Il sogghigno del titano semovente che delimita gli spazi nel frutteto californiano

In un momento imprecisato della storia complicata d’interrelazione tra il bisogno agricolo di continuare a produrre, e l’umano apprezzamento per l’ordine e la chiarezza d’intenti, fu determinato che proficua fosse l’esistenza di uno spazio percorribile, tra gli alberi capaci di contribuire alla raccolta gastronomica di frutta o altri prodotti utili alla società contemporanea. Ciò in quanto l’effettiva raccolta dei suddetti, praticata a mano fin da tempo immemore, ad oggi era possibile mediante l’utilizzo di apparati veicolari pesanti, i quali come da copione possiedono una massa ingombrante, traendo un beneficio inusitato dalla misurabile presenza di un sentiero preciso. Una “strada” se vogliamo, ma del tipo non soltanto disegnato a terra, bensì capace di poter contare su uno spazio soprastante aperto verso il cielo, ove scoiattoli volanti potessero spiccare il volo, al pari dei potenti refoli per cui trova l’impiego il vetro sul davanti di una valida cabina del guidatore. Uomo, macchina, robot se siamo in condizioni funzionali chiaramente collaudate, giacché dove le braccia organiche non possono arrivare, tutt’altra storia è quella che coinvolge arti pneumatici motorizzati, possibilmente con al termine potenti falci rotative, oppur la ragionevole approssimazione di un rasoio per la potatura dei giganti verdeggianti che sovrastano le nostre teste impietose.
Ecco, allora, la ricorrente divulgazione su Internet, guidata fino a meta dalla cosiddetta rule of cool (perché tutti amano le cose avveniristiche ed impressionanti) di maestose mostruosità impiegate nel settore agricolo, come trattori con appositi strumenti o veicoli creati ad-hoc, fatti marciare lietamente mentre svolgono lo scopo per cui hanno raggiunto la fase costruttiva finale. Ultimo caso rilevante, l’ampio successo attribuito su Reddit ed innumerevoli luoghi collaterali online, a quello che il pubblico parrebbe aver accumunato al celebre robot da combattimento videoludico Metal Gear, nei fatti una macchina di potatura con apparenti personalizzazioni di proprietà di un agricoltore ignoto. Mezzo dall’aspetto corazzato e vagamente post-apocalittico, grazie alla griglia che protegge l’abitacolo, presumibilmente dall’inevitabile caduta dei rami. Giacché sopra il corpo ridipinto con l’immagine di un ghigno di lupo, ammesso e non concesso possa anche trattarsi di uno squalo, oscillano due attrezzi su strutture da angolo, composti da veri e propri arti rotanti con seghe circolari alle rispettive estremità. Per un effetto complessivo particolarmente terribile, soprattutto dal punto di vista del cameraman responsabile, apparentemente situato a pochi metri dal passaggio del trattore infernale. Per la solita tendenza umana a sottovalutare il pericolo, ogni qual volta ci si trovi a viverlo nel proprio quotidiano praticamente da mattina a sera…

Che cosa abbiamo visto, dunque, esattamente? Nell’assenza di una fonte chiara, come sempre più frequentemente capita nell’era dei video super-brevi creati per Instagram o TikTok, le opinioni possono variare e non soltanto sulla base d’informazioni ragionevoli o precedentemente acquisite. Alcuni affermano, per inferenza, che un mezzo di siffatta natura abbia un’alta probabilità di provenire dalla California, dove quella stessa industria agricola che ha fatto la fortuna degli imprenditori locali, causando la carenza d’acqua che ha contribuito ai recenti devastanti incendi nella zona di Los Angeles, necessita coerentemente di apportare occasionali potature su larga scala. Staremmo dunque qui vedendo l’opera di manutenzione tra file successive di mandorli, meli o alberi di mirtilli, presumibilmente messa in atto da un imprenditore di grandezza quanto meno medio-grande, data l’imponenza e particolarità del mezzo usato. Uscendo dal reame delle pure congetture d’altra parte, il settore delle macchine per la potatura è storico e stratificato. Con il primo esempio definibile come almeno parzialmente “robotizzato” rintracciabile all’ormai remoto 1970, con il brevetto australiano di un certo Paterson, consistente in una testa operatrice per bracci di tipo idraulico fornita di una barra, sopra cui una coppia di lame si muovevano in alternanza sopra e sotto in modo da recidere le parti della pianta indesiderate. Un approccio di per se non troppo distante dalle attuali soluzioni meccaniche con file di denti sovrapposti, non dissimili dal principio di funzionamento di un rasoio elettrico per il taglio dei capelli o la barba umana. Benché prima di raggiungere un tale optimum, l’approccio originario fosse stato giudicato lesivo per il tronco degli arbusti, ragion per cui vennero introdotte soluzioni meramente semi-automatiche ma comunque utili a semplificare le operazioni. Vedi la “scimmia d’albero” Sachs (1967, Australia) nient’altro che un motore dotato di ruote con pneumatici, le quali aderendo al tronco possono riuscire a risalirlo agevolmente, mentre una testa rotante con sega elettrica si occupa di rimuovere tutti i rami sporgenti ritenuti in eccesso. Nessuno escluso. È naturale, d’altra parte, che un simile approccio presentasse problematiche inerenti nel fermare e recuperare il meccanismo al termine delle operazioni.
In tale panorama, la tecnologia delle lame rotanti sembrerebbe inserirsi in un contesto più vicino all’epoca corrente, quanto meno per la complessità implicita di meccanismi come il nostro eccezionale Metal Gear, ma pure i molti simili su scala più ridotta venduti da compagnie con interessi trasversali come Rinieri, TCL, BFM, Greentec. Per non parlare delle italiane Orizzonti di Imola e FA.MA di Mantova, capaci di produrre dei modelli pienamente competitivi con i colleghi statunitensi. E di cui possiamo ragionevolmente presumere svariati macchinari siano attualmente utilizzati nella stessa California, nonché altri grandi laboratori della produzione agricola nell’attuale panorama globale.

Sostanzialmente diversa per intenti e funzionamento rispetto alle macchine disboscatrici per la produzione del legname, incubi post-industriali spesso usati come antagonisti nelle narrazioni ecologiste (vedi il Lorax del Dr. Seuss, per intercessione del crudele boscaiolo Once-ler) i potatori robotizzati di lor conto assolvono a uno scopo ben preciso utile a semplificare il carico di lavoro umano. Là dove la natura, per quanto possiamo determinare, ha già perso da tempo benché arbusti continuino a sorgere nel proprio imprescindibile rigoglio, volenti o nolenti anche se avessero la capacità di agire in base ad un principio di ragionamento vegetale. Giacché lascia una mangiatoia troppo piena di fronte a un cavallo, e quello mangerà fino all’indigestione. E lo stesso vale per le piante con terreno fertile, luce solare, spazio mantenuto libero dai parassiti e dai predatori. Per questo, addomesticazione implica per forza un certo grado di effettiva responsabilità continuativa nel tempo. Lasciando in plurime occasioni che l’apporto tecnologico entri, con alto grado di spettacolarità inerente, a far parte dell’equazione.

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