Così a fondo è penetrato nel tessuto della cultura di massa il fraintendimento fondamentale di questa tipologia di armi, che lo stesso termine inglese impiegato per riferirsi ai fucili a canna liscia, shotgun viene spesso tradotto tramite l’impiego dell’apposizione “a pompa” tralasciando il palese significato di quel termine riferito alla specifica metodologia di funzionamento. Ben oltre il concetto generico di un’arma lunga caricata con cartucce cilindriche, il cui carico utile è rappresentato da un agglomerato di sfere destinate a diffondersi a raggera. Riferendosi piuttosto al sistema, brevettato per la prima volta nel 1854 a nome di un certo Alexander Bain d’Inghilterra, per permettere al cacciatore di sparare più volte in successione rapida, con un rateo comparabile a quello di un’arma automatica ma un rischio assai minore di andare incontro a contrattempi nel suo funzionamento. Che un Remington 870 come il protagonista di questo video possa incepparsi non è del resto totalmente inaudito, benché ciò capiti generalmente a causa dell’impiego di munizioni scadenti o acquistate da fornitori poco validi allo scopo. Un tempo eventualità dalla maggior frequenza, a causa dell’involucro cartaceo ed impreciso utilizzato per contenere la materia prima oggetto dello sparo.
Ce ne dimostra le ragioni, accompagnando le immagini a un’approfondita verve didascalica, Matt Rittman, già realizzatore di un’interessante serie di elaborazioni grafiche finalizzate a spiegare il funzionamento di quegli strumenti strettamente imperniati nella vita quotidiana statunitense, le armi da fuoco. Aiutandoci a scacciare, almeno in parte, le incertezze che derivano dal disinteresse latente per un meccanismo così basilare, da essere dato frequentemente per scontato. Molto nota risulta essere, d’altronde, la maniera largamente imprevedibile in cui funzionano le sparatorie hollywoodiane, in cui pistole o revolver non hanno un numero di colpi rispondente alla realtà. E chi preme il grilletto riesce a farlo con la gravitas che gli viene data dal suo ruolo nella storia, sia egli protagonista, antagonista o il deuteragonista destinato a perire nella penultima scena. Laddove ancor più folle è il tipo di utilizzo che ne viene fatto dentro il media digitale interattivo, dove non è sempre necessario, ad esempio, ricaricare. Non che il prototipico movimento, quel pompaggio diventato un punto fermo nei conflitti a corto raggio fin dall’epoca della grande guerra, abbia la dote di far materializzare magicamente un colpo in canna. Benché senza guardare uno spaccato del funzionamento di quel meccanismo, possa essere talvolta proprio quella l’impressione di base; osservate, dunque, la scorrevolezza del componente che prende il nome di carrello o forend. Al tempo stesso impugnatura e chiavetta dell’orologio, manovella del vecchio motore a combustione interna, pala del mulino posto lungo il fiume delle circostanze. Trampolino dei proiettili, lanciati all’indirizzo del bersaglio di turno…
La chiave di volta nella comprensione delle circostanze, d’altra parte, deriva dal caricatore tubolare sotto-canna, dove possono trovare posto dai 3 ai 7 colpi in base al modello preso in esame di volta in volta. Il cui rifornimento avviene, nella maniera più pratica possibile, mediante una finestra verticale posta a ridosso del calcio dell’arma. Uno alla volta e preferibilmente, come insegnano nei corsi militari e di polizia, per ogni colpo sparato poiché non esiste un modo per controllare esternamente lo stato del munizionamento residuo. A meno di contare in modo preciso il numero di volte in cui si spara e preme indietro, quindi si riporta in posizione neutra il carrello. La stessa manovra diventata celebre, per un’intera generazione di estimatori meramente teorici del conflitto digitalizzato, grazie al videogioco Doom ed un’intero genere che giunse a derivarne, dove quasi mai veniva tenuto conto del bisogno di effettuare il secondo di quei gesti fondamentali. Facente seguito alla maniera in cui, nella scatola metallica del corpo del