Il grande tetto rosso e l’interludio non del tutto motivabile del Ferrari World Abu Dhabi

Amare qualcosa alla follia comporta spese addizionali non del tutto contestualizzate, come il viaggio verso mete via dal vicinato e il pagamento di un prezzo d’ingresso sensibilmente superiore alla media. Per le attrazioni di Abu Dhabi, s’intende, la capitale degli Emirati Arabi Uniti ed in modo ancor più rilevante la sua sfavillante isola artificiale di Yas. Ove sorge, tra le molte stravaganze, un edificio dalla forma vagamente minacciosa di un virus batteriofago, la cui caratteristica maggiormente riconoscibile risulta essere, oltre al costo d’ingresso tra i 70 e i 120 dollari a biglietto, il colore. Quanti super-capannoni simmetrici, da un’area abitabile di 26.000 metri quadri, possono d’altronde vantare la tonalità ove campeggia in molte circostanze il mitico equino di Marranello? Tutt’altro che una mera coincidenza, giacché se persiste in Medio Oriente uno stallaggio metaforico per quel logotipo animale, esso può essere direttamente situato qui, nel più grande parco a tema coperto al mondo. Il maggior tributo architettonico ad un marchio automobilistico. Nonché una tra le più intriganti e originali attrazioni di questa metropoli, per lo meno nei fugaci attimi in cui tutto pare funzionare a dovere.
Un luogo messo in opera grazie allo sviluppatore di proprietà immobiliari Miral, il gestore di siti d’intrattenimento Farah Experiences e l’azienda di contractors Six Construct (con partecipazione tecnica della ArcelorMittal). La cui finalità è rispondere ad un modo idoneo per far continuare il divertimento, anche nei periodi in cui i termometri d’estate possono superare da queste parti abbondantemente i 45 gradi. E farlo, sulla base di accordi dall’elevato grado di prestigio, mentre si presenta un’immagine e una patina visuale la cui matrice appare in modo indiscutibile ispirata all’Italia. La singolare location nasce dunque da un’operazione di co-marketing concepita nel 2007, quando lo stesso Luca di Montezemolo si recò al futuro cantiere per la sepoltura simbolica di una capsula temporale contenente un pistone del campionato di Formula 1 recentemente terminato in quell’anno. Benché la Ferrari non fosse in tale caso investitore o partner, bensì mero fornitore su licenza del proprio marchio ed assistenza nella progettazione delle attrazioni del parco. Il cui pièce de résistance, il cosiddetto pezzo forte, sarebbe stato fin da subito l’ottovolante lanciato con acceleratore idraulico Formula Rossa, nuovo circuito creato dalla Intamin, compagnia dietro le precedenti montagne russe più veloci al mondo, il Kingda Ka del New Jersey. Che nel presente caso si sono dimostrati in grado d’innalzare sensibilmente la portata del record, passando dai precedenti 206 Km/h alla cifra impressionante di 240, per di più coadiuvate da una fase di accelerazione capace di passare da 0 a 100 nel giro di appena 2 secondi. Generando una forza paragonabile a quella sperimentata da un pilota di aereo da caccia o per l’appunto, monoposto per il tipico gran premio di F1….

