Trattasi del classico caso in cui: l’uomo si avvicina alla natura, facendone il suo spazio personale. Il pennuto che abitava tale luogo soffre, poi si adatta nonostante tutto alle impietose circostanze. Quindi l’uomo accompagna il perfetto predatore degli uccelli nuotatori nel miglior terreno di caccia mai conosciuto dalla sua stirpe. Poi costruisce una speciale via d’accesso, completa di pratica rampa e parapetto, per condurre presso l’ultima fortezza dei pinguini la volpe rossa.
Una strana e inconsapevole alleanza, da tutti e tre i punti di vista, eppur così drammatica nel minacciare l’esistenza di una specie che precorre lungamente l’allinearsi di questi fattori. Essendo precedentemente giunta a costituire, per le leggi della selezione naturale, l’esempio sorprendentemente poco conosciuto del più piccolo pinguino al mondo, Eudyptula minor che senza minacce pre-esistenti, configurava il suo proprio stile di vita sull’acquisizione di piccoli e pesci molluschi nella zona costiera delle coste australiane e della Nuova Zelanda. Nonché quelle particolarmente serene delle piccole isole situate nelle intercapedini di quel continente emerso. Vedi quella situata a meridione della laguna di Adelaide, chiamata l’Isola del Granito per via dei distintivi macigni che ne occupavano l’entroterra, attorno ai quali prosperava una moltitudine di alati nuotatori che superava abbondantemente le due migliaia di esemplari. Finché nel 1875 non venne malauguratamente deciso, dall’amministrazione della capitale nazionale, di estendere il molo in legno della zona portuale fino alla terra emersa antistante, facendone una delle attrazioni più apprezzate dell’Australia Meridionale nonché una pratica via d’accesso, percorsa da un tram trainato dai cavalli, per i turisti che volevano, idealmente, “apprezzare” quei luoghi ameni. La situazione tuttavia degenerò quando qualcosa di teoricamente prevedibile ebbe l’occasione d’iniziare a verificarsi. Considerate ora che uno studio demografico approfondito della popolazione dei pinguini minori non è disponibile fino al 1994, quando fu stimata attorno ai 1.600 esemplari; meno i 75, s’intende, che in quello stesso anno uno soltanto di quei temibili predatori dalla lunga coda, introdotti nel XIX secolo per fini ricreativi in Oceania, uccise nel giro di tre notti, prima di essere a sua volta finalmente trasformato nel bersaglio di un accurato fucile. Il che non fu neppure colpa della volpe, ancorché sarebbe capitato di nuovo l’anno successivo, con una seconda intrusa capace questa volta di divorare 17 pinguini nel giro di una singola notte. Il che avrebbe portato, finalmente, alla costruzione di un centro per la tutela e allevamento di questa specie non endemica ma indubbiamente singolare, mentre fuori da quelle solide mura la popolazione continuava rapidamente ed inesorabilmente a diminuire…
E sia chiaro che stiamo parlando, per chiarire il corso degli eventi, di una diminuzione per ordini di magnitudine niente meno che totalizzanti. Fino agli appena 22 uccelli sopravvissuti allo stato brado nel 2015, tanto che sembrava ormai inevitabile l’annientamento di questa specifica popolazione isolana, semplificando significativamente l’elaborazione di un piano regolatore per le decadi a venire. Ecco dunque la decisione, nel febbraio del 2021, di ripristinare lo stato ormai fatiscente della passerella che unisce l’isola alla terra ferma, con un nuovo ponte stradale di ferro e cemento, capace d’incrementare ulteriormente la quantità di visitatori umani (e non solo) interessati a oltrepassare lo stretto braccio di mare antistante al centro urbano di Adelaide. Fermo restando che stavolta le cose sarebbero andate diversamente. Perché, vedete, era stata prevista l’installazione di un cancello per l’area turistica con tanto di segnale “chiudere dopo