E’ bello perché sembra un videogioco. Questo è il tipico commento rivolto al più recente cortometraggio horror di Phil Tippett, membro fondatore della prima Industrial Light & Magic, mago degli effetti speciali famoso fin dalle sue realizzazioni risalenti all’epoca dello stop-motion, impiegate in film storici come Guerre Stellari: Il Ritorno dello Jedi e Robocop, nonché uno dei primi nel suo settore a mettersi al passo con le nuove tecnologie digitali, realizzando i più famosi dinosauri della storia del cinema.
Questo suo nuovo MutantLand ci mostra cosa succederebbe in un futuro distopico in cui venisse a mancare il cibo per gli esseri viventi di un pianeta Terra cupo e ostile, popolato di creature da incubo e strani animali, pronti a combattersi spietatamente al primo calare delle tenebre notturne. Il corto è stato premiato come migliore della sua categoria presso il British Horror Film Festival e nel Night of Horror Film Festival in Australia. A mio parere, in questo breve e coinvolgente capolavoro c’è un un punto in particolare degno di merito: la sua originalità di genere.
L’animazione in computer graphic è un campo potenzialmente vasto per il mondo sempre più rigido e stagnante della cinematografia ad alto budget. Del resto, come sanno bene i videogiocatori, il panorama tecnologico di questi giorni è ben più vario e versatile rispetto a quello che generò ormai quasi 20 anni fa il filone dei lungometraggi animati in CG, a partire dalla fiaba generazionale del colorato Toy Story di Pixar. Ma mentre sul lato ludico abbiamo assistito a un progressivo aumento di produzioni iperrealistiche e variegate, tra sparatutto guerrafondai e mondi fantasy d’aspetto fotografico, i film dal canto loro si sono diretti su due strade contrapposte e divergenti: da una parte l’animazione pura, rivolta sempre a un solo pubblico di molto giovani, con personaggi simpatici e storie favolistiche d’intrattenimento, dall’altra gli action movies moderni con effetti speciali sempre più complessi e credibili, ma inevitabilmente supportati dalla recitazione di attori veri in carne ed ossa. Non esiste in Occidente, al contrario del Giappone, un vero genere di film d’animazione diretti a un pubblico di adulti, ovvero in grado di trattare tematiche e stili espressivi più duri e complessi. Un vero peccato, vista la natura illimitata di quello che rimane forse il metodo più versatile per dare movimento e voce alle immagini del fantastico moderno. Per parafrasare le parole dello stesso Phil Tippett: “Vorrei che [MutantLand] diventasse un vero e proprio film, per tutti i bambini cresciuti con i film Pixar ma che oggi sono grandi“