Setole di fuoco e sofferenza: l’anticipo del caldo ha richiamato il vermocane

“Gli scarafaggi sopravviveranno!” Per quanto possa essere correntemente udita, e ripetuta come un certo tipo di proverbio dell’Era contemporanea, non è chiaro se si riesca a interpretare tale frase fino alle sue ultime e più problematiche conseguenze. Poiché non occorre nessun tipo di guerra nucleare, o apocalittica catastrofe meteorologica, affinché l’uomo si ritrovi a pagare pegno come conseguenza delle proprie azioni. Il che significa una Terra dolorosamente avvelenata dall’inquinamento; ma anche, e soprattutto, la carente biodiversità dei giorni a venire. Pochi animali, dove un tempo ce n’erano molti, e ciascuno l’ultimo depositario di una linea evolutiva. che potremmo definire in essi declinata fino al punto più elevato dei concetti di adattabilità e resistenza. Chiavi di lettura in base a cui gli esponenti dell’ordine dei blattoidei stanno agli insetti, come i policheti agli anellidi marini, o per usare una qualifica più ad ampio spettro, gli spazzini serpeggianti e banchettanti dei mari. Definizione particolarmente calzante per quella che Aristotele chiamava “scolopendra dei mari” prima che l’introduzione del sistema binomiale scientifico portasse all’inaugurazione dell’appellativo Hermodice carunculata, benché tra gli ambienti dei pescatori o chiunque altro abbia regolarmente a che vedere con queste creature, gli venga normalmente anteposto qualcosa sulla falsariga di: “Quel dannato verme, figlio di un cane!”, “Baubau, non di nuovo!” oppure. in modo ancor più diretto: “Ahia, per il mastino del dio Nettuno!” Quest’ultimo perché il nostro oblungo amico misurante in genere fino ai 30 cm benché esemplari eccezionali di fino a 50 siano stati menzionati dalla letteratura, vanta come caratteristica dominante una fitta quantità di setole lungo l’intero estendersi dei suoi 60/150 segmenti corazzati, dall’aspetto morbido ma che in realtà nascondono vibrisse aguzze ed uncinate, capaci di restare infisse nella superficie epidermica di chiunque sia abbastanza sfortunato da entrare in contatto con loro. Procedendo quindi ad iniettare mentre agita esultante le sue innumerevoli coppie di parapodi (zampette) in base al preciso progetto dell’evoluzione, una tossina neurologica capace d’indurre irritazione, bruciore, mancanza di sensibilità. Per un tempo anche di giorni, o settimane, nella maniera ampiamente documentata grazie ai pescatori che ne trovano ogni anno multipli esemplari nelle rete, insinuatosi all’interno di esse al fine di scarnificare vivi i pesci prima che possano essere tirate nuovamente a bordo. Una casistica che in anni pregressi si verificava una, forse due volte a stagione, ma che ora sta diventando progressivamente più comune ed in modo particolare in questo anno 2024, che ha già infranto tutti i record di calore medio a partire dallo scorso gennaio. Per il quale inizia profilarsi un’estate che sarà infernale, da più di un punto di vista verso cui sia possibile fare riferimento…

Membro della famiglia degli striscianti subacquei Amphinomidae, soltanto lievemente imparentata con il temutissimo verme di Bobbit alias Eunice di Rimini (E. aphroditois) il cugino caruncolato rappresenta di per se una tipica presenza dalla distribuzione nell’intera zona atlantica dal Golfo del Messico alla Guyana e fino al Mediterraneo, probabilmente in paziente attesa di essere diviso in diverse sottospecie o gruppi tassonomici del tutto distinti, anche visto la variabilità di forme e colori variabili dall’arancione, al marrone scuro, al verde. Un’affermazione ad ampio spettro che, quando si parla d’invasione in atto nelle nostre acque, può superficialmente tendere a trarre in inganno: poiché tale creatura presso questi lidi c’è sempre stata, testimone il sopracitato Aristotele e vedi anche il titolare appellativo aneddotico, capace di associare l’indesiderabile presenza al vermocane, creatura della mitologia greco-romana per metà Fido e nella rimanente parte insetto infernale privo di zampe, che può indurre con il suo latrato alla follia. Indesiderabile non soltanto in funzione della già citata dotazione di veleno neurotossico e la voracità nei confronti del pescato, ma anche per l’effetto nocivo che simili creature, in quantità spropositate, tendono ad avere sulle condizioni dei fondali mediterranei un tempo soltanto meridionali, ma in epoca più recente sempre più a nord, con numerosi avvistamenti in Toscana e persino la costa Ligure, fino alla Francia. Trasformandosi in condizioni di sovraffollamento da semplici spazzini in predatori attivi, di ogni cosa che riesca a muoversi e respiri inclusi i polipi dei coralli, non soltanto fagocitati grazie all’uso della radula (assieme alle loro pregevoli formazioni calcaree) ma anche contagiati dalla presenza nel proprio organismo di una varietà di batterio sbiancante, morbo distruttivo in grado di annientare intere barriere. Una situazione come dicevamo dovuta al caldo, molto apprezzato da questo animale, ma anche il concetto stesso di mutamento climatico come fattore avverso nella proliferazione di saraghe, pagelli ed orate, gli unici pesci dotati di una bocca abbastanza forte, e resistente alle armi chimiche, da poterne fagocitare fagocitare un esemplare tutto intero. Fattore rilevante, quest’ultimo, data la propensione del vermocane a rigenerare quanto meno la parte posteriore di se stesso, laddove per analogia col verme di Bobbit ed altre simili mostruosità, non sia del tutto irragionevole immaginare delle fasi di riproduzione asessuata, durante cui la scolopendra aristotelica ed ermafrodita si separa intenzionalmente in epitoco ed atoco, ciascuna metà perfettamente in grado di creare nuovamente le parti mancanti. Ponendo le basi di una pluralità di battaglie, ciascuna impossibile da vincere come nel caso dell’erculea Idra di Lernia…

Non tutte le condanne ecologiche, a questo punto, vengono importate dall’esterno e non tutte sono la derivazione ragionevolmente diretta dell’intervento umano inteso come “pesciolino liberato” da un dismesso acquario (e d’altronde chi vorrebbe mai una simile presenza mostruosa, per quanto messa sottovetro, nel proprio salotto di casa…) Quando può sussistere l’alternativa casistica di un’entropia incipiente, quel progressivo surriscaldamento di un pianeta che facilmente allineato al biologico concetto della febbre di un organismo pensante. Condannato a ricercare la sopravvivenza raggiungendo improvvide temperature. Il che dovrebbe tendere, idealmente, a guarirlo.
Ma fino a quando? Gli insetti alati nelle loro affollate città segrete, pazientemente attendono di decollare. Mentre i vermi controllati dalla fame, continuano ad andare in cerca di più vasti territori da scarnificare. L’unica speranza che ci resta, in fin dei conti, è fare in modo di durare più a lungo di loro. Un compito piuttosto arduo, non c’è che dire.

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