Per l’intero estendersi del periodo storico noto come guerra fredda, molti scenari di un’ipotetico peggioramento della situazione ruotarono attorno ad un particolare territorio situato al confine tra i due mondi avversi: il valico di Fulda, o breccia di Francoforte sul Meno. Un percorso pianeggiante, circondato da colline e montagne, tra lo stato di Hesse e la Turingia, che avrebbe potuto permettere idealmente la realizzazione di una rapida avanzata di carri armati dai paesi del patto di Varsavia verso il blocco della NATO, replicando la terribile efficacia del Blitzkrieg tedesco all’inizio della seconda guerra mondiale. Molti complicati progetti e letterali milioni di dollari furono perciò investiti, nel corso delle decadi, al fine di sviluppare valide contromisure nel realizzarsi di un tale scenario, coinvolgendo tra gli altri il fluido know-how della DARPA, l’Agenzia statunitense per la Ricerca delle Armi Avanzate. Assault Breaker sarebbe stato il nome del suo contributo teorico di maggior rilievo a tal fine, un progetto d’integrazione che avrebbe visto la perfetta collaborazione di sistemi d’artiglieria e bombardieri strategici con svariate metodologie di sorveglianza in tempo reale del campo di battaglia, una buona parte delle quali sostenute dall’impiego della nuova tecnologia per i velivoli stealth. Gli aerei invisibili ai radar, dunque, avrebbero sorvolato il campo di battaglia, inviando informazioni aggiornate al comando centrale, in un nuovo tipo di guerra in cui il nemico sarebbe stato costretto a giocare a carte totalmente scoperte. Due erano, sul finire degli anni ’70, i principali prototipi che avrebbero potuto rivestire quel ruolo: l’angolare e problematico Lockheed XST della Skunk Works, nome in codice Have Blue, che avrebbe in seguito dato i natali all’iconico F-117 Nighthawk; e sul fronte della Northrop di Hawtorne, California, un altro aereo destinato a rimanere top secret fino alla metà degli anni ’90, il bizzarro bimotore scout destinato a passare alla storia solamente con la denominazione del suo prototipo, Tacit Blue.
Oggi visitabile, con estrema facilità, presso il Museo dell’Aeronautica della base Wright-Patterson di Dayton, Ohio, la strana linea dell’apparecchio in questione non ha mai cessato di stupire gli appassionati di tecnologia militare ed aviazione, per la miriade di soluzioni atipiche che avrebbero contribuito al suo primo decollo, avvenuto dopo un lungo periodo di perfezionamento nell’anno 1982. E la ragione è presto detta, costituendo il punto d’incontro ideale tra un sistema di volo capace non soltanto di deviare ed assorbire le onde radar, bensì schierare a sua volta sopra il territorio oggetto di sorveglianza un potente ed ingombrante radar LIPR (a bassa probabilità d’intercettazione) capace non soltanto d’individuare singoli veicoli, ma persino compiere passi significativi verso la loro identificazione, una prospettiva letteralmente priva di precedenti fino a quel momento nella storia militare pregressa. Tanto che non sarebbe errato definire il Tacit Blue come “l’aereo costruito attorno ad un sistema di rilevamento” nella stessa maniera in cui l’A-10 Thunderbolt della Fairchild è da sempre stato soprannominato “l’aereo costruito attorno al suo cannone”. Essendo questi due velivoli, separati da uno spazio notevole di tempo e metodologia d’impiego, egualmente letali nei propri specifici settori d’appartenenza…
