È uno stereotipo più volte confermato il fatto che l’abitante d’Inghilterra apprezzi, nella maggior parte delle circostanze, effettuare scommesse su eventi non soltanto sportivi, bensì a margine di situazioni o contingenze di molteplici tipologie. Con l’intento non sempre o necessariamente allineato sulla previsione oggettiva di quanto potrebbe verificarsi, preferendo a volte dare priorità alle proprie sensazioni, l’opinione di un fugace attimo percepito come il modo d’influenzare il corso successivo degli eventi. Così nel 1986, famosamente, due agricoltori dei dintorni di Marshwood in Dorset s’incontrarono nel più famoso e antico pub della ridente cittadina, risalente addirittura a cinque secoli a questa parte. “Sai quanto sono grandi le ortiche dei miei campi?” Disse il primo. “Mai quanto le mie!” Rispose la controparte. Dal che nacque un’agguerrita discussione, all’apice della quale uno di loro postulò: “Ah, si? Allora facciamo così: se le tue sono più grandi, le mangerò con queste stesse mani.” Affare fatto, sul concludersi del pomeriggio effettuarono il confronto desiderato. E sebbene la storia non tramandi, per nostra sfortuna, chi abbia vinto la tenzone si usa dire che l’estemporanea sfida sia stata portata ad effettiva realizzazione. E l’agricoltore sfortunato, mantenendo la parola, abbia assaggiato il gusto amaro di quell’erba dolorosa.
Fine del racconto? Non proprio. Giacché caso volle, o forse il goliardico pensiero della gente di qui, che da quel giorno periodicamente diventò un’usanza radunarsi presso la fatidica Bottle Inn sulla strada comunitaria. Per osservare il comprovato mangiatore all’opera o a seconda dei casi, celebrarlo unendosi a lui. Forse un senso d’emulazione, o magari l’incoraggiamento derivante da espressioni incredule o emotive nella folla degli spettatori presenti. Galeotta fu per questo la prudenza, e incarcerato il senso di moderazione: tutti cominciarono a fagocitare, per gioco, scherzo o semplice dimostrazione di coraggio, l’erba selvatica più rappresentativa delle urticacee, U. dioica, famosa per l’irritazione causata dai sottili peli del suo gambo e le foglie. Il che potrebbe anche sembrare poco praticabile, finché non si prende atto di una tecnica affinata ormai da lungo tempo che consiste nello stringere ciascuna foglia tra indice e pollice, avendo cura di non toccare il punto centrale, dove si trova la maggiora concentrazione di tricomi. E ripiegandola come un pacchetto, masticarla attentamente, smorzandone la pericolosità prima che discenda nel canale digerente umano. Diretta conseguenza del diffondersi di questa prassi, alquanto inevitabilmente, fu l’istituzione di una ricorrenza estiva o sagra del divertimento popolare. Per cui ogni anno a giugno, fin da prima di questo XXI secolo, le persone si riuniscono e si cerca di capire chi apprezzi “maggiormente” l’ortica che riempie i tavoli di un’Olimpiade vagamente disallineata. Una misurazione, fatta in metri e metri di gambi denudati delle fronde, che tende ad aumentare in modo esponenziale ogni anno…
Si tratta, se vogliamo, di una delle molte stranezze di un week-end pensate per attrarre turisti e curiosi in una cittadina di campagna, di per se priva di particolari tradizioni o attrattive inerenti per la popolazione dei viaggiatori. Sebbene nel caso specifico, paia persistere un sincero senso partecipativo, mirato a dimostrare l’individuale superiorità nello svolgimento della singolare impresa. Così campioni e campionesse (le categorie sono divise per generi) ritornano anno dopo anno, con l’intento di riuscire conservare il proprio titolo. Ed una vera e propria hall of fame viene impiegata al fine di commemorare, per quanto possibile, i trascorsi detentori dell’eclettico trofeo, una piccola coppa dal valore estremamente simbolico, e nulla più. Attribuita a partire dai primi anni 2010 in un luogo ben diverso dalla storica Bottle Inn, le cui operazioni sono cessate a causa di problemi di gestione ed è stata venduta già più volte a nuovi proprietari dichiaratamente intenzionati a ristrutturarla. Ovvero la vicina fattoria e fabbrica di sidro organico Dorset Nectar, uno sponsor fattosi avanti in funzione dell’artificio consentito dal regolamento ed impiegato da molteplici concorrenti, che consiste nell’intingere le foglie d’ortica in tale tipologia di dolci bevande. Con l’effetto di smorzare, a quanto pare, l’effetto irritante ed attenuare conseguentemente la sofferenza. Approccio la cui diffusione progressiva, a partire da quel momento, avrebbe portato ad un’estensivo superamento dei record pregressi fino ai 23 metri di gambo spogliati nel 2010 da Sam Cunningham, pescatore del Somerset, e i 24 di Phillip Thorne del 2014, cuoco del Devon. Ampiamente superati, nell’edizione di questo 2024 da Tom Wheeler, neozelandese trasferitosi da qualche tempo a Londra, capace di raggiungere l’impressionante cifra di 35 metri d’ortica consumata. Abbastanza per mettere alla prova il sistema digerente di chicchessia, se pure non si fosse trattato della temibile erba ricca di sostanze irritanti.
Volendo a questo punto riportare l’impressione generale dei partecipanti, sarebbe impossibile non far menzione delle colorite descrizioni offerte in merito al presunto sapore di questo ingrediente infernale. Descritto in un paio di citazioni frequentemente ripetute come simile a “un’insalata rancida scondita” o “spinaci misti a deiezioni bovine”. Il che può anche in verità sorprendere, considerando come l’ortica dioica, quando attentamente cotta e preparata in cucina, può in realtà costituire il componente principale, saporito e nutriente di piatti di un certo pregio. O venire utilizzata per la preparazione di un tè dagli effetti benefici comprovati.
“Se qualcosa esiste, devo sentirne il sapore” può essere perciò considerato il sentimento che conduce, previa convivenza prolungata con una pianta dotata di sistemi difensivi avanzati, l’uomo a farne un componente collaterale della propria dieta. Come nel caso dei super-peperoncini, la cui piccantezza affine a un senso di dolore persistente viene posta al centro di gare o tenzoni concettualmente non così lontane da quel surreale banchetto dorsetiano. Il che potrebbe nel frattempo spalancarci gli occhi su importanti opportunità future, visto come l’ortica sia invasiva, pervicace e tenda a crescere pressoché ovunque. Tutte caratteristiche affini a quel tipo di super-cibo, come le alghe o la farina d’insetti, che potrebbero ben presto diventare dei pilastri della nostra dieta. E tutto grazie a una strana scommessa, di una sera imprevedibile, scaturita dall’incontro presumibile tra sostanze alcoliche ed un paio di agricoltori. Quantunque quel progresso derivatone debba necessariamente qualificarsi, in ultima analisi, come conseguenza di un singolo momento d’illuminazione sottoposto a lungo lavorìo di collettivo e approfondito perfezionamento. Cosa non farebbero, i mangiatori professionisti, per poter dire anche soltanto un giorno di essere gli “eroi” di un gruppo eterogeneo di spettatori…