L’impresa della gru ed il viaggio mistico di 10.000 tonnellate sopra i mari

Sale, sale verso il cielo il carico impossibile, che sfida l’inumana percezione della massa come implicita derivazione della spettacolarità. Obiettivi di registrazione ed occhi spalancati fissano con energia magnetica il mostruoso vascello, recentemente fuoriuscito dai cantieri coreani di Yeongam ed attualmente impegnato a sovvertire la collocazione generalizzata di un qualcosa di praticamente altrettanto grande. È la primavera del 2015 e nulla, in questo specifico settore, sarà mai più lo stesso di prima.
Costituisce d’altro canto una comune pratica, lungo il passaggio plurimo e del tutto progressivo dei secoli occorsi, la questione in base a cui il sollevamento delle cose tende a costituire il nesso imprescindibile dell’operato umano. Un’approccio sempre valido a cambiare le cose: poiché una volta che i pesanti componenti sono stati sovrapposti, l’uno a ridosso dell’altro, correttamente conseguenti dal bisogno torreggiante di creare “qualcosa”… Non è forse allora che il coronamento di un progetto può davvero dirsi pienamente realizzato? Espletato a beneficio delle correnti, e successive generazioni del vasto mondo. Ma ci sono gradi differenti di difficoltà, persino in questo e non c’è dubbio in merito alla successiva questione: il più elevato (in senso metaforico) è riuscire ad elevare (in senso pratico) gli oggetti che hanno un utilizzo nel campo del galleggiamento con precisi obiettivi navali. Vasti scafi o addirittura interi piani preventivamente fabbricati, componenti delle semi-sommergibili che siamo soliti chiamare “piattaforme petrolifere” dei mari. Poiché se il porto può disporre delle straordinariamente utili gru a portale (gantry crane in lingua inglese) i cui pilastri e l’architrave sono soliti spostarsi grazie ad assemblaggi di ruote, cingoli o binari, ciò non può sempre risolvere il problema del caso fondamentale. Giacché può capitare, in molti e alternativi casi, che la cosa da spostare debba sovrapporsi dalla parte alternativa a quella della terraferma; ovvero sopra una struttura, essa stessa e di per se stessa, già posizionata tra le onde dell’oceano incostante. Eppure l’acqua e incomprimibile e il dislocamento una fondamentale legge di natura. Dunque perché mai dovremmo farci remore, nel proposito fondamentale di posizionare il dispositivo di sollevamento… In mare. Come fatto già da tempo e anche dalla divisione logistica delle Hyundai Heavy Industries (HHI) gigante coreano del settore, grazie al tipico sistema della gru rotante sopra vari tipi di vascelli. Che però ha da sempre posseduto un certo grado di ridondanza. Poiché nulla gira meglio su se stesso, di ciò che stato attrezzato con potenti eliche navali in contrapposizione. Ovvero gli strumenti principe dell’imponente gru a braccio inflessibile o in termini anglofoni, la floating sheerleg

Duplice, a voler essere precisi, poiché è di questo che stiamo parlando con riferimento alla Hyundai 10.000 ripetutamente celebrata su Internet, la più grande esponente di categoria nonché capolavoro dell’ingegneria contemporanea, applicata alla risoluzione di un singolo, quanto importante problema. Che poi si trova pienamente riassunto nel numero facente parte del suo nome, che non indica la serie bensì l’effettivo peso massimo (teorico) che tale arnese può dirsi capace di sollevare. Tesi molto prossima ad essere effettivamente dimostrata nel recente 2021, con l’impresa mostrata in apertura dell’assemblaggio del sistema di produzione di greggio semisommergibile King’s Quay, costruito per un’impresa americana e destinato successivamente a trovare collocazione nel Golfo del Messico. Per un peso del singolo componente maggiore pari a 9.100 tonnellate, assoluto record nazionale ed in questa effettiva categoria di sollevamento, del mondo intero. Per non parlare della scena celebre, più volte diventata virale sulla piattaforma un tempo nota come Twitter, dell’innalzamento quasi surreale della nave portacontainer giapponese Spinner II, in circostanze ed un momento largamente misteriosi, benché probabilmente collegati ad operazioni di manutenzione da compiersi presso le strutture dedicate della HHI ad Ulsan, Corea del Sud. Non che un tale proposito fosse in alcun modo capace di mettere in difficoltà la gru galleggiante oggetto della qui presente trattazione, un titanico apparato dal costo di 24 miliardi di won coreani (22 milioni di dollari) e 182 per 70 metri di stazza. Sovrastati da una coppia di doppi bracci di sollevamento con lunghezza fissa pari a 180 metri, collegati a protrusioni d’ancoraggio poppiero di ulteriori 70 metri. Capace di veicolare otto serie di ganci ciascuno certificato per il peso unitario di 1.250 tonnellate, da collegare strategicamente in base alla conformazione dei carichi più imponenti. Un vero e proprio mostro titanico dei mari, che tuttavia non può esimersi dal sollevare il carico di turno in maniera straordinariamente lenta e progressiva: un po’ alla volta, mentre i serbatoi di zavorra collocati in opposizione vengono riempiti allo stesso ritmo. Ciò al fine di evitare il terribile capovolgimento dell’intero implemento, per una diretta conseguenza delle leggi newtoniane di azione e reazione. Ragion per cui la Hyundai 10.000, come gli altri esponenti comparativamente grandi di categoria, è stata concepita al fine di poter mantenere sollevato il carico anche in caso di eventuali avarie ad uno o più dei quattro generatori elettrici da 2.200 kW ciascuno, fino all’intervento di riparazione urgentemente necessario al fine di scongiurare il disastro. Non che simili episodi siano mai avvenuti in passato, né possiamo in alcun modo immaginarne l’occorrenza probabile in futuro.

Mentre assolutamente insostituibili possono riuscire a dimostrarsi simili dispositivi, nel caso di episodi disastrosi avvenuti altrove, proprio al fine di arginare e in qualche modo rimediare alla contingenza fisica che tende a derivarne. Vedi una delle prime missioni compiute dalla Hyundai 10.000 poco dopo il suo varo, coinvolta sul finire del 2015 nel recupero del traghetto Sewol 44 metri sotto il mare nel canale Maenggolsudo. Trattandosi dell’imbarcazione coinvolta nel gravissimo naufragio, costato la vita a 304 persone, che negli anni successivi portò a significative variazioni nelle norme di sicurezza e l’addestramento dell’equipaggio nell’intero settore marittimo sud coreano.
Poiché non c’è sollevamento più difficile, rispetto a quello dell’effettiva condizione ed il valore attribuito al tesoro insostituibile della vita umana. Che non potrebbe prosperare alla stessa pratica maniera, senza fare affidamento su estensioni pratiche della propria mente e la logica risoluzione dei problemi pendenti. E per ogni problema è sempre possibile trovare una soluzione. Anche se è scontato di riuscire a farlo in tempo utile, prima che il peso delle cose abbia già declinato il susseguirsi delle cose alle più estreme quanto indesiderabili conseguenze.

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