Il sacro ferro fatto scomparire dalla rupe che per mille anni è stata il fodero di Durlindana

Svegliarsi una mattina scoprendo che i propri immediati dintorni, se non il mondo intero, è cambiato. Così che un pacifico villaggio costruito lungo il ciglio di una rupe d’Occitania, famoso in tutta la Francia per il possesso di una sacra reliquia, non avrebbe più potuto beneficiare della portentosa protezione di tale oggetto, la cui presunta antichità era degna di rivaleggiare col concetto stesso di una leggenda. È dell’altro ieri la notizia, terribile a sentirsi: qualcuno di agile è salito lungo una parete rocciosa verticale di nove metri. Soltanto per schiodare una catena e la rugginosa spada saldamente collegata ad essa. Forse. Ed è importante sottolineare tale stato d’incertezza, per il simbolo residuo di una delle storie più famose e ripetute di tutti tempi!
L’ideale del guerriero forgiato ed incrollabilmente dedito alle solenni regole del codice cavalleresco era chiaramente al centro dei pensieri del misterioso monaco Turoldo, possibilmente associato al vescovo Odone, che nell’XI secolo scrisse gli immortali versi della Chanson de Roland. Verità storica e finzione narrativa, strettamente interconnesse a meno di voler davvero credere che un singolo guerriero nell’VIII secolo, per quanto forte e amato dai Poteri Superni, possa essere stato in grado di trattenere migliaia di nemici intenti ad attraversare il passo di Roncisvalle, soltanto per permettere al suo re Carlo Magno di tornare sano e salvo da una sanguinosa campagna contro i saraceni di Al-Andalus. Ma che gli infedeli fossero davvero musulmani, piuttosto che una truppa di guerriglieri baschi intenzionati a vendicarsi del Re dei Franchi che aveva messo a ferro e fuoco la loro capitale Pamplona, non faceva in vero grande differenza, per lo strumento principe del loro sterminio: la divina spada magica Durendal o in lingua italiana, Durlindana, donata da una angelo al sovrano e da esso trasferita al suo servo più fedele, l’eroico governatore della Marca di Bretagna. La “Spada Indistruttibile”, il “Brando che Acceca”, “il Martellatore del Male” o la “Maestra della Pietra” a seconda delle plurime interpretazioni di un’etimologia incerta, che Rolando in persona avrebbe nascosto sotto il proprio corpo accasciandosi infine, poco prima di suonare il roboante corno dell’Olifante, al fine di avvisare il resto dell’esercito che la missione suicida svolta assieme ai suoi compagni aveva fruttato il risultato sperato. Ciò almeno in base alla versione per così dire ufficiale della vicenda, laddove le guide turistiche di Rocamadour e i loro abitanti, per un certo numero di generazioni pregresse, tendono a raccontarla diversamente. Con il fiero guerriero ferito, che prima di spirare raccoglie le forze un’ultima volta. E impugnando l’arma come fosse un giavellotto, la scaglia via lontano affinché non possa cadere nelle mani dei traditori di Dio. A svariate migliaia di chilometri verso Est, per conficcarsi nella pietra calcarea che sovrasta la caratteristica cappella della Madonna Nera, statua in legno d’ebano intagliata dallo stesso santo Amatore (Amadour)…