Con un costo totale approssimativo di 500 miliardi di dollari soltanto per la creazione delle infrastrutture, e tre anni complessivi necessari per costruirlo fino all’inaugurazione nel 2010, il Ferrari World di Abu Dhabi dovette tuttavia presto scontrarsi con significative difficoltà nel recupero delle somme investite. Portando la gestione, in una serie di fasi successive, a significative riduzioni del personale e degli orari di apertura, eliminando completamente la fascia serale in cui tutte le attrazioni rimanevano aperte fino alle 22:00. Inoltre, problema anch’esso non da poco, gli addetti alla manutenzione tecnologica si ritrovarono ben presto a fare i conti con le difficoltà inerenti nel far funzionare meccanismi complicati in un luogo dal clima tanto estremo, la cui incandescenza risultava coadiuvata da stagionali e devastanti tempeste di sabbia. Ciò soprattutto per le attrazioni che prevedono un parziale o totale funzionamento all’aperto, come anche il Turbo Track, una rotaia verticalmente posta a stagliarsi contro il cielo con rapida accelerazione a marcia indietro per ritorno al punto di partenza. Ma in modo particolare l’eccezionale ed ultra-rapido Formula Rossa, il cui tracciato prevede un’estensiva escursione verso il deserto tra curve e volteggi concepiti per ricordare “l’esperienza di guida di una supercar in pista”. Il cui punto di forza maggiormente distintivo rispetto a tecnologie simili in altri contesti, un sistema di raffreddamento realizzato ad hoc capace di spruzzare acqua su ciascun trenino al termine del giro, potrebbe ipoteticamente essersi dimostrato inefficace, se è vero che l’attrazione risulta chiusa, per ragioni del tutto misteriose, dal tempo ormai notevole del gennaio di questo 2024 (7 interi mesi). Un’eternità in questo settore, che lascia immaginare non semplici riparazioni ma una parziale o importante riprogettazione del funzionamento, possibilmente collegata a questioni di sicurezza. Il che ha costituito indubbiamente una perdita d’introiti non trascurabile per il parco già da tempo non del tutto abile nel garantire un ritorno pari alle aspettative, per non parlare al danno d’immagine nei confronti delle compagnie coinvolte. Un vero peccato, ciò resta indubbio, visto l’interesse sincero e chiara competenza dimostrata dai creatori del parco, con l’intero comparto di esperienze offerte in aggiunta a quelle citate direttamente o indirettamente connesse al Bel Paese, a partire da Bell’Italia, una sorta di Minimundus per bambini visitabile mediante una fedele riproduzione in scala di una Ferrari 250 California. Così come riprodotte fedelmente appaiono le F430 spider impiegate come base per i vagoni del Fiorano GT Challenge, un ottovolante “competitivo” in cui due gruppi di fruitori si sorpassano ripetutamente in una serie di volteggi e cabrate. Un’idea quest’ultima, di associare il tema peninsulare al campo dell’aviazione, di nuovo ripresa nella Flying Wings, un’attrazione in cui si viene posti alla guida immaginifica di un quello che vorrebbe ricordare un biplano della grande guerra. Ulteriore attrazione verticale, nel frattempo, quella che promette l’ingresso metaforico all’interno di un gigantesco motore, immagine in realtà non comunicata poi tanto efficacemente stando alle recensioni reperibili online. Completano il comparto, come immancabilmente previsto nei tempi odierni, un’ampia selezione di giostre virtuali con postazioni mobili e schermi dedicati alla storia della Ferrari, visite a distanza di luoghi italiani e voli pindarici dell’immaginazione. C’è anche l’opportunità di cimentarsi nel cambio gomme di una monoposto e concludono l’offerta, con doverosa concessione al tema, alcuni simulatori di guida con maxi-schermi avvolgenti, il cui utilizzo richiede tuttavia il pagamento di un biglietto aggiuntivo.

Ed è forse tutta l’impostazione generale mirata a far pagare ogni singolo extra, in aggiunta all’ormai lunghissima chiusura del Formula Rossa, ad aver motivato il calo recente apprezzabile nelle opinioni dei clienti su Internet, oggi vera e propria linfa vitale di un luogo di siffatta concezione procedurale. Possibilmente destinato a mimetizzarsi tra le numerosissime altre location già presenti sulla sola isola artificiale di Yas, inclusive tra le altre di acquapark Waterworld, delfinario SeaWorld, Luna Park della Warner Bros, campo da golf e naturalmente il circuito utilizzato nei gran premi di Formula 1 a partire dal 2009, possibile ispirazione proprio alla cognizione e posa in opera del singolare parco divertimenti. L’esclusività non è d’altronde mera conseguenza del concetto di lusso. Ma talvolta l’oggettiva ed innegabile mancanza di alcunché di paragonabile fuori dallo specifico luogo oggetto di una visita o diretta partecipazione. Purché problemi di natura logistica o auto-imposti limiti di spesa non si mettano di traverso, come i problemi elettrici al motore durante la recente gara in Canada, a Montreal. Poiché il successo negli sport motoristici è sempre il risultato di un perfetto connubio tra l’uomo, i suoi sogni e la macchina. Ed è proprio quest’ultima, nella stragrande maggioranza dei casi, a presentare la più alta percentuale di possibili contrattempi.

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