Dalla Siberia al Sudafrica, dal Portogallo all’India, in particolari ambienti paludosi è consuetudine che s’oda in certi periodi dell’anno un richiamo ripetuto e sottile. Questo è il verso, nella misura in cui può essere sentito e interpretato dall’uomo, del pugnace Calidris, l’uccello conosciuto fin dai tempi antichi come il portatore di un’augusta novella. Poiché non c’è mai pace, per chi ha il segno di un’implicita prerogativa: primeggiare tra le moltitudini di centinaia o migliaia di compagni pennuti. Senza mai dimenticare il senso ed il significato della parola “stile”. Così fuoriuscito da un dipinto ad olio di epoca Barocca, questo volatore figlio degli aspetti più creativi della natura è solito mettere innanzi il biglietto da visita dei suoi maschi alfa: augusti ed eleganti dominatori del territorio, nei periodi al culmine del circuito migratorio, quando il nido è stato completato e la corona morbida si agita nel vento. Una cresta particolarmente scenografica che fa da contrappunto a ciò che dona il nome comune del volatile in lingua inglese: ruff o “gorgiera”, l’iconico accessorio pieghettato di moda del XVI e XVII secolo, capace d’incorniciare un viso come sul vassoio di un’invitante portata conviviale. Il che è in un certo senso ironico, vista la caccia sregolata che si è fatta per parecchi anni a scopo gastronomico di simili esponenti dell’ordine dei caradriformi, imparentati alla lontana (strano a dirsi) coi gabbiani delle nostre spiagge maggiormente affollate. Questo perché il ruff, noto in Italia come il combattente, è fondamentalmente una variante del concetto di beccaccia adattatasi nel tempo a ricercare il cibo nel bagnasciuga. Il che ne fa un tipo di uccello, ed un sapore, facilmente integrabile nel menu di un pranzo a base di cacciagione. Non che il suo stile di vita di uccello a forma di lampada di 29-30 cm al massimo, incline a mettersi in gioco e confrontare le reciproche opportunità di fare colpo su una femmina (chiamata gergalmente ree, forse dalla parola reeve – festaiola) tra le ampie schiere dei maschi adulti, lasci un grande spazio al nichilismo e la percezione dell’ineluttabilità del fato. Ove ogni lasciata è persa e la programmazione dei comportamenti, che in natura e nello studio dei suoi abitanti prende il nome di evoluzione etologica, lascia spazi significativi all’opportunità di mettersi in mostra e ad ogni occasione, spintonarsi e beccarsi tra consimili al fine di ottenere il meglio per i suoi preziosi geni. Una finalità effettivamente perseguita, nel caso specifico, in maniera differente da qualsiasi altro volatile di questa Terra, giacché è possibile affermare che nell’organizzazione dei suoi lek (tenzoni collettive) il C. pugnax si dimostri guidato dall’intento di far colpo in primo luogo sugli altri membri del sesso di Marte, piuttosto che sulle pacate, più piccole e comparabilmente anonime controparti. Pronte a concedere il pegno del proprio amore (fisico o spirituale che sia) soltanto al presentarsi imprescindibile di una serie di condizioni. Che guidano e determinano l’aspetto dell’instancabile conflitto…
Il ruff è dunque un uccello che presenta una significativa variazione intraspecifica, pur in presenza di una singola varietà iper-territoriale riconosciuta dalla tassonomia vigente. Soprattutto per quanto concerne l’aspetto esteriore dei maschi, che potevano essere fino ai tempi recenti di due tipi distinti; questo finché nel corso dell’ultima decade, da osservazioni genetiche più approfondite, non si è giunti alla cognizione di una terza varietà per così dire criptica, il cui stile nell’approccio risulta essere di uno stile alquanto controintuitivo ed originale. Sto parlando dunque, nell’ordine, del tipico e più diffuso esempio di combattente, il guerriero dotato di un’area d’influenza e