La strada per Ait-Ben-Haddou, volto cinematografico del Medioevo nordafricano

Lungo l’antica strada carovaniera tra Marrakech e il deserto del Sahara, sopra una collina prospiciente il fiume Ounila, esiste un luogo fuori dal tempo ed oltre i confini del mondo, dove la storia sembra convergere in un impossibile sovrapporsi di date ed eventi. Qui la tragedia del capotribù Lot e la schiava che aveva sposato, l’amata Ildith, avrebbe raggiunto il culmine con la disubbidienza di quest’ultima nei confronti di un comandamento divino, così da essere trasformata in una statua di sale. Tra queste anguste strade Gesù di Nazareth avrebbe predicato il suo messaggio, fino a subire la sua ultima tentazione. E proprio qui il Gladiatore che noi tutti ben conosciamo, al termine dell’ennesima battaglia avrebbe pronunciato le celeberrime parole “Non vi siete divertiti? (Ancora?) Vi sarebbe passato Alessandro Magno nei suoi viaggi verso il grande Oriente in cerca di riposo dalla lunga marcia tra le sabbie di un ostile deserto. E lo stesso avrebbero fatto anche i crociati, alla ricerca del Regno dei Cieli. Mentre in epoca decisamente più recente, il suo dedalo di strade si sarebbe trovato nel mirino degli avventurieri che inseguivano la mistica Pietra del Nilo. E poco dopo in quello dell’agente speciale con licenza di uccidere 007, durante un pericoloso tentativo di catturare il trafficante d’armi statunitense Brad Whitaker. Mancano soltanto gli alieni di Guerre Stellari, intenti a suonare tamburi e strumenti a fiato nella polverosa taverna di un pianeta bi-solare.
Luogo dei sogni e d’infinite battaglie dunque, di traversie, combattimenti e imprevedibili scoperte. Dove la percezione moderna della storia si dipana in un’infinità d’immagini ed inquadrature, rese manifeste grazie alle salienti telecamere di Hollywood, e non solo. Il suo nome completo: ksar Ait-Ben-Haddou, l’insediamento fortificato proveniente dal bisogno di proteggere le carovane in viaggio tra destinazioni distanti. Destinato a diventare, a secoli di distanza, un importante sostegno addizionale all’economia e il turismo di un’intera regione. Stiamo parlando, per essere chiari, del Marocco meridionale dove ben pochi altri punti di riferimento possono vantare la capacità di mettere in mostra con pari completezza il distintivo aspetto e la completezza mai contaminata della vera architettura storica di quel paese, un suggestivo sistema basato sull’impiego di mura di terra, mattoni di adobo e solide strutture lignee, nascoste dietro pareti dalle pochissime finestre, onde meglio preservare la temperatura degli spazi interni dal feroce sole a meridione del bacino mediterraneo. Eventualità rara proprio perché tale tipologia di materiali, senza una costante e laboriosa opera di manutenzione, persino in questo clima secco vanno incontro al proprio disfacimento anche a seguito di un singolo ciclo stagionale. Per scomparire quasi totalmente, trascorso un paio di decadi da loro sostanziale abbandono. Ed è perciò proprio grazie al suo importante ruolo cinematografico che l’insediamento di Ait-Ben-Haddou sopravvive, integralmente ricostruito con fondi locali coadiuvati dallo stato stesso. Grazie a un’organizzazione puntuale che i suoi stessi originali costruttori, a cavallo dell’anno Mille, difficilmente sarebbero potuti giungere ad immaginare…

