Lo squalo straordinariamente subdolo in agguato tra Inferno e Paradiso dei mari

L’intricata società segreti di esseri che guidano i passi dell’uomo verso la salvezza e la dannazione sembrerebbe avere in comune una dote principale sopra ogni altra: la furtività. Giacché avete mai visto la foto di un angelo? O di un diavolo? A tal punto poi l’aspetto dei secondi è oggetto di disquisizioni, che il nome viene attribuito ad ogni genere di cose: vi sono castelli diabolici, ponti, situazioni, montagne, idee, sentimenti. Esiste persino il caso che lo scheletro di una semplice razza di mare, fatta essiccare al sole per qualche tempo successivamente alla propria dipartita, si rapprenda fino ad assomigliare la volto che condusse Eva in tentazione nel giardino dei puri. Ma c’è un essere dalla storia biologica distinta, la cui forma per antonomasia viene ricondotta a tale classe di creature. Pur essendo, da ogni punto di vista rilevante, un qualche tipo di squalo. Capace in alternanza di essere sepolto tra le sabbie, del tutto invisibile mentre aspetta di colpire la preda. Oppur fluttuare, lieve ed elegante, con un paio d’ali usate per raccogliere la forza della corrente. Salvatore, distruttore: Squatina, genere cosmopolita relativamente piccolo nonostante la propria ferocia, dalla storia evolutiva particolarmente degna di nota. Costituendo la pratica dimostrazione di ciò che potrebbe rappresentare un predatore imparentato ai più perfetti siluri ultra-veloci degli abissi, una volta deciso che ha ricorso le sue prede abbastanza a lungo. Così appiattito, spesso immobile, la bocca pronta a spalancarsi non appena ne intravede la ragione. Per protendersi al di fuori della rigida ossatura della mandibola, generando un’area di pressione negativa e il conseguente risucchio. Che potremmo anche riassumere nell’espressione onomatopeica, GULP. E il pesciolino/seppia/crostaceo che passava sulla sabbia priva di alcun tipo di segno rivelatorio, è sparito. Una tecnica tanto perfetta ed efficace, in effetti, che le 26 specie riconosciute fino ad oggi sotto le definizioni contrastanti di angel shark o sand devil sono solite trascorrere intere giornate o settimane senza spostarsi eccessivamente da un singolo luogo. Cambiando residenza soltanto una volta che l’istinto gli permette di capire che le vittime hanno imparato ad evitare quel particolare tratto di fondale. Un’ingegnosa applicazione biologica, affinata dall’evoluzione, del principio universale di conservazione dell’energia…

