Si usa dire talvolta: “Ah, se queste mura potessero parlare”. Cui andrebbe aggiunto, “Vorrei che gli abbaini avessero la propensione al racconto.” Oppur: “Magari i timpani, i cornicioni fossero inclini alla disquisizione.” E chi non vorrebbe ascoltare l’opinione dei colonnati? C’è ancora vita in queste vecchie ossa, ed ancor più la scintilla della personalità continua a risplendere, ostinatamente, in mezzo ai recessi della tipica Casa Vittoriana. Intesa non come appartenente al particolare periodo storico britannico, dominato dalla longeva sovrana simbolo del colonialismo imperiale, bensì un edificio basato su particolari crismi, appartenenti a quel contesto e non solo. Un tipo di dimora che in effetti, scrutandola a posteriori, parrebbe inquadrata primariamente nel mondo Nuovo ed il contesto tipico dell’unico luogo, popolo e nazione, che furono in grado di ribellarsi all’egemonia di Albione. Gli Stati Uniti e le tipiche mura fantasma, o quanto meno abitate da uno spettro o due: difficile immaginare, fin dall’epoca della celebre residenza Addams, un duo maggiormente iconico segnato tra le lettere polverose della Storia. O perché no, storie; intese come vicende, spettacolari aneddoti dell’architettura o frangenti, il cui dipanarsi rispose a specifiche contingenze non necessariamente, o in verità probabili, a ripetersi adesso o mai più a seguire. Vedi la scena piuttosto celebre dell’allora già secolare Lyford House, elegante mucchio di mattoni e assi di legno californiano che nel 1957 fu fotografata migliaia di volte nel giro di appena una mezza giornata. Giacché si trovava incredibilmente impegnata a navigare, sopra una chiatta poco più grande del suo salone principale, lungo le acque della baia di Richardson, labirintica insenatura a settentrione della città di San Francisco. Come fortemente voluto dal suo recente e meramente transitorio acquirente, il Dr. David Steinhardt, che l’aveva vista circondata dai bulldozer durante una passeggiata mattutina nei dintorni della sua casa. Non potendo restare in silenzio, come molti avrebbero fatto, e decidendo di non esimersi dall’agire, in maniera decisamente più rara, offrendo su due piedi un prezzo d’acquisto allo sviluppatore edilizio che aveva acquisito per vie traverse i diritti sul terreno della vecchia collina di Strawberry Point, con quel distintivo, irripetibile bene storico della Nazione. Allorché una squadra speciale di oltre 50 volontari, tra cui il proprietario di una chiatta traportatrice Tom Crowley e l’architetto John Lord King si apprestarono ad aiutarlo, in modo tale da poter completare l’insolita, quanto impossibile mansione. Poiché tutto è possibile quando la volontà e sufficientemente forte, abbastanza condivisa. Persino trascinare, con solide corde, un’imponente edificio fino alla spiaggia e da lì caricarlo (in maniera difficile da immaginare) sopra lo scafo solido in grado di trasportarlo per svariati chilometri attraverso le acque salmastre fino al terreno dell’Audubon Center, moderno ed attrezzato santuario per gli uccelli. Dando inizio ad un nuovo capitolo, per quanto marginale, nella lunga e complessa storia degli insediamenti costieri della California…
Non che la storia vissuta fino a quel fatidico momento dalla vecchia Benjamin & Hilarita Lyford House possa dirsi in alcun modo meno significativa ed interessante. Essendo tale costruzione il prodotto di un architetto sconosciuto assunto dal Dr. Benjamin Lyford nel 1876, successivamente al suo trasferimento nella Baia dopo il concludersi della guerra civile statunitense, durante cui aveva servito nell’armata dell’Unione, offrendo cure mediche a chiunque ne avesse più urgente bisogno. Per poi convolare a nozze, auspicabilmente liete, con la facoltosa ereditiera Hilarita née Reed, figlia dell’immigrante irlandese che aveva ricevuto in concessione statale la gestione del Rancho Corte Madera del Presidio, uno dei più vasti e strategicamente importanti territori di approvvigionamento del legname dopo l’annessione della California al