il passaggio”, accuratamente testato in laboratorio (?) per la sua capacità ideale di tenere fuori il canide fatale. Una struttura dall’efficienza non sempre ideale come riportato a febbraio di quest’anno dalla ABC News, viste le lamentele dei volontari Schmid e Weibel in merito all’apparente incapacità dei passanti di compiere il necessario gesto, nonché la tendenza del vento a far aprire il semplice portale. Il che non raggiunge, d’altra parte, neppure il nocciolo fondamentale dell’intera faccenda. Poiché i piccoli pinguini dell’Isola del Granito, come ogni animale di un territorio soggetto a forti pressioni da parte degli umani, possiedono caratteristiche comportamentali uniche, che li portano ad un approccio molto più aggressivo verso gli intrusi rispetto ai loro simili della Nuova Zelanda. Soprattutto vista l’impossibilità di formare le grandi colonie mutualmente protettive della specie cognata Eudyptula novaehollandiae dei territori australiani, che dovendo da millenni proteggersi dall’assalto dei marsupiali predatori, hanno imparato a muoversi attraverso la spiaggia verso le coste oceaniche in grandi gruppi capaci di proteggersi vicendevolmente. Mentre nei recessi del più sfortunato santuario di tale categoria, come studiato recentemente dalla Dott.sa Silverlake e colleghi dell’Università Flinders di Adelaide, gli uccelli hanno elaborato tattiche per la protezione del nido che li vedono avvicinarsi con fare minaccioso a chiunque invada i loro territori, lanciando grida di allarme ed agitando le ali con metodologie effettivamente sufficienti ad allontanare i gabbiani o lucertole che potrebbero, idealmente, divorare le loro uova. Pur dovendo risultare presumibilmente poco utili a scoraggiare l’attacco di un mammifero carnivoro interessato alla stessa categoria di bersagli. O gli stessi genitori. Ciò detto è interessante notare, nello studio in questione, la maniera in cui la tutela dei nuovi nati, che vede i pinguini adulti alternarsi nel ruolo di guardiani per periodi sempre più brevi finché i piccoli non verranno lasciati totalmente soli nelle ore diurne, veda un rateo di successo pari a quello antecedente alla costruzione delle passerelle ed il conseguente aumento dei turisti umani a circa 800.000 ogni anno. Giungendo a dimostrare come i minuti sfeniscidi siano perfettamente in grado di resistere a pressioni dovute all’eccessivo affollamento del proprio spazio vitale. Almeno fino al prossimo, abbaiante, apparentemente inevitabile incidente di percorso.
Al che sorge spontanea la domanda del perché le persone coinvolte non abbiano ancora costruito un portale maggiormente restrittivo o tecnologico per mantenere fuori le volpi dall’Isola del Granito. Ma d’altra parte è altrettanto facile comprendere che se ciò fosse stata una priorità delle istituzioni, l’iniziativa sarebbe stata in qualche modo inclusa nei 43 milioni di dollari investiti nella ricostruzione ed ampliamento della passerella del 2021. Mentre l’installazione da parte dei volontari finirebbe per essere considerata immediatamente abusiva nonché inaccettabile nell’ottica di recuperare il corposo investimento effettuato poco meno di mezza decade a questa parte.
Dopo tutto, appare conveniente sottolinearlo, il pinguino minore non è minacciato come specie a livello globale; sono “soltanto” gli esponenti appartenenti alla terra emersa dai grandi macigni che si stagliano contro il mare, ad essere ormai da mezzo secolo sul bilico irrecuperabile dell’estinzione. Dunque, cosa importa? Anche le volpi devono mangiare? Inoltre ci saranno sempre gli zoo dove vederli, dove per inciso uccelli come questo riscuotono da sempre un successo notevole tra i visitatori? In fondo le porte costano. Ma cosa ancor più grave, rallentano il flusso di coloro che giungono sull’isola col portafoglio in mano.