Come in una partita a scacchi, i due eserciti si erano affrontati sul campo alla ricerca di un passaggio verso il campo base nemico. Ma dal punto di vista del Comandante all’interno della sua piccola capsula rotativa, sarebbe forse stato più corretto evocare i metodi di quell’altro gioco, la battaglia navale. “165 – Soldati tra i giunchi a sud” Riportò con voce autorevole, inclinandosi verso l’interfono ma senza ricorrere alle lancette dell’orologio come riferimento posizionale, secondo i crismi di un mezzo che non aveva un davanti, né un dietro. “Li ho nel mirino!” Rispose immediatamente il quarto mitragliere, che naturalmente non aveva nessun bisogno di spostare la propria bocca da fuoco, prima di premere il grilletto risolutivo. Senza l’attesa di ulteriori ordini, fece dunque ciò per cui era stato assunto, obliterando le truppe tedesche con le proprie inutili, ma fastidiose granate anticarro. Ora un sottile ronzio, nella casamatta metallica, risuonò mentre il motore integrato nella postazione del Comandante ruotava lentamente in senso orario fino a fermarsi bruscamente con un lieve contraccolpo. Chiaramente, qualcosa aveva catturato la sua attenzione, tesa al massimo come un corda di violino: “282 – Avvistatori dell’artiglieria, situati ad ovest. Non c’è tempo di colpirli, attivare il Piede. Modalità balzo. Direzione… ” Le reazioni all’interno furono pressoché immediate. Il guidatore attaccato ai comandi nel proprio spazio ammortizzato tra due potenti giroscopi rotativi, premette la leva principale d’inserimento e cominciò a ruotare rapidamente la ghiera dei 360 gradi. Quindi all’annuncio preventivamente atteso “Nord-Nord-Est” si lanciò verso il grande bottone rosso. Nel frattempo i sei addetti alle armi, avendo lasciato le proprie posizioni di tiro, si erano gettati rapidamente sulle rispettive poltrone con cintura di sicurezza, in attesa del momentaneo attimo di terrore e poi, la salvezza. Ora l’intera ensemble, racchiusa tra rigide pareti d’acciaio, sembrò sollevarsi. Dapprima lentamente, quindi con potere simile a quello di un vero e proprio esplosivo. Ed il terreno si allontanò sempre più rapidamente, inclinandosi quasi a 45 gradi. Ma prima che il disco abitato potesse capovolgersi e rotolare giù dal pendio, il Piede si estese di nuovo, impattando fragorosamente contro il terreno. L’impressione generale era quella di un assurdo giocattolo, come un gigantesco saltapicchio corazzato. Ma l’incredulità di coloro che si trovavano all’altro lato della valle non durò per molto. Quando il mitragliere numero cinque, in maniera autonoma, non cominciò a far fuoco.
Uno dei paradossi maggiormente citati in merito all’inizio della seconda guerra mondiale è sempre stato quello della Linea Maginot. Un’invalicabile, profonda serie di forti corazzati fortemente voluti dall’omonimo Ministro della Guerra francese, affinché i tedeschi non potessero facilmente attraversare il confine dando inizio al temuto Blitzkrieg. Peccato che il paese della Libertà ed Uguaglianza avesse una forma pressoché quadrangolare, risultando altrettanto accessibile dal settentrione, per chi avesse facilmente attraversato coi carri armati il territorio acquitrinoso dei Paesi Bassi. E se invece tutti quei bunker, le posizioni di tiro, i nidi di mitragliatrici avessero potuto spostarsi in base all’esigenza dell’ultimo minuto? Questa è la domanda che trova risposta, assieme a molte altre, nell’ipotetico impiego in servizio attivo del Carro Armato Saltatore di Wallace, un progetto per il più innovativo mezzo da guerra dai tempi di Leonardo da Vinci. Un sistema per combattere ed arrestare l’avanzata dei soldati avversari che sarebbe stato del tutto ragionevole giudicare rivoluzionario, nel senso che l’intero concetto di un conflitto armato avrebbe necessitato di essere ridefinito, affinché schierare dispositivi simili potesse avere un senso. Il che non significa d’altronde che il misterioso Henry William Wallace, nato nel 1918 a Des Moines, Iowa, mancasse di fantasia e capacità notevoli, benché non sembrasse eccessivamente preoccupato d’immaginare se stesso al posto di un ipotetico equipaggio del suo “terribile” approccio al combattimento della cavalleria corazzata. Se ancora tale potesse essere effettivamente definita, considerato ogni aspetto della sua bizzarra creazione…