termine della guerra messico-statunitense del 1846-48. Ruolo poi decaduto e subordinato ad altri territori, ancorché la collina di Strawberry Point sarebbe rimasta associata ad una fattoria casearia dotata di un gregge di capre, abbastanza redditizia da portare all’edificazione della distintiva residenza dei coniugi in questione. Un significativo esempio, dal punto di vista stilistico, della corrente definita come Secondo Impero o Queen Anne, sebbene dotata di elementi tipici di correnti precedenti, quali la torretta tipicamente gotica e le finestre in tutto e per tutto italianeggianti. Ma con la facciata asimmetrica utilizzata soltanto nella seconda metà del XIX secolo nonché una disposizione dei tetti particolarmente distintiva ed interessante. Passata in seguito ai figli della coppia, la casa ebbe un iter successivo piuttosto imprevedibile, fino alla sua ricomparsa nelle cronache attorno al 1960, quando entrò a far parte di un tour locale da parte del pittore americano Charles Marchant Stevenson, che ne realizzò un famoso ritratto. Facendo conoscenza allo stesso tempo, assieme al suo amico Arnold Borley, con Rose Rodrigues da Fonta, la famosa “Signora delle Capre” rimasta a custodire i discendenti degli animali dei Lyford, dopo aver ricevuto la casa in eredità dal nipote di Hilarita Lyford, John Paul Reed che aveva amato in gioventù. Donna che ben trent’anni dopo, con i capelli bianchi ma una volontà ancora ferrea nonostante il suo amato non l’avesse mai voluta o potuta sposare, continuò resistere alle significative offerte pecuniarie ricevute dagli sviluppatori che desideravano trasformare la baia di Richardson in una tipica periferia con villette a schiera del contesto nordamericano. Finché dopo la sua dipartita, il già citato Dr. Steinhardt intervenne a salvare la situazione, nell’ottica delle sue partecipazioni già significative alla conservazione naturale e paesaggistica dell’area di Tiburon.
Si trattò di un progetto grandioso e miracolosamente riuscito, nonostante le condizioni già tutt’altro che eccelse della vecchia dimora, precedentemente danneggiata da un terremoto. Realizzato grazie ai terreni offerti dall’Audubon Center ma anche l’offerta pecuniaria, concessa in onore del marito, della vedova Mrs. Dickey, filantropa locale la quale chiese soltanto in cambio che le pareti fossero dipinte di giallo, il colore preferito del suo consorte. Seguirono quasi quarant’anni privi di eventi finché nell’anno 2002, poco dopo il concludersi di un tè convivale a tema vittoriano, la casa venne colpita dalla caduta di un cipresso alto 22 metri, che distrusse una parte del tetto e un’intera ala della casa. Episodio apparentemente deleterio, ma che si rivelò in realtà provvidenziale. Poiché la distintiva dimora, iscritta due anni prima alla lista degli edifici di valore storico dello stato, era stata in tale occasione assicurata e fu quindi possibile riscuotere un compenso di ben 300.000 dollari. Che furono la base, negli anni a seguire, di un completo ed estensivo progetto di rinnovamento, sotto la supervisione dell’architetto Jerri Holan.
Intonsa ed apparentemente immutata da oltre un secolo, la casa oggi dunque attualmente una vista notevole sulle acque di Tiburon, pur essendo circondata da edifici più moderni che non rendono particolarmente omaggio alla vecchia storia di Richardson Bay. Tutelata gelosamente dai membri dell’associazione Audubon, può essere occasionalmente visitata ed ospita occasionalmente lezioni o conferenze. Essendo inoltre diventata, in modo più o meno ufficiale, il perfetto fondale per le foto scattate successivamente ai matrimoni celebrati nei dintorni e non solo.
A imprescindibile rinforzo del luogo comune secondo cui due cuori chiedono una capanna. Riposta pratica e diretta a quel bisogno fondamentale di qualsivoglia incontro, per quanto elaborato o ricercato, persino dispendioso possa essere l’aspetto delle suddette mura. Nonché sfuggente, tra le onde imprevedibili della storia, l’indirizzo a cui sarà possibile reperirli.