La storia dello ksar, termine ad ombrello riferito alle città fortificate preso in prestito dal latino dei Romani castrum, viene convenzionalmente fatta risalire alla dinastia degli Almoravidi tra l’XI e il XII secolo, quando le tribù Lamthūna, antenati dei successivi Tuareg, avrebbero trovato una comunione d’intenti grazie allo studio della disciplina islamica malikita, sotto la guida del religioso berbero al-Juzūlī. Successivamente unificati a partire dal monastero fortificato (ribat) dell’isola di Tidra, costoro avrebbero quindi marciato nell’entroterra conquistando e convertendo territori precedentemente appartenenti all’Impero del Ghana e vari gruppi etnici sudanesi. Non è perciò irragionevole pensare che il primo sovrano propriamente detto Yusuf ibn Tashfin (1061-1106) cui viene attribuita la fondazione del nuovo centro del potere di Marrakech, avesse decretato anche la costruzione di luoghi fortificati lungo i principali sentieri commerciali, al fine di controllare e proteggere la popolazione residente entro i suoi rinnovati confini. Ciò detto, la forte Ait-Ben-Haddou fu principalmente la diretta conseguenza di una comunione d’intenti, tra cinque diverse famiglie il cui schema abitativo può ancora essere individuato nell’attuale dislocamento dei quartieri cittadini. Grazie ad altrettante fortezze ragionevolmente autosufficienti reciprocamente appoggiate a ridosso delle rispettive mura eppur ciascuna dotata del proprio granaio ghorfa, letterale sancta sanctorum per le genti abituate a vivere in un luogo come questo, in cui le risorse ed occasioni di approvvigionamento necessitano di fare conti con la spietata logica del deserto. Ed è proprio tale configurazione, ragionevolmente ricostruita in modo fedele per l’ultima volta attorno all’ottavo secolo, a donare ancora un fascino allo ksar tale da porlo al centro di tante avventure cinematografiche ma anche una destinazione molto amata dai turisti, nonostante la facilità non propriamente esemplare di raggiungere con mezzi convenzionali i pochi luoghi d’accomodamento facenti parte del suo repertorio unico al mondo. Gestiti complessivamente da un ridotto gruppo di famiglie, tra i pochi rimasti interessati ad abitare case dove l’elettricità ed acqua corrente non possono, persino oggi, venire date totalmente per scontate. Ed il modo più pratico per accogliere i turisti trasportando i loro bagagli è ancora quello di portare un asino fino alle porte che si aprono sul letto di un torrente parzialmente prosciugato. Per iniziar da lì la lunga e tortuosa risalita fino alla destinazione finale. Ma quanti scorci e quali viste senza termini di paragone altrove! Con gli edifici della casbah collinare, dalla loro spettacolare collocazione sopraelevata, spiccano completi di decorazioni murarie a forma di occhio, con probabile funzione apotropaica a vantaggio dei loro storici occupanti. E torri angolari dalla merlatura evidente sorvegliano, come fatto da generazioni, le aride valli antistanti prive di nascondigli per eventuali nemici intenti a prepararsi all’assedio finale.

Nominato doverosamente sito patrimonio dell’UNESCO a partire dal 1987, l’insediamento fortificato sulla strada del deserto ha visto in seguito di tale evento aumentare le proprie menzioni su innumerevoli guide turistiche, causando l’aumento di botteghe attrezzate per vendere prodotti tipici e souvenir. Ciononostante il consenso dei viaggiatori, facilmente reperibile online, è che l’atmosfera sembri molto meno carica di un luogo come Marrakech e riesca a persistere una tranquillità altamente caratteristica, forse anche per lo stato di parziale abbandono della maggior parte dei luoghi abitabili tra le ombrose mura. Mentre la grande maggioranza dei luoghi d’interesse risultano accessibili dietro il pagamento di un biglietto estremamente ragionevole (assicurandosi di aver pagato la persona giusta) motivato da bisogno di effettuare costantemente opere di manutenzione a vantaggio dell’integrità degli edifici locali. Minacciata in modo molto significativo, l’ultima volta, dal terremoto di settembre 2023, dimostratosi capace di causare il crollo di alcuni dei pinnacoli ed elementi decorativi a sviluppo verticale della città.
Sarebbe assurdo, tuttavia, immaginare un futuro in cui questa importante fonte di fascino ed inquadrature possa essere abbandonata a se stessa. Riconfermando ancora una volta come le logiche del guadagno e del capitalismo creativo possano servire, se non altro, a preservare importanti tesori ereditati. Mentre il denaro guadagnato dal turismo offre utili spinte motivazionali a venire a patti con il proprio patrimonio culturale. Proprio tale insegnamento ha figurato, tra le righe di pellicola, in un’infinità di storie giudicate degne di venire proiettate sullo schermo dei film.

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