Dalle tenebre con occhi di braci, il gatto demone dei monti Appalachi

Un criptide costituisce, nella maggior parte dei contesti storici o contemporanei, la manifestazione ipotetica di una paura collettiva, conseguenza della suggestione collettiva in merito a ciò che potrebbe anche persistere, da epoche o momenti ormai perduti tra le nebbie del tempo. In questo senso simili creature, abitando lo spazio insostanziale tra sogno e realtà, perseguitano i popoli sia da svegli che nelle ore oniriche, palesandosi tra il sottobosco con caratteristiche fuori misura, difformi o improbabili dal punto di vista evolutivo pregresso. Fa eccezione da questo punto di vista il wampus, presenza folkloristica tradizionalmente menzionata in luoghi ancora parzialmente incontaminati come gli stati nordamericani del Maryland, la Pennsylvania, la West Virginia. Dove il tradizionale quanto inevitabile “spauracchio” utilizzato per costringere i bambini all’obbedienza, piuttosto che assumere la forma fin troppo familiare di un rapitore oscuro o demoniaco, si aggira con passo felpato attorno alle dimore avìte, producendo quando necessario un verso del tutto simile al terribile ululato di un segugio infernale. Perciò si dice che esso sia una sorta di ibrido tra cane e gatto, benché la somma complessiva delle sue caratteristiche lo porti decisamente a soggiornare nella metà felina del cielo. Terribile, spietato nell’opinione di alcuni, del tutto inoffensivo fatta eccezione per il suo aspetto terrificante in base a quanto riportato da altri, questo peloso abitante dei boschi montani ha caratteristica di essere rimasto per lo più un’ipotesi aneddotica per secoli, fino a una sorta di frenesia iniziata negli anni ’20 del Novecento, quando alcune morti sospette di animali domestici, bestiame e persino una guida umana di nome John Andrews, indussero diversi abitanti di comunità isolate all’organizzazione di grandi cacce, culminanti con la cattura presso Benton, Tennesse di un misterioso animale simile a una pantera. Il quale sarebbe scappato, a quanto si narra, soltanto tre giorni dopo, lasciando mere menzioni orali e prevedibilmente neanche una fotografia per cementare a beneficio collettivo il suo presunto aspetto. Non che manchino estensive descrizioni, spesso contrastanti, in merito a come potesse effettivamente presentarsi la suddetta creatura: un felino muscoloso ed imponente simile quasi ad un orso, dalla lunga coda usata per controbilanciare la sua massa durante le agili svolte tra gli alberi, con testa squadrata, orecchie triangolari ed un paio di occhi straordinariamente luminosi, capaci di assomigliare a fiamme fluttuanti tra gli alberi della foresta. In altri termini, nella sua accezione maggiormente razionale, possibilmente un puma (P. concolor) o jaguarundi (Herpailurus yagouaroundi) predatori effettivamente presenti in simili recessi territoriali, benché alcune delle prerogative esposte risultassero effettivamente incapaci di collimare con questa tesi. Vedi l’eccezionale ingegno dimostrato nell’eludere i cacciatori umani e catturare, ogni qual volta se ne presentasse la necessità, le grandi aquile di mare, da cui in base a leggende locali fosse solito strappare le piume della coda, lasciandole in giro o addirittura portandole in dono ai nativi delle tribù Cherokee, che in seguito le utilizzavano per realizzare i loro celebri copricapi. Un rapporto apparentemente amichevole benché esistano almeno due leggende, finalizzate a rendere più chiaro un simile collegamento, capaci di donare in quel contesto entico connotazioni ben più minacciose al wampus, facendone un ostinato nemico delle loro discendenze ben più antiche della nostra venuta. A patto di dimenticare come l’etimologia stessa del gatto in questione sembri renderlo, più che altro, una creazione successiva degli europei, alle prese con una natura largamente incontaminata e del tutto diversa da quella di cui avevano conoscenze pregresse…

