La maggior parte della documentazione foto/videografica reperibile su Internet dell’Aviceda leuphotes, uccello più comunemente detto baza nero, lo ritrae posato sopra un ramo o mentre sosta brevemente per abbeverarsi in uno specchio d’acqua dell’Asia Meridionale. Questo perché non è particolarmente facile, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, riconoscerlo mentre si eleva sopra il limite della foresta, librandosi alla ricerca di una preda. Non più grande di un comunissimo piccione e con ali nere simili a quelle di un corvo, simili pennuti si presentano da oltre una distanza media come nulla più che stormi di volatili perennemente intenti ad inseguirsi vicendevolmente, come fossero impegnati a prendere il controllo del territorio. Ma le apparenze spesso ingannano ed invero ciò diviene chiaro se si guarda nella loro direzione sufficientemente a lungo, o da vicino. Così che emerga nella percezione dell’immagine nel suo complesso l’essenziale sovrapporsi di una serie di righe contrastanti, di una doppia tonalità di marrone. E il petto bianco sopra quel disegno, con la testa di un colore nero ornata da una cresta verticale che ricorda vagamente un accessorio di moda. Non che al possessore o l’eventuale compagna tale tratto interessi particolarmente, con l’unico corteggiamento noto del genere Aviceda consistente in brevi esibizioni ed acrobazie in volo mentre il maschio s’inclina da una parte e dall’altra per poi posarsi sopra un albero vicino. Troppo intento ed in ogni concepibile circostanza professionale, mentre sorveglia dall’alto il territorio dei domini che condivide lietamente con i propri simili, ove lanciarsi per conquistare il premio che costituisce il principale mezzo di sostentamento concessogli dai pregressi fenotipi ereditari. Già, perché il volatile in questione, nonostante la lunghezza raramente superiore ai 30 cm, è un tipico rapace della stessa schiatta dei suoi simili, principalmente creati per ghermire piccoli mammiferi, rettili o altre prede di passaggio. Se non che i bersagli da egli preferito, analogamente a uccelli di tutt’altra e passeriforme schiatta, appartengono quasi esclusivamente alla genìa degli insetti. Ed a scanso di equivoci: non è senz’altro semplice avvistare ed afferrare qualcosa di tanto piccolo e sfuggente… Lo sappiamo fin troppo bene, in questa estate eccessivamente calda e popolata dal passaggio delle zanzare…
Esponente di rilievo di un genere all’interno della famiglia dei pennuti accipitridi, popolata di carnivori principalmente dotati di artigli raptatori appositamente sviluppati a tal fine, l’A. leuphotes è un predatore perfettamente adattato al suo ambiente, che include ma non si limita ai territori gremiti dagli artropodi dei tropici adiacenti all’equatore terrestre. Con popolazioni distribuite a partire dal Sud dell’India alla Thailandia, la Cina, la Birmania, le isole Andamane. E persino una comunità distinta, numericamente meno significativa, tra le alture difficilmente raggiungibili dell’Himalaya. Il baza nero, come diversi altre specie appartenenti alla categoria degli Aviceda, presenta inoltre predisposizione alla migrazione, benché non tutte le sottospecie la pratichino in maniera prevedibile al concludersi di ciascuna stagione riproduttiva. Con colleghi dall’aspetto facilmente distinguibile situati anche in Australia, Sudafrica e Madagascar, questi uccelli vengono anche chiamati collettivamente cuculi-falco, sebbene si tratti principalmente di un riferimento alle dimensioni, piuttosto che all’ipotetico comportamento mirato al parassitismo del nido, mai effettivamente attestato nel caso di queste orgogliose creature. Animali dall’indole notevolmente socievole, contrariamente a quanto avviene per la maggior parte dei rapaci, i baza sono soliti formare stormi cooperativi tra di loro e persino assieme a creature di tutt’altro tipo come dronghi, usignoli e muscicapidi, da cui vengono facilmente tollerati a causa della rarità con cui attaccano altri pennuti, anche se più piccoli di loro. Studi più recenti, ad ogni modo, menzionano un’indole maggiormente protettiva successivamente alla creazione del nido, a cui collaborano entrambi i genitori della coppia monogama, in una cooperazione che prosegue fino alla cova delle due-tre uova deposte attorno all’apice del periodo primaverile. Con la schiusa al termine di un periodo di circa 30 giorni, i nuovi nati richiederanno dunque ulteriori 5 settimane fino al raggiungimento dell’indipendenza, momento in cui smetteranno di essere nutriti principalmente con insetti passati al loro becco dai genitori. Un tratto distintivo degno di nota, comune a giovani ed adulti, sarebbe inoltre l’odore a quanto pare sgradevole di queste creature, in grado di ricordare vagamente quello delle cimici che condividono lo stesso areale. Ragionevolmente immaginabili come più grandi e percepibili delle occasionali intruse delle nostre mura domestiche, anche in località dai dintorni per lo più rurali.
Di creature agili ed eleganti sono pieni gli album fotografici, pubblicati oggi giorno online dagli occasionali o abituali frequentatori di luoghi dalla biodiversità notevolmente superiore all’ormai vecchia, e sovrappopolata Europa. Il baza, con il proprio aspetto distintivo eppur non troppo semplice da contestualizzare, non è che l’ennesimo esempio di quanto possa essere creativa e imprevedibile nei suoi disegni l’instancabile natura. Eppure sembrerebbe arduo non pensare, osservando quegli occhi attenti sormontanti dalla piuma eretta mentre sorveglia gli immediati dintorni, che l’accattivante essere sappia qualcosa che non ci rivela. Un segreto, forse, che fa capo all’esigenza di riuscire a sopravvivere vivendo in base alle proprie regole, indifferenti ai sempre maggiori rischi dislocati sul territorio. Non è forse proprio questa, in ultima analisi, la principale regola integrata nel principio imprescindibile dell’evoluzione?