cimentarsi nell’apprendimento e impiego dei complicati sistemi di controllo di quest’ultimo, l’oggetto responsabile purtroppo del maggior numero d’incidenti aerei allo stato attuale delle cose. Pratico, veloce, economico. Il primo drone per il trasporto civile di carichi pesanti parrebbe già offrire significative opportunità d’impiego e sfruttamento. Ragion per cui, è stato deciso che entro la fine dell’anno un secondo prototipo sarà prodotto per unirsi al primo. Il futuro dei prossimi anni appare più che mai luminoso, in senso metaforico e tariffe permettendo, per la compagnia europea del pipistrello.

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