Il senso stesso della capra che ha (letteralmente) il ritmo della musica nel sangue

La “mucca per persone meno abbienti”, come veniva tradizionalmente soprannominata entro i confini del subcontinente ed oltre, avrebbe guadagnato una vera e propria dignità culturale nel Pakistan moderno soltanto successivamente al 2011, con l’istituzione del primo concorso dedicato grazie all’Università Agraria di Faisalabad. Diversamente da quanto avveniva in precedenza, con gli animali fatti competere in maniera secondaria nel corso di riunioni dedicate a bovini, ovini, cavalli. Occasione durante la quale oltre 700 esemplari furono valutati in base a bellezza, dimensioni, ubbidienza, produzione di latte e nel caso di una razza particolare, stile nella portare a termine la sfilata. Ciò in quanto nel paese confinante a sud con l’India, e soltanto in esso, figura la categoria del tutto creata dall’uomo di un tipo di quadrupede incline a mantenere la cadenza dei suoi passi ogni qual volta effettua spostamenti da un punto all’altro. Mentre fa oscillare in modo estremamente prevedibile la propria testa, coda e fianchi: non c’è grade differenza, in effetti, nel comportamento deambulatorio di queste creature rispetto a quello indotto negli equini durante le competizioni di dressage, tranne che in quel caso è compito del cavaliere dare inizio, continuità e fine ai passi di danza. Mentre per le capre Nachi, il cui nome in Urdu ed Hindi vuole dire letteralmente “Ballerina”, il ritmo è una condizione pura e semplice dell’esistenza, a tutti gli effetti l’unica maniera in cui possono vivere l’essenza pura e semplice dei propri giorni. Siamo qui al cospetto, volendo adottare un punto di vista oggettivo, ad una casistica piuttosto simile a quella delle capre miotoniche del Tennessee, selezionate tramite l’allevamento a partire dalla metà del XIX secolo proprio in funzione di un tratto genetico non necessariamente desiderabile, ma capace di renderle in qualche maniera contro-intuitiva interessanti, bizzarre o divertenti per l’uomo. Sebbene sia del tutto ragionevole affermare che lo svenimento di queste ultime nei momenti di eccitazione, caratteristica non del tutto inaudita in natura, possa in determinate circostanze risultare utile a scoraggiare o ingannare gli eventuali predatori. Mentre una delle loro cugine di quei lidi distanti, se lasciata in via del tutto ipotetica a se stessa, difficilmente potrebbe sopravvivere potendo fare affidamento sulle proprie limitate predisposizioni deambulatorie. Il che è d’altronde una visione del tutto ipotetica, quando si considera il valore rappresentato dagli esemplari puri di questa razza, detentori di una tecnica nel muovere le proprie zampe a tutti gli effetti senza pari, risultando impossibile da replicare altrove…

In Pakistan, come molti altri paesi con industrie agrarie sviluppate ed a maggioranza islamica, esistono essenzialmente due tipologie di capre: quelle giudicate adatte per il sacrificio annuale della Eid al-Adha ed altre semplicemente troppo preziose, per essere immolate nella sincera commemorazione del gesto che fu quasi compiuto da Abramo a spese di suo figlio e per volontà di Dio. Con talune discendenze della pregiata razza gigante Beetal, ivi incluse le Nachi, che rientrano a pieno titolo nella prima categoria, potendo raggiungere oggigiorno il valore 500.000-1.000.000 di rupie nei casi più estremi, collegate ai diretti discendenti di campioni precedentemente iscritti negli albi di maggior pregio. Questa intera tipologia di capre si presenta di suo conto con l’aspetto assai diverso dalle più comuni razze Teddy e Gulabi, a partire dalle proprie dimensioni di fino a 100 cm al garrese e ben 200 Kg di peso grazie a una dieta specifica, senza dimenticare la particolare forma del cranio “a pappagallo” dotato di una caratteristica escrescenza gibbosa in corrispondenza del setto nasale. Di grande rilievo anche le orecchie lunghe, morbide e sottili posizionate a lato della testa, che vengono frequentemente utilizzate dagli allevatori come una sorta di briglia naturale, per dirigere e guidare il forte animale. Non che tale necessità si palesi spesso, vista la natura tendenzialmente mansueta delle danzatrici, unita ad un marcato spirito del branco che ne avvicina il comportamento a quello degli ovini, oltre ad offrire l’opportunità di ancor più scenografiche sfilate di fronte all’ampio pubblico che spesso viene ad osservarle, quando ne viene ufficialmente offerta l’opportunità. Sempre e comunque un’occasione di festa, durante cui i quadrupedi vengono ornati con nastri e campanelli, per accentuarne le movenze e quelle giudicate migliori ricevono in premio un particolare tipo di turbante, concepito per poggiare sulle loro corna piccole e ritorte, puntate perpendicolarmente verso il cielo. Il che costituisce, resta sempre importante sottolinearlo, la celebrazione da parte umana di quello che purtroppo resta un difetto genetico non privo di problemi accessori per queste notevoli creature, giacché la Nachi ha notoriamente un’ossatura delicata con scapole strette che ne limitano i movimenti, risultando suo malgrado incapace di correre e saltare con agilità paragonabile ad altre varietà caprine. Il gene che le porta inoltre a “danzare” potrebbe inoltre avere effetti neurologici di natura non del tutto definita, sebbene queste creature riescano generalmente a mantenersi in ottima salute, per tutti i loro 10-15 anni di durata della vita media. Il che è molto più di quanto possano affermare per i propri beniamini i padroni di cani delle cosiddette razze pure, con i loro ben noti problemi ossei, neoplastici o respiratori. Poiché parecchio si può dire sui possibili errori a cui ha portato la selezione naturale nella specializzazione di determinate categorie di bestie, come avviene per la delicatezza del cavallo o la limitata dieta del panda gigante… Ma è indubbio che l’uomo ai comandi, da quando si è preso la briga di assumere il controllo, possa perseguire i propri obiettivi programmatici con un grado ancor più basso di lungimiranza.

Va da se a questo punto, che la capra Nachi assieme ad altre varietà pregevoli della Beetal, abbia ormai da molte generazioni superato gli stereotipi dell’Asia Meridionale in merito al ruolo riservato ai suoi simili, presenze costanti ma non certo poste sopra un piedistallo negli allevamenti di questo paese. Quel popoloso Pakistan il quale, anche in assenza di un’industria zootecnica particolarmente avveniristica, si trova oggi al terzo posto tra i paesi di tutto il mondo per numero di esemplari caprini mantenuti in un anno, dopo soltanto la Cina e l’India. Con 60 milioni di capi, contro i 17,86 dell’intera Europa e gli appena 3,1 degli Stati Uniti, che notoriamente preferiscono i vantaggi che derivano dal nutrire e far riprodurre i bovini.
Ove sacro e profano non entrano frequentemente nell’odierna discussione, visto il modo in cui tali propensioni siano semplicemente iscritte, con l’alfabeto della Storia, nei trascorsi di un popolo e dei suoi insigni predecessori. Ma chiunque può apprezzare, con il giusto atteggiamento, una capra che percorre le inascoltate note di una musica che aleggia nell’aere latente! Giacché andare troppo a fondo in materia di etica e il valore della vita intonsa da influenze esterne, in ogni religione di questo variegato mondo, tende spesso a rivelarsi controproducente. Il segreto è contenuto nella scelta della giusta melodia, tentando per quanto possibile di evitare le esagerazioni.

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