Naturalmente, non furono pochi i compromessi operati dal disegnatore principale progettista di quello che sarebbe passato alla storia come la Balena o lo Scuolabus Alieno. Per cui John F. Cashen, capo dei progetti avanzati e direttore scientifico della Northrop, aveva previsto la prima forma di una carlinga che avrebbe dovuto non soltanto riflettere le onde radar, bensì farle scivolare ai margini di quel profilo volante. In tal senso, con la forma appiattita ed il muso piatto e largo, la grossa presa d’aria superiore per i motori integrati in posizione centrale, la coda a V e le ali eccezionalmente corte, il Tacit Blue con i suoi appena 17 metri di lunghezza era un aereo diverso da qualsiasi altro fosse mai stato costruito prima di quel momento. Era anche straordinariamente instabile come predisposizione inerente, tanto che avrebbe necessitato dell’impiego di ben quattro computer di assistenza ai comandi con alto grado di ridondanza, implementati in configurazione del tutto indiretta o fly-by-wire dal punto di vista del singolo membro dell’equipaggio presente all’interno. Il cui compito sarebbe stato, idealmente, pilotare il velivolo dotato di due impianti Garrett ATF3-6 turbofan del tutto identici a quelli di un business jet Dassault Falcon (benché montati in modo tale da nasconderne il calore inerente) fino alla linea del fronte e perpendicolarmente alle posizioni o colonne di carri armati sovietici ad un’altitudine di 30.000 piedi, dove sarebbe rimasto in una rotta di volo circolare, sfuggendo a qualsiasi tentativo di rilevamento mentre continuava a fornire dati aggiornati per tutto il tempo necessario e fino all’arrivo di un rimpiazzo equivalente. Verso l’ottenimento di una relazione costantemente aggiornata delle strategie avversarie, molto superiore alle singole fotografie o snapshot che potevano essere fornite dagli aerei di perlustrazione disponibili fino a quel momento. Una prospettiva certamente ambiziosa, ma del tutto percorribile in base alle prove tecniche effettuate, tanto che la principale preoccupazione da parte dei supervisori al progetto era diventata la possibilità che l’aereo fosse avvistato semplicemente a occhio nudo da singoli piloti di un MIG di ritorno da missioni in territorio alleato, un’eventualità ritenuta molto più probabile rispetto alla captazione da parte di un radar di qualsiasi tipologia o posizionamento. Un rischio sempre presente e per il quale, in effetti, non fu mai implementato alcun tipo di contromisura realmente efficace, benché esistessero progetti di possibile camuffamento ottico e diverse teorie in materia di manovre evasive. Ma il Tacit Blue, inerentemente poco maneggevole al di là dei parametri previsti dai suoi sistemi parzialmente automatizzati, sarebbe in effetti risultato un bersaglio del tutto inerme ed incapace di evadere un attacco da parte di un intercettore nemico.
Molto avanzato come concetto di un dispositivo di supporto alla guerra di terra, il progetto della Northrop venne estensivamente sottoposto ad una lunga serie di prove per un totale di 250 ore di volo, con ai comandi tra gli altri il celebre pilota sperimentale Richard G. Thomas. Un secondo esemplare incompleto era stato costruito, principalmente come rimpiazzo nel caso in cui il prototipo andasse perduto, benché tale eventualità non ebbe fortunatamente mai modo né ragione di presentarsi. Visto come, grazie agli automatismi, l’aereo risultava a quanto pare molto facile da pilotare, benché in base a testimonianze dirette nelle prove tecniche in cui i computer venivano spenti, esso diventasse improvvisamente “Più instabile del Flyer dei fratelli Wright”, arrivando persino a capovolgersi nel tunnel del vento.
Un aspetto interessante del progetto, condotto interamente nell’area 51 a Groom Lake in Nevada, era il modo in cui il Pentagono fosse fermamente intenzionato a mantenerlo del tutto segreto, mantenendo il velivolo rinchiuso negli hangar fino al momento del suo decollo e senza condividere alcun tipo d’informazione fuori dalla cerchia di coloro che erano direttamente coinvolti. Il che avrebbe motivato, senza ombra di dubbio, più di una leggenda metropolitana in merito all’avvistamento di un insolito UFO “quadrato”. Qualcosa che avrebbe avuto conseguenze decisamente peggiori, nell’ipotetico verificarsi di un conflitto armato nel valico di Fulda. O qualsiasi altro territorio incendiato dai fuochi del conflitto, all’inizio di quella che sarebbe presto diventata in quell’Era in bilico, con estrema probabilità, la terza ed ultima guerra mondiale.