Pareti millenarie della grotta che ospita la prima raffigurazione di un porciglione mannaro

Una delle credenze alla base dell’antico sistema religioso dei San, l’etnia sudafricana oggi identificata con il termine ad ombrello di boscimani, era che gli sciamani, uomini della pioggia o guaritori potessero cambiare le proprie sembianze, ogni qualvolta lo desideravano, in creature animali di varia tipologia o natura. Un potere non distinto dall’ordine primordiale delle cose, bensì strettamente intessuto ad esso, tanto da poter costituire una via d’accesso al regno superno degli spiriti e degli antenati: canti, danze o un preciso copione d’invocazioni portavano lo stato di meditazione fino alle più estreme conseguenze. Quindi, al sollevarsi della Luna, anche l’anima lasciava il corpo del praticante. Reincarnandosi temporaneamente in quella di tutt’altra creatura. È per questo che nel corso dell’esplorazione archeologica delle principali catene montuose dell’area delle Drakensberg e di Lesotho, è stato possibile quantificare in diversi anfratti l’effettiva conoscenza ecologica di queste persone, attraverso le figure tracciate sulla pietra, con pigmenti di origine animale o vegetale, di agenti presso il regno sovrannaturale, per metà persone e per metà… Dipende. Non è semplice facile capirlo: nelle membra che si fondono a diventare ali, code, pinna e corna non è infrequente che sussistano caratteristiche riconducibili a specifiche famiglie, persino generi di creature. Ma era del tutto inaudito, fino all’ultimo studio scientifico pubblicato sull’argomento, che risultasse possibile comprendere l’esatta specie di un determinato soggetto animale.
Eppure questo fanno, nell’articolo di fine agosto (vedi) pubblicato sulla rivista Rock Art Research, Charles W. Helm, Andrew Paterson e Renée Rust dell’Università Nelson Mandela, nel catalogare le figure individuate in una nuova caverna nella regione Langeberg/Outeniqua, situata ad est del fiume Gouritz. Per le evidenti caratteristiche di quello che si presenta come un uccello con prevedibili tratti antropomorfi, ma anche una forma, proporzioni e soprattutto una livrea delle sue piume chiaramente riconducibili ad un particolare tipo di rallide o porciglione, piccolo uccello gruiforme dalla forma particolarmente sfinata, la cui conoscenza sarebbe stata formalizzata in Occidente non prima del 1773, attraverso un dipinto ad acquerello del naturalista Georg Foster, in viaggio verso l’Australia assieme al grande esploratore James Cook. Ecco dunque il Rallus caerulescens, traformato nell’evidente prova di una conoscenza indigena della natura in merito a questioni osservabili con oggettività, cronologicamente antecedente forse di secoli, se non millenni rispetto a quella dei più colti tra i coloni europei delle terre d’Africa meridionale. L’indiscutibile affinità con coloro che vennero prima, i pervasivi e onnipresenti esseri creati da Kaggen, il demiurgo supremo…

La questione della datazione delle pitture parietali San, come potrete immaginare, non è sempre semplice ed in effetti Helm e colleghi omettono nel proprio studio un qualsivoglia tentativo di qualificare in tal senso l’interessante raffigurazione di quello che comunque riconoscono, al di là di ogni ragionevole dubbio, come un rallo africano. Volatile capace di procacciarsi il cibo camminando con piedi leggeri nella palude, mentre s’inoltra nel canneto facendo affidamento sulla propria forma piatta in senso longitudinale, l’appuntito becco vermiglio intento a frugare in mezzo alla sabbia ed il sostrato vegetativo. Una caratteristica anatomica, quest’ultima, visibilmente assente nell’immagine sopra riportata con quella che potrebbe essere una scelta voluta dall’artista, compatibilmente con i molteplici esempi ritrovati degli uomini-falco ed uomini-rodine provenienti dallo stesso sistema di religioni e credenze folkloristiche popolari. Così come parimenti motivata potrebbe essere l’assenza di un artiglio rivolto verso dietro nelle zampe artigliate dell’uccello, qui raffigurate in modo maggiormente riconducibile a quello di un paio di mani o piedi umani. Senz’altro degne di nota le linee oblique che paiono irradiarsi dalla testa del soggetto, forse utilizzate per riferirsi al caratteristico richiamo territoriale, articolato e melodioso, di questi pennuti. La cui espressione poteva costituire l’effetto udibile del num, o energia vitale. Ma la cosa che maggiormente colpisce, nella capacità di rendere quello che in campo ornitologico viene definito il jizz (senso generale) di una specie sopra ogni altra, è il fianco ricoperto di strisce verticali, un tratto di mimetizzazione presente in questo areale soltanto in tre altri casi: i piccoli di schiribilla grigiata (Zapornia pusilla) la femmina di rallo codacastana (Sarothrura affinis) e quella di rallo macchiefulve (S. elegans). Poiché tuttavia nei primi due casi il disegno si presenta molto tenue, mentre nel terzo si estende fino al petto, gli studiosi risultano piuttosto inclini ad escludere la possibilità che l’autore fosse intenzionato a rappresentarli a discapito del caerulescens. Da studi condotti per inferenza sugli attuali discendenti degli antichi San, si è del resto dimostrata la loro capacità ereditaria d’identificare con precisione fino a 65 uccelli sui 74 presentati dagli studiosi. E questo anche a partire da immagini statiche, piuttosto che facendo affidamento su suoni registrati o l’opportunità di vederli in movimento. Il fatto che un rallo come questo possa comparire a guisa di mutaforma, d’altra parte costituisce un aspetto senza precedenti, che getta luce su importanti connotazioni del potenziale ruolo culturale posseduto da questi uccelli…

L’assenza di un sistema di scrittura o testimonianze tangibili oltre alla pittura parietale, del resto antica fino alla data assolutamente impressionante di 73.000 anni a questa parte (grotta di Blombos, Capo Agulhas) non ci aiuta molto in tal senso. Ma è stato ipotizzato che la figura piatta del rallo richiami la possibilità di inoltrarsi nelle intercapedini dell’universo, spostarsi oltre le pieghe stesse dell’esistenza. In base alla progressione mentale secondo cui mimesi o somiglianza implicano correlazione, riqualificando il mondo come una complessa ragnatela d’interconnessioni latenti. Ove ogni cosa non soltanto accade per una ragione, ma lo stesso rapporto di causa ed effetto può essere modificato tramite l’esecuzione di comprovati rituali. Vedi quello spesso utilizzato per la pioggia, in cui lo sciamano mutaforma sognava di trasformarsi in un carnivoro e inseguiva una delle grandi antilopi eland (Tragelaphus oryx) nell’infinita vastità della savana celeste. Affinché il sangue della preda, ricadendo sulla Terra, irrigasse i campi e le coltivazioni del suo popolo. Possibile che il sacro rallo, utilizzando un diverso tipo di strategia, potesse assisterli nell’ottenere lo stesso?

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