fucile, chiamato castello, il carrello è connesso a un fulcro metallico dalla forma concepita ad arte, in cui una serie di perni si agganciano e favoriscono l’animazione di un meccanismo. Sto parlando del portello a molla che solleva e spinge in avanti il treno di cartucce, prima di agganciarne una e metterla nel punto dove potrà giungere al coronamento della propria intera esistenza. A questo punto incuneato saldamente nella culatta, il piccolo cilindro di plastica rossa ed ottone resterà in paziente attesa di essere colpito dal percussore o “cane” in corrispondenza dell’innesco posto al centro del disco posteriore. Ciò affinché l’energia cinetica generata dall’esplosione della polvere, proiettata attraverso lo strato della borra o stoppaccio, lanci lungo il canale della canna i pallini finalizzati alla distruzione di qualsiasi cosa si trovi innanzi. Al che fa seguito, naturalmente, un rinnovato pompaggio del forend la cui prima metà provvede a riportare indietro il fulcro, causando l’espulsione della cartuccia che ha ormai assolto il proprio compito. E spingendo indietro e verso l’alto la sua identica sorella. Ora il moderno fucile a pompa per uso civile prevede la presenza di un meccanismo d’ingaggio del grilletto per cui, al completamento del ciclo di sparo, quest’ultimo dev’essere rilasciato e premuto di nuovo onde provvedere ad un volume di fuoco continuo. Laddove all’inizio del Novecento, le armi più diffuse di tale categoria presentavano la capacità di sparare ripetutamente ad ogni singolo ritorno del carrello in posizione di partenza. Costituendo un tale pericolo per i soldati all’altro lato dello schieramento, rispetto ai fucili con otturatore scorrevole contemporanei, che la Germania del Kaiser Guglielmo tentò brevemente di farli vietare nelle convenzioni sulla guerra eticamente responsabile, minacciando di far fucilare i soldati nemici catturati con una di queste armi. Iniziativa destinata a rivelarsi inefficace e d’altra parte irrilevante, di fronte all’incipiente aumento di pericolosità da parte dei sistemi di mutuale e reciproco annientamento.
Mentre al trascorrere delle decadi, le implicite caratteristiche dei fucili a canna liscia in generale, e quello a pompa in modo particolare, ne avrebbero fatto una delle armi meno adatte all’uso per attività illecite o inappropriate. Essendo effettivamente impossibile da accorciare anche rendendolo temporaneamente impreparato allo sparo, come può avvenire con i normali shotgun pieghevoli caricati dal retro della canna, un gesto necessario in quel caso per provvedere all’espulsione e ricarica manuale. La cui assenza nel presente caso riesce a rendere l’alternativa, nel contempo, la preferita di molti istruttori di tiro, vista la facilità con cui la cartuccia può essere alternativamente inserita dalla finestra laterale d’espulsione o quella posta inferiormente. Il che permette allo studente di focalizzarsi, di volta in volta, su uno specifico aspetto della metodologia d’impiego del fucile a pompa. L’unico capace di unire, allo stesso tempo, la versatilità delle cartucce al rateo di fuoco di armi maggiormente specializzate, pur potendo utilizzare munizioni stordenti, pirotecniche, incendiarie o persino penetranti (il cosiddetto slug). Contrariamente a quanto ci è stato insegnato dalla maggior parte dei suddetti prodotti informatici d’intrattenimento. Dove la ben nota scelta di limitare l’effettiva portata di questa tipologia di armi deriva dalla necessità di renderle delle alternative possibili, piuttosto che inerentemente superiori a qualsiasi altra. In considerazione, s’intende, della distanza d’ingaggio ridotta tipica di un videogioco, e dell’assenza in quest’ultimo di aspetti come il peso o la rapidità di mira dell’implemento d’offesa. Subordinati quasi sempre al semplice, invariabile movimento del mouse. E dopo tutto non è forse giusto che sia così? L’intrattenimento non ha sempre bisogno di essere realistico. Potendo beneficiare, a seconda dei casi, di multipli sentieri verso l’ottenimento dello scopo di partenza.