Nei pomeriggi umidi d’inverno, una vista estremamente comune: l’agile ungulato della foresta, cervo incoronato del suo palco, si alza con facilità sulle zampe posteriori. Allunga il collo e punta il muso, con la precisione millimetrica che nasce dall’esperienza, verso un singolare tipo di ornamento del proprio ambiente. Dal nostro punto di vista svantaggiato in pratica… Una tenda, ma sfrangiata e perforata in più punti, finché il cacciatore o l’escursionista, interessati ad una scena che potrebbero conoscere piuttosto bene, si avvicinano a indentificare l’eminente forma vegetativa del cosiddetto “muschio spagnolo”. Che non è muschio e neppure spagnolo, come anche la pianta che condivide tale nome nella parte meridionale degli Stati Uniti, in realtà un’epifita dello stesso ordine dei cultivar dell’ananas creati e coltivati dall’uomo. Ma è proprio in tale bisogno di appoggiarsi a un albero madre, che le somiglianze biologiche tra i due esseri fogliosi si esauriscono in modo totalizzante, visto come il verde oggetto dalla nostra trattazione odierna appartenga, piuttosto, alla complessa e stratificata categoria dei licheni. Che non possiedono neppure un singolo regno d’appartenenza, essendo una combinazione collaborativa, al minimo, di un’alga ed un fungo. Come nel caso del qui presente, strano ed elegante Ramalina menziesii, a sua volta risultanza di un non meglio specificato tipo di Cholorphyta fotosensibile, ed il chitinoso corpo dell’Ascomyceta. In questo caso combinati e potenziati da un’aspetto idoneo a pendere dai rami degli arbusti, dove guadagnano un qualche tipo di protezione dalle fauci degli erbivori affamati. Dal punto di vista morfologico dunque, ed al contrario di quanto si potrebbe pensare, il lichene cosiddetto a “merletto” o “rete da pesca” appartiene alla macrocategoria di quelli fruticosi, come esemplificato dai piccoli organi riproduttivi che si manifestano nel punto più alto, esteriormente simili a dei calici per il vino. Una conclusione raggiunta in tempi odierni e dopo lunghe disquisizioni, visto come tali esseri abbiano lasciato per lungo tempo gli studiosi in posizione di perplessità latente. Poiché erano in molti a pensare, con ragionevoli e apparenti giustificazioni, che una presenza vegetale abbarbicata ai rami di un’altra dovesse fondamentalmente trarne un qualche tipo di vantaggio a beneficio della controparte. Piuttosto che il proficuo mutualismo che tende a manifestarsi in questo e molti altri casi simili, cementato grazie alla maniera in cui l’essere simbiotico non possiede, semplicemente, alcun tipo di radice né il bisogno di sostanze nutritive evidenti. Traendo tutta l’energia necessaria a crescere e iniziare il processo riproduttivo dal sole e dall’aria, ragion per cui esseri come questi possono esistere unicamente dove il clima è limpido e manchino particolari agenti inquinanti. Il che parrebbe aver affascinato i suoi vicini umani a tal punto, da essere nominato nel 2015 “lichene di stato” della California, con decreto specifico e lungamente richiesto al governatore Jerry Brown. Sulla base di vari criteri tra cui, primo tra tutti, la sua elevata e pressoché sicura possibilità di essere identificato dai non iniziati…
Piuttosto comune all’interno del suo areale, dove le condizioni idonee sussistono e l’aria è priva di eccessive quantità di nitrogeno e piombo atmosferico, il menziesii può arrivare a costituire circa il 78% della biomassa della sua categoria tra le cime degli alberi, con un peso totale di 299 Kg per acro preso in esame. Una presenza estremamente degna di nota all’interno del quadro generale dunque, sebbene non possieda per qualche ragione la stessa associazione culturale della sua già citata controparte degli stati del meridione. Trovandosi associato territorialmente sia ad ambienti costieri che montani, sebbene sia soprattutto in questi ultimi che l’assenza di vento ed altri agenti atmosferici permette al suo tallo di formare la caratteristica disposizione reticolare, soggetto beneamato delle foto di tanti esploratori dell’argomento. Laddove appeso agli alberi dell’altro tipo di circostanza, esso finisce per assomigliare piuttosto ad un disordinato groviglio, giustificando a pieno i nomi alternativi e pieni di fascino di “barba delle fate” o “capigliatura del demonio”. Ciò detto, la sua vasta quantità di alberi ospiti, variabili dall’esposta Quercus agrifolia alla decidua e frequentemente comunitaria quercia blu (Q. douglasii) lasciano ben pochi dubbi in materia di adattabilità e resilienza di questa distintiva presenza. Con ulteriori esempi disseminati nell’esposto habitat degli chaparral montani e le foreste della California centrale, dove ha costituito il soggetto principale d’innumerevoli fotografie ed opere d’arte nel corso degli anni. Nonché il mistero popolare, lungamente discusso al di fuori degli ambienti accademici, di come faccia esattamente a riprodursi. Questo perché se i cappelli sporiferi di cui sopra bastano a lanciare via lontano le spore della sua componente fungina, come farebbe, esattamente, a fargli seguito l’essenziale fotobionte? La soluzione, come potrete facilmente immaginare, ha origine nel processo d’integrazione capace di dar luogo alle diaspore, micro-agglomerati di materiale genetico contenenti il principio generativo di entrambe le componenti. Pronte in questo caso sia alla riproduzione sessuale, come avviene in molte altre tipologie di licheni, che quella autonoma corrispondente ad una forma di clonazione, così affine al metodo impiegato da innumerevoli esseri ragionevolmente semplici di questo vasto pianeta. Ciò benché i licheni in generale, ed il menziesii nel caso specifico, siano stati recentemente (2016, Toby Spribille et al.) scoperti contenere anche una terza forma di vita all’interno del proprio corpo vegetativo, comunemente identificato con una qualche tipologia di lievito, funzionale a proteggersi dalle contaminazioni da parte di creature meno inclini a seguire la via della collaborazione comunitaria. Un’ulteriore dimostrazione di saggezza, se vogliamo, da parte di queste forme di vita che potrebbero risultare un giorno non troppo lontano straordinariamente utili all’umanità intera.
E sia chiaro che non sto parlando soltanto della funzione sopra accennata di indicatore biologico dell’inquinamento (nessun lichene presente=pericoli per la salute causati dal particolato sottile) bensì l’ipotesi ripetutamente esplorata che estratti di licheni possano avere un effetto benefico per il trattamento di condizioni della pelle e vari tipi di cancro. Proprio come sapevano e notoriamente praticavano diverse tribù dei nativi americani, che avevano istintivamente scoperto nella consumazione di tali esseri una sorta di rudimentale effetto antibiotico, capace d’incrementare le possibilità di sopravvivenza una volta che si contraevano diverse possibili malattie. Così come ci ricorda l’aspetto distintivo e memorabile di questo elegante festone della giungla, la cui disposizione atipica evoca metafore capaci di mutare il nostro rapporto fondamentale con la natura stessa. Poiché chi può dire, realmente, che il raggiungimento di un confine giustifichi del tutto l’inizio di un diverso regno? Permeabile risulta essere, talvolta, il vasto e impenetrabile albero della vita. Come una rete dalle maglie stranamente larghe, del tutto inadeguate a catturare la mosca. Ed anche il ragno.