Quattro fiori sulle ali e la visione irrealizzata dell’aereo compromesso all’invasione della Crimea

L’idea che in aeronautica funzionalità e bellezza tendano a muoversi nella stessa direzione viene meno nel momento in cui si prendono in esame determinati ambiti d’impiego, quali il trasporto di carichi pesanti lungo tragitti particolarmente estesi. Quando considerazioni aerodinamiche si scontrano con la necessità di avere spazi cubitali all’interno, ed una forma della fusoliera che permetta il carico e lo scarico di oggetti o veicoli eccezionalmente ingombranti. Così l’An-70, velivolo prodotto dalla Antonov ucraina nella forma dei due soli prototipi nel corso degli ultimi 30 anni, si presenta superficialmente con la forma di un cetaceo marino sovrappeso, il muso bulboso, la carlinga geometricamente sproporzionata nel senso dell’ampiezza e della profondità. Con una concessione, tuttavia, al concetto non del tutto arbitrario di armonia esteriore: l’insolita configurazione dei suoi motori. Quattro D-27 della Ivchenko Progress da 13.880 cavalli, ciascuno collegato a ben due eliche da 8+6 pale a forma di sciabola, in posizione contro-rotativa e situate esternamente alla cappotattura, secondo la logica dei motori a basso consumo di tipo propfan. Il che significa, tradotto in parole povere, che l’aspetto complessivo di tale assemblaggio si distingue nettamente da quello di ogni altro velivolo con turbine rotative, finendo piuttosto per ricordare una girandola o l’infiorescenza di una fantastica pianta decorativa: un loto delle nubi, o iperborea margherita celeste. Giungendo a costituire un tipo di soluzione innovativa e dalle alte prestazioni inerenti, come evoluzione del principio del predecessore Antonov An-22, prodotto in 66 esemplari che iniziarono a essere giudicati obsoleti dall’Unione Sovietica già verso la metà degli anni ’70. Al che sorge spontanea la domanda del perché, esattamente, una delle più famose aziende aeronautiche dell’Europa dell’Est abbia necessitato di oltre 20 anni per raggiungere il completamento del nuovo modello, rimato in seguito e per un tempo altrettanto lungo poco più che un sogno irrealizzabile, almeno per quanto concerneva la sua effettiva produzione in serie. La risposta è duplice e si trova essenzialmente suddivisa in due capitoli, il primo collegato agli imprevisti del destino ed il secondo, come potrete facilmente immaginare visto il nome dei paesi in gioco, di natura maggiormente politica soprattutto a partire dall’ultima decade di eventi internazionali. I contrattempi dunque ebbero inizio già in quello storico 16 dicembre del 1994, corrispondente ad esattamente tre decadi dalla data di ieri, in cui l’originale aereo con numero di serie 01 BLUE decollato dallo stabilimento di Hostomel dimostrò di avere dei problemi alla complessa trasmissione meccanica dei suoi motori, costringendo i tecnici a metterlo a terra per una completa revisione. Ci sarebbero voluti perciò due mesi, fino al 10 febbraio, perché decollasse di nuovo, andando incontro a quello che sarebbe stato il capitolo più nero della sua storia…

