Un icnofossile costituisce, nello studio della biologia sparita, il tipo di traccia lasciata inconsapevolmente da un essere vivente, prima che il presentarsi di particolari condizioni climatiche, geologiche o situazionali possano permettere a tali testimonianze di entrare a far parte di un sostrato immutabile, capace di oltrepassare integro il ponderoso volgere dei millenni. O interi eoni, addirittura, ovvero molte volte gli anni trascorsi dall’inizio dell’umana civilizzazione, così come potrebbe capitare dopo l’esaurimento delle nostre innumerevoli aspirazioni, oltre le ceneri di tutto ciò che è stato, sussiste ancora o potrebbe palesarsi a beneficio dei nostri predecessori. In circostanze come quelle della celebre formazione rocciosa di Cal Orcko, dalla lingua quechua “Cal Urqu” o “Colle Calcareo” sebbene non sia la sua mera composizione a costituire il fondamento dell’importanza concettuale di questo sito. Bensì la caratteristica che emerge, già a parecchi metri di distanza, in questo sito poco fuori la capitale Sucre della Bolivia, non appena la si osserva con la giusta luce o inclinazione a notare i particolari: le almeno 5.000 o fino a 10.000 impronte, molte delle quali perfettamente visibili, di quelli che possiamo facilmente identificare come grosse creature preistoriche, ovvero in altri termini, gli abnormi dinosauri al centro delle nostre ipotesi e fantasie, ormai da plurime generazioni di approfondite deduzioni. Nessuna maggiormente approfondita, o utile, del tipo derivante da questa tipologia di tracce, letterale cronistoria cristallizzata non di un singolo momento ecologico bensì una serie distinta, sovrapposti uno all’altro e inclini a emergere attraverso la progressione delle decadi, come nella successiva esfoliazione di una cipolla. Siamo effettivamente qui davanti ad una situazione rigorosamente in divenire, causa processi d’erosione e terremoti che sostanzialmente non hanno mai avuto fine, per non parlare delle vibrazioni prodotte dalla vicina miniera della compagnia produttrice di cemento Fancesa. Il che tende a lasciare inevitabilmente perplessi: come può essere che non siano state vietate operazioni di questo tipo, a pochi metri da una zona d’importanza inalienabile dell’antichità stimata di almeno 65 milioni di anni? Senz’altro c’è qualcosa d’insolito in tali circostanze, come del resto niente di prevedibile può essere notato in merito alla storia pregressa di questo luogo unico al mondo. Quando nel 1994, attirato dalle storie degli operatori di scavo che circolavano ormai da oltre una decade, il paleontologo amatoriale Klaus Pedro Schütt non si recò a scattare alcune foto della parete calcarea, inviandole presso destinatari appartenenti alla scena accademica internazionale. Il che avrebbe suscitato l’interesse, ed in seguito motivato la visita in prima persona da parte del Prof. Christian Meyer, studioso svizzero destinato a pubblicarei primi lavori sull’argomento. Semplicemente il giacimento d’icnonofossili più esteso, ed uno dei maggiormente rilevanti in assoluto, nell’intera storia della paleontologia umana…
Si tratta dunque di una parete in pietra calcarea lunga 1.200 metri ed un tempo orizzontale, prima di essere sollevata per l’effetto della deriva dei continenti all’attuale pendenza media di 73 gradi diventando alta 80 metri, sopra cui appaiono 464 traiettorie visibili di fino a 300 specie distinte di dinosauri, molti dei quali cristallizzati mentre erano intenti a inseguire una preda o sfuggire da uno dei loro predatori naturali. Come nel caso dell’esemplare subadulto Johnny Walker, l’iconico T-Rex subadulto di cui un’intera sezione di tracce è purtroppo franato nella valle nell’estate del 2011, un destino che potrebbe toccare un giorno in sorte ad altri significativi tratti della collina. Ma non sempre con conseguenze nefaste, in quanto come dicevamo questa formazione in parte composta da dolomiti, marne e argille intercalate non costituisce un tutt’uno uniforme, quanto il susseguirsi di una serie sovrapposta di strati, ciascuno corrispondente ad alla fotografia specifica di un singolo momento o evento. Questo per le fluttuazioni climatiche sperimentate nella regione di Cal Orcko, adiacente ad un vasto lago oggi scomparso, che occupava una percentuale importante della Bolivia al termine dell’epoca del Cretaceo. Periodo in cui, nel ripetuto susseguirsi di periodi piovosi e successivi anni di siccità, il suolo argilloso agiva come cemento a presa rapida nella conservazione delle impronte, in seguito coperte da uno strato ulteriore di terra umida, pronta ad accogliere la prova del passaggio delle specie animali occupanti un ramo successivo del grande albero dell’evoluzione. Ragion per cui, qui è possibile notare il passaggio di sauropodi erbivori, come il gigantesco Titanosauro, accanto ai grandi predatori teropodi tra cui il sopracitato Walker, oltre agli agili e successivi ornitopodi per non parlare di specie a noi più familiari, come tartarughe, coccodrilli e tracce di alghe del periodo Cretaceo Superiore. Un’opportunità, insomma, di fare chiarezza sulla presenza d’innumerevoli presenze precedentemente insospettate in Sudamerica, nonché nozioni di tipo ecologico sul loro stile di movimento e le possibili interazioni vissute nelle loro epoche terribilmente remote. Completano l’offerta alcune ossa di pterosauro, ritrovate nei depositi antistanti a quella che la stampa divulgativa avrebbe cominciato presto a soprannominare, non senza ragione, come la “Pista da ballo dei dinosauri”.
C’erano chiaramente grandi presupposti turistici e il governo boliviano, dopo un decreto supremo del 1998 mirato a definire il sito come località protetta d’importanza nazionale, avrebbe posto le basi all’inizio degli anni Duemila di quello che sarebbe diventato entro la metà della decade successiva il Parque Cretácico, un interessante museo a cielo aperto con un’ampia varietà di statue dedicate alle diverse specie di dinosauro individuate grazie alle tracce adiacenti. Ma continuando a non far nulla, fattore imponderabile, per le vicine operazioni degli odierni giganti tecnologici, le ruspe ed altri apparati di scavo della fabbrica di cemento di Fancesa.
Viviamo in fin dei conti un attimo preciso, quel momento sospeso tra l’apparizione e la scomparsa di un qualcosa che soltanto in parte può influenzare le cognizioni latenti della nostra esistenza terrena. E non sempre riesce facile, né possibile, modificare i processi latenti al fine di prolungare quel sistema nozionistico preminente. La Bolivia, come paese in rapida via di sviluppo, trova nel turismo soltanto una parte dei propri mezzi di sostentamento corrente. E la proposta di nomina a patrimonio naturale tutelato dell’UNESCO, effettuata già nel remoto 2003 come riportato sul sito della prestigiosa organizzazione, tarda ancora oggi nel sortire alcun tipo di formale nomina o effetto normativo evidente.
I dinosauri, d’altra parte, ci avevano già lasciato da fin da tempo immemore prima dell’apparizione dei nostri predecessori. Che differenza potrebbero rappresentare qualche centinaio delle loro inanimate, ormai non più mutevoli impronte?