per questo detto territoriale, che difende attivamente e con gran dispendio d’energia il proprio harem di ammirate consorti. Colui che risulta dotato, fin dal raggiungimento dell’età adulta e nelle stagioni dell’accoppiamento, della più gloriosa cresta-collare di colore nero o marrone, sotto ogni punto di vista simile alla criniera di un predatore leonino. Il che non gli garantisce d’altra parte, in ogni circostanza, il trionfo vista l’esistenza dei maschi “satellite” o “secondari” la cui cresta di colore rigorosamente bianco annuncia uno stile comportamentale dal basso livello d’impegno e nessun territorio da proteggere. Ma l’insistente indole ad insistere ed invadere ogni qual volta se ne presenta l’opportunità, riuscendo normalmente a rimediare l’opportunità di almeno un singolo accoppiamento a stagione. Il che ci porta, di contro, al terzo e più subdolo tipo di aspirante riproduttore tra i Calidris, il faeder o aspirante criptico del tutto privo di ornamenti apprezzabili nel suo aspetto evidente. Portatore di un gene alquanto raro presente in media su uno di un migliaio di uccelli, che lo rende in tutto e per tutto simile a una femmina e lo porta anche, in varie circostanze, ad accoppiarsi coi maschi. Circostanza entro la quale, tuttavia, è spesso proprio lui ad occupare la posizione soprastante, in forza delle proprie gonadi sproporzionatamente gradi ed effettivamente in proporzione le più massicce dell’intero mondo dei volatili. Che gli permettono, ogni volta in cui riesce ad invadere lo spazio di un maschio alfa, di riprodursi con un grado di successo straordinariamente elevato. Ecco dunque, l’idea: che la virilità tra i caradriformi non sia pura e semplice apparenza, bensì l’espressione di una dote implicita che viene ereditata in funzione del codice genetico. Ove le strutture architettate dalla mente osservatrice non abbiano più alcun tipo di efficacia nel determinare il ruolo posseduto da ciascun abitatore di questi lidi.
Una volta stabilite le coppie assolutamente fluide, con un grado di poliandria notevolmente superiore a quanto ci si potrebbe aspettare con la struttura sociale posseduta da questi uccelli, sarà quindi il maschio principale assieme alla femmina ad occuparsi della costruzione del nido, un semplice spazio accuratamente nascosto sul terreno ai margini della colonia itinerante. Ove ella procederà alla deposizione e conseguente covata solitaria di fino a quattro uova di 44 mm, dalla caratteristica forma appuntita, per un periodo di 20-23 giorni. Una mansione non sempre semplice vista l’esistente predazione ai danni di questi volatili da parte di un’ampia gamma di predatori, ivi incluse volpi, mustelidi, gatti ferali ed altri uccelli come corvi, rapaci e labbi (skua). Prevalentemente insettivoro e mangiatore di semi, il combattente vanta una dieta versatile che varia molto in base al territorio occupato in ciascuna fase della propria esistenza, con particolare preferenza per le piante e le piccole creature acquatiche, ricercate nel corso delle sue lunghe sessioni di procacciamento. Che tendono a vederlo particolarmente attivo nella regione autunnale prima dell’inizio della migrazione, con un aumento di massa corporea quotidiano in grado di raggiungere anche l’1%.
Il che è ovviamente un bene, poiché la natura è una crudele signora che non perdona alcun tipo di leggerezza. Ed ancor più spietato riesce ad essere l’uomo, capace di ridurre sensibilmente nel corso degli ultimi secoli la popolazione di simili creature in tutta Europa. Tanto che se oggi non si trova indicizzato come specie a rischio, ciò è dovuto principalmente alle ampie popolazioni in zone irraggiungibili del Circolo Polare Artico. Tra gli ultimi territori, allo stato attuale dei fatti, che possano ancora dirsi ragionevolmente incontaminati. Per ora…