L’oblungo re dal muso equino che sovrintende al popolo dei salmoni marini

Fulmine-che-cresce si alzò in piedi sulla piccola canoa di legno, nel tentativo d’individuare il segno rivelatore. Secondo l’usanza Qwidicca, delle genti “degli scogli e i gabbiani” il suo piano era contare gli sbuffi prodotti dal grande abitatore delle profondità, al fine di determinare se fosse appropriato scagliare il proprio arpione nel fianco della balena. Gli spruzzi delle onde rendevano più arduo compiere l’impresa, mentre persino Piccolo-lupo, il suo compagno in questa caccia necessaria alla sopravvivenza del villaggio, sembrava scomparire in mezzo alla foschia mattutina della baia di Neah, verso le propaggini di quello che gli Europei avevano iniziato a chiamare il canale di Vancouver. Scorto all’improvviso un dorso scuro della lunghezza di almeno un paio di metri, sollevò impugnando lo con ambo le mani il suo appuntito arpione in legno: egli ben conosceva il rischio, sempre presente, che la coda del cetaceo colpisse la canoa, causandone il rovesciamento e conseguente naufragio. Ma mentre guardava verso Piccolo-lupo, nella speranza che il compagno fosse al sicuro, scorse qualcosa di spaventoso ed altrettanto inaspettato. L’animale marino a ridosso del suo scafo non era infatti ciò che gli era parso in un primo momento, bensì un pesce oblungo dal grande occhio gelatinoso, il volto cavallino, la cresta lungo l’intera estensione assai più simile al profilo di una catena montuosa. Entrambi si trovavano, in effetti, al cospetto di un sacro spirito protettore: il Re dei Salmoni, che conduceva i suoi soggetti fino all’imbocco dei fiumi. Lanciò un grido d’avviso, sperano di essere abbastanza udibile tra lo scroscio incessante degli elementi. Poi, lo vide. Dal fondo della sua imbarcazione, l’amico aveva sollevato un lungo tubo metallico, l’arma tonante dei bianchi provenienti da Est. In qualche modo, in qualche momento, Piccolo-lupo si era procurato un fucile. E non avendo ancora compreso l’effettiva situazione in essere, aveva tutta l’intenzione di usarlo! Mentre si apprestava ad allineare quel bastone demoniaco al sovrano, Fulmine-che-cresce gridò ancora, capì di non essere stato udito. In un ultimo gesto disperato, lasciò cadere l’arpione in mare ed impugnò con entrambe le mani i remi. Se quello che temeva fosse capitato, molto probabilmente, il suo intero popolo ne avrebbe pagato le conseguenze…
Lungamente si era discusso secoli prima di quel momento, nella teologia, di un mondo all’altro capo dell’Atlantico, del serpente marino o manifestazione subacquea dell’Apocalisse. Fino a raggiungere il consenso che sebbene fosse impossibile verificare i racconti dei pescatori, qualcosa d’ineffabile ed inconoscibile la sotto persisteva realmente. Una creatura che attorno alla metà del XIX secolo, fu possibile identificare nei mega-pesci lampriformi della famiglia Regalecidae, capaci di raggiungere la lunghezza di 8 metri. Sulle coste del Pacifico, dell’Atlantico e di più distanti oceani più recentemente raggiunti dalla società dei Lumi, ne persisteva tuttavia un possibile fratello minore, quello che nel 1859 sarebbe stato classificato dall’austriaco Kner come il Trachipterus altivelis o pesce a nastro gigante. Fino a 2 metri (sebbene persistessero esemplari più imponenti) di assoluto e strabiliante Terrore…

“Se il re dei salmoni muore, gli amati pesci argentei non potranno più trovare l’imbocco dei fiumi.” Era un detto frequentemente ripetuto dalle genti delle coste dello stato di Washington, tra cui le tribù destinate a diventare collettivamente note come Makah ovvero “coloro che nutrono”, a causa di una rinomata generosità nei confronti dei loro vicini. Sussiste tuttavia la possibilità che pesci di siffatta natura, nonostante la rarità dell’incontro con gli umani a causa delle profondità abitative collocate attorno ai 900-1.000 metri sotto il livello del mare, fossero una vista relativamente comune anche all’altro lato del continente americano e particolarmente nell’area di Capo Ann, presso la parte settentrionale del Massachusetts. Ove si affermò tra il 1817 e l’anno successivo una popolare leggenda, relativa ad un maestoso serpente che seguiva le navi. Un pesce, assai probabilmente, della lunghezza stimata di 18 metri (si sa che i marinai tendono ad esagerare le proporzioni) la schiena bitorzoluta e soprattutto, l’improbabile faccia di un cavallo. Che poi questo concetto, per quanto in apparenza improbabile in base alle regole apparenti dell’evoluzione, trova una realizzazione pratica nella particolare conformazione della mandibola dei Trachipterus, che come i loro colleghi pesci a nastro più piccoli, possiedono un muscolo sternoioideo particolarmente sviluppato ed una cavità al di sotto dei processi temporali cranici, così da permettere all’intero meccanismo della bocca sottostante di capovolgersi e dispiegarsi letteralmente, spalancando quando necessario l’intera parte frontale della testa, nella ragionevole imitazione di un aspirapolvere marino. Creando in tale modo un vuoto di pressione, utile a succhiare le prede preferite di piccoli pesci, cobepodi e altri membri della collettività planktonica, affrettando poco dopo la chiusura di quel pertugio infernale. In tal senso tipici abitanti di medie o grandi dimensioni dell’ecozona pelagica, i re dei salmoni devono guardarsi unicamente da predatori come gli squali più imponenti, il sauro feroce (Alepisaurus f.) e naturalmente l’uomo, che fuori dalle credenze ereditarie dei veri popoli americani, non si è mai fatto problemi particolari nel catturare e consumare strani pesci dall’aspetto appetitoso che restavano impigliati nelle proprie reti a traino, come può capitare occasionalmente con i membri del genere Trachipterus che effettivamente condividono il proprio territorio coi salmoni prossimi alla migrazione riproduttiva. Per quanto concerne d’altro canto l’effettiva estensione dell’areale dell’effettivo sovrano, la questione è ancora oggi incerta a causa della poca facilità nell’incontrare e identificare il pesce, sebbene specie simili al T. altivelis siano lungamente attestate fino in Giappone (T. ishikawae) nel Circolo Polare dove prende il nome di dealfish (T. arcticus) e nei mari subtropicali finanche in Australia (T. Trachypterus).

Pur essendo lungamente collegato al sistema di credenze del popolo settentrionale dei Qwidicca/Makah, il Re dei salmoni sembra d’altro canto preferire per l’accoppiamento i mari caldi dell’emisfero settentrionale, dove si reca nelle proprie migrazioni per deporre gruppi di uova pelagiche dal diametro univoco di 2,6-3,7 mm. Queste capsule una volta schiuse, lasciano a quel punto fuoriuscire larve argentate con piccole macchie lungo i fianchi, concettualmente non dissimili dai piccoli di anguilla o del sopracitato Regalecidae (vedi precedente articolo sul pesce remo). Ed alla fine, quale vuoi che sia la reale differenza? Quando un membro serpentino delle schiere inusitate giunge in questo mondo, sa soltanto che dovrà affrettarsi a muoversi o lasciarsi trascinare via dalla corrente. Poiché restare immobili è sinonimo di essere cibo per chi ha già sorpassato quella fase incerta delle sue lungaggini esistenziali. Nel vasto mare puoi soltanto morire presto. O, in alternativa, vivere abbastanza a lungo da diventare un sovrano.

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