I mecha giapponesi e i guerrieri sentai non sono semplici supereroi tecnologici. Sarebbe facile guardare i cartoni animati di quel paese o i colorati, buffi e un pò kitsch telefilm d’azione del genere tokusatsu (Power Rangers…) ritrovando in essi un’espressione creativa equivalente ai più stereotipati tra i fumetti americani, in cui un giustiziere mascherato dai poteri soprannaturali agisce seguendo un proprio codice a vantaggio del bene comune. In realtà i combattenti fantastici del Giappone moderno sono qualcosa di molto più simile ai samurai delle loro leggende guerresche: personaggi con tecniche, armi o veicoli particolari, generalmente ereditati da parenti o appresi come mistiche cognizioni da un qualche tipo di saggio maestro, intenzionati ad elevarsi al di sopra dei propri umani, comprensibili difetti. E tra le più diffuse culture giovanili della corrente così detta degli otaku, spicca in modo particolare il collezionismo dei loro modellini, talvolta in scatola di montaggio, altre da dipingere o semplicemente da acquistare a caro prezzo e esporre su qualche mensola insieme alle immancabili collezioni di manga e videogiochi. Il designer Wakabua, grazie a un suo particolare talento, ha però deciso di fare tutto da solo: nel suo laboratorio di Warabi, prefettura di Saitama, realizza infatti modellini di cartone piegato e dipinto, in base alle procedure artistiche del pepakura, o paper-crafting. Alcuni sono persino trasformabili.
Shinji di Evangelion era un ragazzo introverso e depresso, i piloti dei Gundam più famosi e potenti erano pacifisti convinti, Haruyuki, l’eroe virtuale del recente anime Accel World, nella vita reale è un emarginato un pò goffo e non troppo furbo. Il messaggio formativo dei racconti giapponesi per ragazzi viene, inevitabilmente, dal forte desiderio del protagonista di uniformarsi a un modello, spesso l’antonomasia della propria categoria (Vorrei essere Pokèmon Master! Re dei Pirati! Campione del torneo di arti marziali…) Inoltre nel bildungsroman nipponico il protagonista raramente cresce attraverso le sue vittorie, piuttosto impara subendo difficili peripezie come eliminare, uno per uno, i propri difetti di partenza.
Un percorso non dissimile da quello di chi intraprenda l’ardua via della piegatura della carta, l’arte degli origami, famosa per le sue espressioni giapponesi ma risalente alle più antiche dinastie della Cina millenaria. E che dire del lavoro di Wakabua? L’aggiunta di forbici e colla moderna, talvolta, può fare un mondo di differenza. Non perdetevi il resto dei suoi lavori.
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