Immaginate adesso se l’intera moltitudine di un formicaio, durante le proprie operazioni diurne, cominciasse a emettere un qualche tipo di rumore. Come una sorta di ronzio insistente, un chiacchiericcio fastidioso, il ripetuto squillo roboante di un’acuta sirena… Di sicuro, questo priverebbe i giovani esponenti della specie umana di uno dei piaceri più inerenti del vivere in (parziale) natura, l’osservazione di un gruppo di minuscole entità distinte, cionondimeno perfettamente in grado di lavorare assieme ad uno scopo comunitario. Trovarsi molto in alto ha d’altra parte i suoi vantaggi, e può permettere a una vasta varietà di esseri o creature di essere stravolte nelle proporzioni. Trasformando in imenotteri, persino veicoli dotati di un volante, quattro ruote ed una sorta di “antenna” sul tettuccio non più apribile che tende a caratterizzarle. Trattandosi nel caso specifico, di vetture elettrice Jaguar I-Pace, dal tipico colore bianco diventato un quasi sinonimo, a San Francisco, dell’ex-costola di Google, Waymo, probabilmente l’entità aziendale che ha fatto di più negli ultimi 15 anni per far affermare la guida autonoma in una grande città dell’emisfero occidentale. Sebbene nulla di simile fosse mai successo, prima della fine dello scorso luglio in questo parcheggio della zona residenziale SoMa (South of Market) ove gli abitanti dei palazzi limitrofi hanno cominciato a svegliarsi ripetutamente nelle ore più buie della notte. Al riecheggiare, massiccio ed insistente, del tipico verso veicolare. Un vero e proprio concerto di clacson, è ciò di cui stiamo parlando, qualcosa che in circostanze per così dire umane difficilmente avrebbe avuto la ragione di generarsi. Soprattutto nella consapevolezza dei propri simili che in tranquillo stato d’incoscienza, si preparavano ad un’altra lunga giornata d’impegni entro i confini della Parigi dell’Ovest statunitense. E poi, perché mai emettere un tale baccano, durante le operazioni relativamente semplici di una manovra di parcheggio? E perché poi farlo sempre ed esclusivamente quando la Luna è situata in alto nel cielo, quasi a incrementare l’effetto straniante desiderato nei confronti delle vittime situazionali delle circostanze… La realtà, come spesso capita in ambito informatico e dell’intelligenza artificiale, è da ricercarsi nella programmazione. Quel vasto libro di criteri che governa, in ogni varietà di circostanze, l’effettivo comportamento di un qualsiasi essere artificiale…
Molto discusso nel corso delle ultime settimane, il caso delle Waymo per così dire “musicali” si è configurato a partire dalla narrazione di una youtuber, Sophia Tung, la quale abitando sopra il parcheggio incriminato aveva già iniziato a pubblicare una diretta ragionevolmente ininterrotta delle scene visibili fuori dalla sua finestra. Con tanto di musica lo-fi di sottofondo, nonché vari riferimenti ai memi internettiani di varie epoche nei titoli degli spezzoni maggiormente significativi forniti a corredo. Almeno finché l’emersione del problema polifonico non ha catturato l’attenzione di diverse emittenti televisive, generando interviste che avrebbero finalmente portato la Waymo, con prontezza ragionevole, ad implementare una funzionale soluzione. Ma per comprenderne a pieno il funzionamento, sarà opportuno a questo punto analizzare almeno in parte l’origine effettiva di una tale circostanza, che pur essendo evitabile traeva l’origine, quanto meno, da un encomiabile quanto necessario riguardo nei confronti della prudenza stradale.
Creare una logica di comportamento per automobili a guida automatica è un processo prevedibilmente complesso, che si è dimostrato percorribile nel caso dell’azienda californiana tramite una lunga serie di esperimenti. E letterali miliardi di ore trascorse in un simulatore, per la “mente” comune della propria pletora di arnesi veicolari, oggi concentrati primariamente nella flotta qui osservata di Jaguar I-Pace. Un processo mirato alla verifica di un comportamento opportuno da parte dell’intelligenza dei robotaxi alle prese con la natura tipicamente imprevedibile dei loro co-utilizzatori delle vie cittadine, i puri e semplici, talvolta inesperti o irragionevoli esseri umani. Il che rientra a pieno titolo nel nesso della casistica in questione, giacché fino al momento in cui le automobili senza guidatore saranno le uniche ad occupare tali sentieri, esse dovranno necessariamente interfacciarsi, e comunicare con esseri biologici fatti di carne e sangue. Che non possono, a differenza di loro stesse, vedere tutto quello che succede in ogni momento in un arco ininterrotto di 360 gradi. Difficile non ricordare, a tal proposito, l’incidente verificatosi l’8 novembre del 2017, primissimo giorno di sperimentazione dell’avveniristico servizio di minibus autonomi di Las Vegas. Quando un autoarticolato intento a fare marcia indietro urtò, causa impossibilità di avvistarlo, uno dei costosi veicoli autorizzati dall’ufficio del sindaco. Laddove un guidatore al posto di comando, presumibilmente, avrebbe di suo conto utilizzato la segnalazione acustica per scongiurare il significativo imprevisto. Ed ecco perché, non appena rilevano qualcuno o qualcosa che si avvicina progressivamente al proprio parafango anteriore, le auto Waymo inviano due brevi segnalazioni acustiche, effettivamente distinte dalla suonata più lunga prevista nel caso in cui un’altra vettura ostruisca per più di 15 secondi la carreggiata. Peccato che, probabilmente ancora adesso, non sia stata prevista la capacità di riconoscere la natura anch’essa autonoma dell’eventuale controparte oggetto di tale exploit sonoro. Tale da renderne completamente inutile se non addirittura deleterio l’impiego, molto probabilmente processato sul gradino più basso delle priorità in possesso dell’intelligenza artificiale, soprattutto nel momento in cui svariate dozzine di automobili fanno ritorno tutte assieme o partono alla stessa maniera, al volgere di una completa giornata di robotico “lavoro”.
La più probabile soluzione implementata, dunque, in tempi tanto brevi dalla Waymo? Per quanto ci è dato immaginare, meramente escludere il parcheggio a SoMa dall’impiego di questo particolare meccanismo di sicurezza. Essendo esso nella sua interezza noleggiato, allo stato attuale, come luogo di sosta temporaneo nelle ore di minore utilizzo ed a ricarica completata delle sue vetture, in una delle stazioni numericamente limitate situate in altri luoghi della città. Il che rientra a pieno titolo in una logica di mantenimento di elevati standard di sicurezza, visto come le auto autonome non possano in alcun modo rinunciare ai meriti situazionali dell’uso dell’avvisatore acustico. E dovrebbero in futuro, idealmente, imparare a reagire in modo più rapido e funzionale al suono di una sirena in arrivo, lasciando doverosamente il passo ad ambulanze, camion dei pompieri, polizia. Eventualità ancora presumibilmente remota, quando si considera la facilità, riportata da diversi utenti nelle loro esperienze, con cui vetture di siffatta natura tendano ad occupare senza pregiudizi corsie dedicate ai servizi d’emergenza, ove la sosta sarebbe rigorosamente vietata. È altresì indubbio come taluni problemi sembrino ancora troppo difficili da risolvere mediante l’implementazione di mere norme comportamentali digitalizzate. E di sicuro ci vorranno ancora anni, perché tutti siano lieti di affidare la propria incolumità ad un’automobile in cui il volante ed i pedali si muovono autonomamente, come nella versione futuribile di un qualche tipo di possessione intradimensionale apparente.