Per comprendere esattamente cosa sia il carro armato Wallace, è imperativo sottolineare come non si tratti affatto, da ogni punto di vista rilevante, di un carro. Bensì della versione semovente di quello che può a tutti gli effetti essere definito un pillbox (“scatola per pillole”) il tipico edificio fortificato utilizzato come postazione fissa per difendere e condizionare l’avanzata degli avversari lungo l’estendersi di un territorio. Per questo definito dal suo creatore come il superamento del punto debole percepito nei comuni veicoli da guerra, ovvero la concentrazione dell’armatura unicamente sul davanti, mentre tutta la potenza di fuoco dipende dalla singola torretta, capace di far fuoco soltanto in una singola direzione alla volta. Il che risulta in effetti piuttosto paradossale ed un ritorno alle origini, per chi ben conosce la storia ingegneristica delle guerre del XX secolo, in cui proprio i carri armati ebbero modo di evolversi gradualmente da una prima versione imponente ed omni-direzionale, dotata di grandi equipaggi e numerosi cannoni disposti “a porcospino” verso il cambiamento di paradigma mostrato dal Renault FT del 1917, dotato di mobilità superiore ed una singola torretta capace di sparare in qualsiasi direzione. Una concezione del mezzo bellico che avrebbe fatto perciò del Leaping Tank un tipo di arma maggiormente utile a tenere le posizioni, piuttosto che avanzare oltre i limiti delle linee nemiche. Ancorché in quest’ultimo caso, l’effetto psicologico sarebbe stato senz’altro terrificante. Ciò in considerazione dello strano, distintivo approccio al movimento concepito da Wallace, il sopradescritto piede estendibile verticalmente, capace di sollevare l’intero implemento grazie all’energia di un gas esplosivo, arrivando ipoteticamente a farlo balzare in aria come la versione a ciambella di un gigantesco canguro. Un’idea… Quanto meno bizzarra, eppure dotata di sorta di brutale efficienza. Che cosa avrebbe potuto impedire, in effetti, ad un simile veicolo di superare ogni ostacolo, posizionandosi ogni volta dove c’era maggior bisogno della sua potenza di fuoco? Una caviglia ruotabile avrebbe fatto stare il piede sempre parallelo al suolo, mentre i giroscopi interni alla casamatta si sarebbero occupati di mantenerla il più possibile orizzontale. Nessun tipo di contromisura veniva descritta nel brevetto datato al 15 marzo 1945, d’altra parte, per il contraccolpo probabilmente terribile che aspettava i membri dell’equipaggio ad ogni feroce sobbalzo, nel tentativo di trovare la posizione migliore da cui rispondere al fuoco. È altresì probabile, se un tale assurdo prototipo avesse mai lasciato effettivamente la fase meramente teorica di progettazione, che i suoi spostamenti si sarebbero compiuti in maniera concettualmente analoga a quella adottata dai mezzi deambulatori super-pesanti dei nostri giorni, generalmente draghe da miniera, i cui piedi poggiano in alternanza sul terreno, laddove il Wallace possedendone soltanto uno, lo avrebbe potuto spostare appoggiandosi all’intero anello esterno del corpo principale. Dando luogo a movimenti straordinariamente lenti, rispetto alla maggior parte dei mezzi da combattimento, il che non costituiva neppure il peggior difetto dell’intero sistema di combattimento…
Quel fatto stesso di concentrare la corazza sulla parte davanti del carro armato, d’altra parte, fu essa stessa un perfezionamento dell’idea iniziale di cosa dovessero essere, e come si sarebbero comportate tali armi motorizzate in combattimento. Visto come un’armatura a 360 gradi debba inerentemente risultare più pesante, e come compromesso, paradossalmente, comparativamente meno spessa nel punto specifico di suo maggior bisogno. Aggiungete a ciò la questione, non affrontata da Wallace ma indubbiamente probabile, di come tale corazzatura sarebbe risultata ancor più condizionata dal proprio peso rispetto ad un carro tradizionale, e giungerete all’idea, probabilmente non così lontana dalla verità, di un apparato effettivamente capace di resistere soltanto ai colpi delle armi da fuoco leggere, certamente non all’impatto di un razzo e tanto meno a quello di un proiettile d’artiglieria. Ammesso e non concesso che il mezzo riuscisse anche solo a raggiungere il campo di battaglia: immaginate infatti la facilità con cui un singolo punto d’appoggio estendibile, di poco più di un metro di diametro, avrebbe dovuto sostenere il peso concentrato dell’intero edificio/veicolo soprastante. È abbastanza probabile che tale elemento avrebbe semplicemente perforato il suolo, piuttosto che sollevare l’intera massa ed (ipotesi ancora più remota!) riuscire effettivamente a scagliarla in aria.
Il che, anche senza menzionare il pericolo di un Wallace Tank che dovesse trovarsi a perdere l’equilibrio o scivolare su un terreno scosceso, basta a definirne l’effettivo scopo progettuale nel periodo finale della guerra, probabilmente più pensato al fine di difendere l’idea del “piede centrale” immaginato dall’autore, piuttosto che offrire i piani futuri per la costruzione di un effettivo quanto incombente veicolo da combattimento. Ed è persino immaginare ipotetici scenari di universi alternativi, in cui simili apparati avrebbero potuto fare la differenza in alcun tipo di conflitto armato. A meno che entrambi le parti, per una strana serie di coincidenze, si fossero ritrovate ad utilizzare questo inefficiente approccio. Dando vita, molto probabilmente, ad uno degli spettacoli più surreali della Via Lattea, ed oltre.