Nel dialetto dei coloni statunitensi e in buona parte del meridione canadese, esiste effettivamente il termine idiomatico catawampus, generalmente utilizzato come aggettivo per riferirsi a qualcosa di caotico o difforme, imprevedibile nella propria organizzazione pratica o funzionamento. Il che parrebbe essere stato sostituito per analogia, in qualche imprecisato momento pregresso, alla parola composita catamount, contrazione di cat of the mountain, l’appellativo generico utilizzato in epoca pre-moderna nel Nuovo Mondo per qualsiasi grande felino dalla provenienza o caratteristiche incerte. Da cui l’ulteriore abbreviazione, dotata di assonanza chiaramente fantastica, di wampus o wampus cat. Le cui doti e caratteristiche improbabili, quasi doverosamente, avrebbero teso ad aumentare col passare delle decadi e dei secoli dall’Era dei primi coloni, ivi inclusa l’ipotesi del tutto non verificabile che potesse possedere un terzo paio di zampe utilizzate per difendersi anche durante i propri spostamenti a gran velocità. Una bizzarra immagine, affine a quella del centauro della mitologia greco-romana, potenzialmente collegata alle entità sovrannaturali locali dei mutaforma o skinwalkers, personalità sciamaniche capaci di trasformarsi parzialmente o del tutto in degli animali. Non necessariamente in modo volontario, come narrato nella prima storia dell’origine Cherokee del “mostro”, in base a cui lo spietato felino altro non sarebbe che una donna che aveva violato un importante tabù, nascondendosi sotto le pelli di animali per assistere ai riti propiziatori per la caccia degli sciamani del suo villaggio. Mentre un ruolo maggiormente benevolo finiscono per avere i suddetti uomini magici, nella vicenda vissuta da Cervo che Corre, la moglie del grande guerriero Orso in Piedi, rimasto colpito da un’improvviso ed incurabile accesso di follia, possibilmente dovuto all’incontro con un demone femminile ed antropomorfo di nome Ewah, estensivamente menzionato nelle leggende. Da cui l’iniziativa della consorte di farsi dare dagli stregoni una maschera magica capace di trasformarla in un felino, con l’obiettivo di trovare e scacciare via la tremenda presenza sovrannaturale. Impresa che l’avrebbe trasformata in modo irreversibile, con il trascorrere degli anni, in quello che ora siamo soliti chiamare il wampus cat.
Farebbe dunque specie il tipo di efferate uccisioni e la violenza manifestata dall’ipotetica creatura a partire da Knoxville, Tennessee quando dozzine di cani furono ritrovati scuoiati ed un asino privo di cuore sul finire del 1918, mentre da numerosi polli nelle fattorie rurali era stato estratta completamente fino all’ultima goccia di sangue. Il che avrebbe portato nel giorno della festa del Ringraziamento alla spedizione nei boschi di 75 cacciatori armati di fucili ed altre armi da fuoco, che non scovò di suo conto alcuna misteriosa creatura. La frenesia d’altronde, almeno fino Natale, non avrebbe avuto alcuna battuta d’arresto, con un negozio in particolare che si dimostrò in grado di fare ottimi affari esponendo l’abito strappato di “una donna attaccata dal wampus”. Altri, nel frattempo, offrivano cospicue ricompense per la cattura o una chiara prova dell’esistenza della creatura. L’auspicata circostanza, tuttavia, non ebbe allora nessun modo di palesarsi.

Che in seguito a Benton qualcuno abbia avuto nella gabbia il suddetto animale mutaforma, o entità effettivamente associabile ad esso, è un mistero destinato a rimanere irrisolto. Non che gli eventi generalmente associati al wampus siano così distanti da situazioni collegate ad animali esistenti, con persino il suo verso accomunabile al tipico richiamo delle linci del Nuovo Mondo (L. canadensis) il cui risuonare quasi umano ha fatto gelare il sangue a più di un consumato cacciatore di quegli ambienti. Il che lascia desumere, allo stato attuale dei fatti, una chiara inversione dei rapporti di forza tra questo rappresentante del mondo selvatico e l’attuale, dilagante civilizzazione contemporanea. Non esiste in fondo uno spietato artiglio che possa sconfiggere automobili o localizzatori GPS. Foto satellitari, visori termici o l’avvistamento da elicotteri sopra la cima degli abeti. La cui ombra non potrebbe più nascondere, neppure nel più ottimistico e furtivo dei casi, l’improbabile quanto impressionante presenza di un giaguaro a sei zampe.

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