Per meglio comprendere la reazione non del tutto atterrita degli abitanti di questo luogo dal fascino singolare, che ancora mantiene la propria dislocazione a tre livelli sulla rupe corrispondente all’organizzazione della società medievale (popolani, chierici, cavalieri) occorrerà dunque meglio definire cosa esattamente, nelle attuali circostanze, è stato sottratto dalla sua iconica sede parietale. Un manufatto certamente rilevante dal punto di vista culturale, ma che assai difficilmente potrebbe aver avuto tale collocazione per gli oltre dieci secoli ad oggi trascorsi dalla battaglia di Roncisvalle, a meno di voler ignorare la manifattura chiaramente molto più recente e tutt’altro che formidabile dell’ormai perduta spada. Del resto già tirata giù in un’epoca attorno agli anni 2000 ed orgogliosamente esposta presso il Museo nazionale del Medioevo e delle Terme di Cluny a Parigi, come simbolo rilevante del potere simbolico attribuito alle armi, lasciando al suo posto una fedele copia realizzata in epoca contemporanea. Non che ciò faccia una grande differenza d’altro canto, essendo essa stessa una comprovata sostituzione di un qualcosa di precedente, possibilmente e in base ad alcune interpretazioni della vicenda, fatta conficcare in posizione nel 1787 da un signore locale, il Visconte di Anterroches. Così come puramente fantastica parrebbe essere la storia secondo cui, nel 1183, il Re inglese Enrico Plantageneto il Giovane avesse visitato Rocamadour, architettando il malefico complotto di sottrarre la magica spada ai suoi legittimi proprietari, gli abitanti di Francia. Con diverse menzioni del manufatto da parte di storici rinomati soltanto a partire dal 1620, tra cui Scipion Dupleix che la collocava presso una cappella di St. Romaine in Aquitania, dove il corpo del paladino era possibilmente stato sepolto, assieme alla spada e il corno simbolo della sua eroica dipartita. Mentre il suo contemporaneo Mérimée, con la qualifica di Ispettore Generale dei Monumenti Storici, era pronto a giurare che l’oggetto si trovasse già da allora a Rocamadour. Lo stesso grande scrittore, poeta e drammaturgo spagnolo Miguel de Cervantes affermò d’altronde nella stessa epoca di aver visto con i propri occhi la divina spada presso il museo di Madrid, dove potrebbe ancora, segretamente, essere custodita. Ancorché “qualcosa” necessariamente debba essersi trovato sulla parete rocciosa d’Occitania, soprattutto facendo riferimento alla credenza popolare, risalente almeno al XIX secolo, secondo cui chiedere la benedizione della spada potesse aiutare le donne che avevano difficoltà a concepire un figlio. Molti di coloro che hanno visitato il sito a partire dal 2011, nel frattempo, sono pronti a giurarlo: la spada situata lì negli ultimi anni, quindi fatta scomparire nel corso della scorsa settimana, aveva un aspetto ragionevolmente privo d’usura. “Praticamente nuova” avrebbero potuto affermare gli scettici, con chiaro e supponente piglio influenzato dallo scetticismo.

Al che sorge la domanda: ha davvero tutto questo una significativa importanza? Qualcosa di sacro è stato sottratto da uno dei luoghi più particolari di tutta Europa, portandolo al centro di una lunga sequela di speculazioni e discussioni rinnovate sulla sua (im)probabile autenticità eminente. La risposta è chiaramente che si, comprendere di cosa stiamo discutendo è importante. Più che altro per studiare il movente; poiché non ci sono dubbi di rilievo che il rinnovato mistero e misticismo legato alla vicenda del guerresco implemento stia in questi giorni giovando, in più di un modo alla percezione collettiva del già celebre comune verticale di Rocamadour. E quanto il furto possa danneggiarlo realmente, fino a che punto in questo periodo di alta percorribilità turistica (strana coincidenza!) la gente possa scegliere immediatamente di puntare la propria bussola altrove per il grave crimine, è una mera conseguenza della percentuale di loro che credesse veramente alla leggendaria autenticità della spada ed il suo poco verificabile destino, diventato a questo punto affine a quello della sua leggendaria compagna prototipica, l’invincibile e altrettanto introvabile Excalibur d’Inghilterra.
Esistono, d’altronde, individui che amano partecipare in qualche modo al fatto storico in corso di svolgimento. Traendo gloria e imperituro prestigio da tale splendore riflesso. E sarei pronto a scommettere che le foto su Instagram e Facebook della crepa vuota si siano in questi giorni moltiplicate esponenzialmente. Probabilmente superando, di gran lunga, quelle scattate nei giorni precedenti ai pochi noiosi centimetri di una vecchia spada.

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