Prendendo in analisi la specie tipo dello S. squatina dalla lunghezza di fino a 2,4 metri dunque, diffuso in tutto l’Atlantico fino al Mediterraneo e le coste occidentali d’Italia, o ancora l’altrettanto conosciuto e studiato S. californica dell’Oceano Pacifico, potrebbe a questo punto sorgere spontanea una domanda: ma gli squali non avevano bisogno di nuotare costantemente, per mantenere ossigenate le proprie branchie? La risposta è che ciò vale per molti di loro, ma non tutti. Essendo il pesce-angelo uno di quelli dotati del sistema respiratorio degli spiracle o sfiatatoi, una coppia di tubi situati dietro gli occhi con muscolatura adibita al risucchio e conseguente irrorazione delle branche con acqua costantemente rinnovata. Ulteriore tratto distintivo, tra l’altro, rispetto alle razze superficialmente simili, il cui apparato di respirazione è situato piuttosto in corrispondenza della parte inferiore del corpo. Per estendere dunque il discorso morfologico alla schiena dell’animale, sarà possibile notare l’assenza di un’alta pinna dorsale sostituita da una copia più piccola in prossimità della coda, ed un’estensione di quest’ultima rivolta maggiormente verso il basso, entrambi espedienti mirati a rendere il predatore meno visibile mentre fa ciò che gli riesce meglio: restare del tutto immobile sul fondale. Non che in caso di necessità esso manchi di agilità e capacità di manovra, grazie alle ampie “ali” muscolose, responsabili in buona misura dell’aspetto minaccioso e vagamente alieno che riesce a caratterizzarlo.
Con una riproduzione vivipara priva di placenta, gli angel sharks si sviluppano dunque dopo la fecondazione direttamente all’interno dell’utero della madre, per poi venire al mondo in numero tra 7 e 25 ogni periodo attorno il mese di dicembre nei mari dell’emisfero settentrionale, benché il termine affinché la madre possa partorire di nuovo si assesta in genere attorno ad un periodo di ben due anni. Caratterizzando un lento processo, alla base della problematica riduzione progressiva delle maggior parte degli appartenenti a questa famiglia, nonché il rischio di estinzione critico per determinate sottospecie e popolazioni locali. Ciò a causa di fattori tra cui l’appartenenza di queste creature ad ambienti prossimi alle coste e la pesca senza quartiere che ne viene fatta a partire dal 1977, quando l’industriale ittico di Santa Barbara, Michael Wagner assecondò la riscoperta, lungamente accantonata fin dall’epoca degli Antichi Romani, del valore gastronomico delle loro carni. Una scelta criticabile sotto mentite spoglie, considerato il passaggio nel giro di pochissimi anni da 147 Kg catturati annualmente a 454 tonnellate, corrispondenti ad una quantità stimata di 90.000 di questi piccoli squali entro il decennio successivo.
E qui alcuni sventurati privi di coscienza ecologica potrebbero essere tentati di esclamare: tanto meglio! Essendosi trovati ad assaggiare il morso non del tutto privo di pericoli, di un animale come questo accidentalmente o intenzionalmente disturbato durante quella siesta che occupa la parte maggiormente significativa delle sue “tranquille” giornate…

Trattasi di casistica in effetti non rara, e certamente non difficile da giustificare. Di un sub/turista o pescatore intento al recupero delle proprie reti, che trovandosi a toccare il dorso invisibile di uno di questi esser quasi perfettamente mimetizzati, induce in loro il riflesso automatico che li porta a rovesciarsi di fino a 180 gradi, mordendo senza pregiudizio mani, gambe o altre parti del corpo dell’incauto disturbatore umano. E sebbene non si abbiano notizie pregresse di conseguenze letali da uno di questi incontri, fin dal 1776 il naturalista britannico Thomas Pennant scriveva di approcciarsi con notevole cautela, avendo ricevuto notizia di un marinaio che aveva perso l’uso di una gamba successivamente ad un attacco del suo accidentale nemico. Soltanto a partire dall’anno 2000, d’altro canto, si sarebbe raggiunto un grado di coscienza ecologica sufficientemente avanzato da motivare l’implementazione, tra Stati Uniti, Europa e diversi paesi dell’Asia, di norme specifiche mirate alla protezione delle specie più rare.
Pesci non sempre facili da individuare a causa della propria predisposizione mimetica, tanto che Aristotele aveva persino presunto e scritto che potessero cambiare il proprio colore, gli Squatini incorporati nella famiglia Squatinidae, un distinto ed isolato ramo dell’albero della vita, sono soliti scomparire dalla coscienza scientifica e ricomparire anche a distanza di tempo. Come nel caso registrato lo scorso aprile della riscoperta lungo le coste cilene dello S. armata, specie caratterizzata da tubercoli appuntiti sul dorso che si riteneva ormai estinta da generazioni. Il che ci induce, con preziosa enfasi, a non sottovalutare gli angeli e i demoni che vivono in posizione obliqua rispetto alle documentazioni storiche ed estetiche del nostro vecchio mondo. Sempre pronti a riemergere, qualora ne compaia l’opportunità, potendo avere l’ultima parola in merito all’esecuzione dei valori morali dei loro rispettivi Signori. Anche quando condividono, dal punto di vista nominale, lo stesso sottilissimo, sinuoso corpo fisico tra tutti gli esseri acquatici dell’Universo.

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