Al suo nuovo decollo nel 1995, nessun imprevisto sembrò piagare inizialmente l’utilizzo dell’unico An-70 esistente, che venne utilizzato in una serie di tre test del tutto privi di eventi. La volta successiva tuttavia, durante un trasferimento verso Zhukovsky, vicino Mosca, l’aereo deviò improvvisamente dal percorso pre-determinato, scontrandosi contro l’An-72 che lo stava seguendo per raccogliere i dati del volo. Le conseguenze furono devastanti, con l’immediata distruzione del prototipo, la morte delle sette persone a bordo ed un serio danneggiamento del secondo velivolo, che l’equipaggio riuscì fortunatamente a riportare a terra. Studi approfonditi degli eventi, effettuati a stretto giro, dimostrarono ben presto la natura della casistica come dovuta ad un errore umano, ma il danno d’immagine per la Antonov era ormai stato fatto ed in funzione di esso, si allungarono i tempi per l’approvazione delle commesse. Di un aereo la cui unica versione esistente era nel frattempo diventata l’esemplare 02 BLUE, creato a partire dal prototipo originariamente costruito per le prove a terra, il cui sistema di pilotaggio con automatismi ridondanti mostrò anch’esso dei problemi al primo utilizzo del 24 aprile 1997, costringendo il pilota Oleksandr Halunenko a riportarlo a terra manualmente, un’impresa che gli sarebbe valsa la medaglia di Eroe dell’Ucraina. È comprensibile a questo punto la sussistenza di una certa quantità di dubbi sia da parte di quella che era nel frattempo diventata la Federazione Russa, originale committente del modello, che dei paesi dell’Unione Europea. Tra cui soprattutto la Germania, il cui Ministro della Difesa Volker Rühe aveva dimostrato ancora all’inizio di quell’anno un manifesto interesse nell’acquisizione di un certo numero di esemplari, quando e se l’An-70 fosse finalmente entrato in produzione. Questo nonostante la difficoltà nel rendere conforme il gigante ucraino ai requisiti del programma europeo FLA (Future Large Airplane) che avrebbe in ultima analisi trovato nel 2009 l’impiego dell’Airbus A400M. Ma il vero colpo di grazia finale alla fattibilità del progetto ucraino, nel frattempo aggiornato nell’avionica e sistemi, sarebbe giunto una mezza decade dopo all’invasione russa della penisola di Crimea, quando tutti i progetti di collaborazione tra Russia ed Ucraina nel campo della difesa vennero immediatamente terminati, come già era stato paventato diplomaticamente alla dimostrazione di quest’ultima di un sincero interesse a fare il proprio ingresso nell’alleanza internazionale della NATO. Episodio a seguito del quale, la Russia avrebbe chiesto un rimborso di 2,95 dei milioni di rubli investiti sull’aereo da trasporto alla Antonov, affermando che l’azienda si era ritirata dagli impegni presi in modo unilaterale ed inappropriato. E sembrava che le cose non potessero peggiorare ulteriormente, finché il 24 febbraio del 2024, durante le prime battute dell’operazione speciale/guerra d’Ucraina, le forze putiniane non tentarono con un’operazione congiunta di catturare a sorpresa l’aeroporto di Kiev, finendo notoriamente per distruggere il gigantesco capolavoro dell’ingegneria dell’An-225 Mriya, pezzo unico costruito dall’azienda del gruppo Ukroboronprom. Il che diede seguito a un’indagine e successiva incriminazione della dirigenza, per la sua incapacità di mettere in salvo l’aereo come programmato tramite accordi presi con la Germania, pronto ad ospitarlo, nonché la mancata collaborazione durante la fortificazione della loro sede ai margini del settore civile dell’aeroporto.

Nessun ulteriore An-70, dunque, è stato prodotto e probabilmente non succederà mai più. Il che rappresenta una significativa perdita nella storia dell’aeronautica, non solo per la natura distintiva e caratteristica del velivolo, ma anche le sue prestazioni nettamente al di sopra della media degli apparecchi di questa portata e dimensioni: con 47 tonnellate di carico, tra materiale, munizioni o veicoli, proiettati a 780 Km/h fino all’altitudine di 12.000 metri. Potendo inoltre vantare un assetto stabile anche alle basse velocità, come notoriamente concesso dal sistema delle eliche contro-rotative, una dote particolarmente utile al rilascio di eventuali paracadutisti. Prospettiva, nei fatti, valutata più volte nel corso del suo lunghissimo tour dimostrativo. Ma le esigenze percepite di particolari forze politiche, tanto spesso, possono dominare il corso pre-determinato degli eventi. E la dove qualcuno cerca l’ultima realizzazione, cessano le moltitudini, perdendo rilevanza. Saranno per lo meno i posteri, un giorno, a poter esprimere l’ultimo giudizio. Dall’alto delle loro straordinarie ed altrettanto (?) inusitate macchine volanti.

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