Ecco il prototipo di un edificio controverso: nel 2016, interrogati su quali fossero le mura più antiestetiche della loro provincia, gli abitanti di Ångermanland stilarono una lista con al primo posto la colorata, bizzarra, distintiva opera del rinomato architetto Gert Wingårdh. Il mese successivo, su quella rivista, il Ting1 dal nome assonante avrebbe figurato invece come il secondo palazzo più amato di Örnsköldsvik. Facile comprenderne la ragione, giusto? Quanto spesso capita d’intravedere all’orizzonte la perfetta commistione di un pomeriggio trascorso a giocare con i lego, l’estetica della scuola Bauhaus mescolata con la Pop Art post-moderna, il tutto avvolto in un vago sentore di cubismo. Sia nel senso di Picasso che dei voxel digitalizzati del videogame Minecraft, una risposta basilare all’esigenza di dare una forma alle proprie idee. Ma non c’è davvero nulla di spontaneo, semplice, naïf nell’espressione qui presente dell’ingegno svedese, applicato alla necessità di dare forma ad uno spazio abitativo là dove non ti saresti mai aspettato, in condizioni normali, d’individuarne l’esempio. Almeno finché l’amministrazione cittadina, prendendo atto degli spazi poco utilizzati del suo vecchio tingshus il tribunale distrettuale distaccato dal municipio, non pensò nel 2010 di cedere alla proposta dietro lauto compenso dell’imprenditore edile Nicklas Nyberg, che oltre ad essere un visionario può essere anche messo tra i maggiori appassionati nonché collezionisti di un prezioso autore della storia dell’arte. Probabilmente conoscerete l’autore Bengt Lindström, di numerose sculture, quadri monumentali ed altre creazioni dedicate alla sua particolare interpretazione dell’arte astratta, tanto variopinta quanto imprevedibile e non sempre facile da decifrare.
Magari riuscirete addirittura a scorgerne l’influenza, nell’aspetto straordinariamente distintivo di questo notevole Ting1. Ovvero “la Cosa” ma anche un gioco di parole che può essere tradotto come “Trib-1-ale” con riferimento alle precise mura brutaliste che parrebbero costituire a tutti gli effetto il suo straniante basamento, fino al terzo dei 13 piani dell’edificio. Un’illusione del tutto fittizia nella realtà dei fatti, quando si apprende l’effettiva collocazione del suo variopinto cappello: una struttura a sbalzo che sporge da un pilastro centrale, incastrato direttamente nella dura roccia situata nel cortile interno del tribunale, con ingresso separato e nessun tipo di collegamento tra le due strutture. Su richiesta specifica del governo, ancora interessato a utilizzare la tingshus come archivio. Ma è proprio questo uno degli aspetti di maggiore interesse, alla fine…
Occorrerà specificare a questo punto come l’affermazione di un collegamento con l’opera pregressa del pittore Lindström sia tutt’altro che una mera attribuzione d’influenze, bensì la conseguenza direttamente riconducibile di una sua opera precisa, il dipinto del 1968 “Danza di donna” il cui schema cromatico è stato per l’occasione pixelato, semplificato e riprodotto sulle quattro facciate dell’edificio. Mediante l’utilizzo di piastrelle di ceramica resistenti alle intemperie, incorporate nelle cornici dei caratteristici balconi sporgenti della palazzina. Una trovata, quest’ultima, in realtà derivante dalla specifica visione e produzioni pregresse di Wingårdh, tra gli architetti modernisti più quotati del suo paese, famoso per l’integrazione organica e, a suo stesso dire, “lirica” di una vasta gamma di metafore nella sua produzione. In questo caso individuabile nella giustapposizione tra il grigio cemento del tribunale, progettato nel 1961 dagli allora sconosciuti Augustsson, Jansson, Sjöberg ed Uusma in pieno stile neo-brutalista, prevedendo linee nette, elementi strutturali a vista e naturalmente l’immancabile utilizzo del beton brut (“cemento grezzo”). Laddove la saliente aggiunta è pura dissimulazione, con una facciata esterna dominata dai suoi balconi coperti, in apparenza un punto debole per la dispersione di calore di fronte alle rigide temperature degli inverni svedesi. Ma che in realtà agiscono creando un letterale effetto solarium, finalizzato al perfezionamento di una serie di validi accorgimenti nei confronti dell’economia energetica, tra cui l’inclusione di un impianto di riscaldamento con pompa di calore geotermica, capace di mantenere le temperature accettabili mediante l’estrazione del calore dal sottosuolo. Stiamo parlando, per essere chiari, di un consumo di appena 52 kWh per metro quadro annuali grazie all’utilizzo di 24 pozzi della profondità di fino a 240 metri. E dopo tutto non è forse l’intero progetto, un singolare esempio di riciclo e riutilizzo, di uno spazio che altrimenti non ci avrebbe messo molto a finire nel dimenticatoio andando in malora?
Così dal punto di vista prettamente ingegneristico ci troviamo di fronte ad un pilastro centrale di 8×8 metri, da cui si allarga la pianta principale di 22×22 divisa in nove quadranti con la pianta riconducibile ad un hashtag (#) in cui un singolo settore sostiene tutti gli altri. Fino all’altezza non trascurabile di 50 metri, dove trova luogo l’appartamento più spazioso posseduto dallo stesso committente Nyberg, con vista privilegiata sul resto dell’area metropolitana di Örnsköldsvik. Il che è allo stesso tempo un punto forte ed il problema principale del Ting1, collocato in una cittadina in cui nessun altro edificio raggiunge la metà della sua altezza, risultando a tutti gli effetti un elemento dominante del paesaggio visibile da qualsiasi punto nel raggio di svariati chilometri. Polarizzando ulteriormente le opinioni ed assumendo, in modo pressoché automatico, il ruolo di una vera e propria nota acuta e altisonante in un contesto dalla melodia tranquilla.
Il paragone più frequentemente evocato per l’intera faccenda, non a caso, è proprio quello della torre Eiffel, struttura inizialmente odiata dai parigini, ma che un giorno sarebbe diventato un simbolo cittadino nonché uno dei monumenti più riconoscibili al mondo. Un capovolgimento non del tutto impossibile, anche per l’amato-odiato condominio costruito per rispondere ai sogni di amante dell’arte. Non è particolarmente frequente, d’altronde, l’occasione di vedere l’arte figurativa e quella abitativa che riescono a comunicare in modo tanto eminente. Ed il Ting1 sembra procedere, in tal senso, dall’alto. Mentre già vincitore di svariati premi architettonici, tra cui lo Stora kakelpriset del 2014 e l’Årets bygge dello stesso anno, fatica ancora a conquistare le menti e l’entusiasmo della gente. Vicini, loro malgrado, di una vera e propria opera di avanguardia, che si staglia come una scatola dei giochi contro il verde delle colline all’orizzonte. Non necessariamente, né automaticamente un profilo che ti andrebbe di scorgere ogni singolo giorno… O mese… O decennio?