Legge inversa per la conservazione dell’energia deambulatoria: dove possono bastare quattro zampe, usane sei. Se altrettante sembrano del tutto ragionevoli, la prossima volta aggiungine altre due paia. E nel caso in cui otto bastino ad arrampicarsi nella tela, perché non impiegarne dieci? Venti? Trenta? Siamo abituati a considerare le leggi dell’evoluzione naturali un’espressione dello stesso tipo d’eleganza contenuta nella simmetria di un pezzo di cristallo, o il reticolo degli atomi che si susseguono lungo una sbarra di metallo. Ma il regno animale può essere considerato come totalmente distinto da quello dei minerali, stolido ed immoto per ciascuno dei campioni posti sotto l’occhio osservatore della scienza umana. Ove la progressione innata dei fenotipi conta qualcosa, ma fino a un certo punto. E quando le caratteristiche trasmesse alla generazione di una determinata specie prendono una svolta, può accadere che l’evento si ripeta nello stesso modo ancora, e ancora nelle multiple scelte a venire. Finché un tratto esacerbato si trasformi nella singola, definitiva caratteristica di riferimento: guarda, a tal proposito, il distintivo ordine degli Scutigeromorpha, tra tutti i chilopodi dalle molte zampe, contiene probabilmente i più veloci. Mentre corrono da un lato all’altro nelle tenebre appropriate di un tipico appartamento umano. Proprio perché un altro nome per la specie è centopiedi domestico o house centipede, in funzione del più tipico degli habitat antropici entro cui parrebbe aver trovato il suo terreno di caccia di miglior soddisfazione e apprezzabile sopravvivenza. Chiunque creda che il familiare, inoffensivo S. coleoptrata (“dal corpo simile a un coleottero”) di due o quattro centimetri rappresenti l’espressione maggiormente impressionante di questa particolare tipologia di creature, è probabile che non abbia mai visitato la giungla, di persona o grazie ai resoconti degli occasionali documentaristi di TV o canali Internet di varia entità. Così come il qui presente titolare del canale General Apathy, comprovato amante di artropodi, aracnidi e varie tipologie d’insetti, in questo caso alle prese con la diversificata fauna del sottobosco nella regione della Sierra Nevada, in Colombia. Tra cui, guarda caso, l’iconico abitante dei banchi di terra o muraglie naturalmente digradanti in questi territori, l’assai più grande certe volte spaventoso predatore parte di un genere cognato, chiamato scientificamente Sphendononema guildingii. Ed a parole, molto più direttamente, mostriciattolo massivo titolare di una stazza misurabile su dieci, quindi centimetri. Che lo stesso scopritore ci permette di comprendere, non è ancora neanche prossimo a essere il “più grande” di questo pacifico, beneamato, talvolta lievemente infernale pianeta…
La verità dei fatti, meramente accennata nel frangente cui stavamo riferendoci fino o pochi momenti fa, e opportunamente dimostrata in altre circostanze veicolate tramite il fiume d’immagini che si susseguono nel vasto mondo dell’online, è quindi che lo Scutigeromorpha dalla maggiore imponenza registrata dovrebbe risiedere in specifiche caverne del Sud Est Asiatico, particolarmente concentrate nell’area del Borneo, il Vietnam, la Malesia. Con fino ai 25-30 centimetri tenuti sopra il palmo dal qui presente Corey Wild, antesignano digitalizzato di un Virgilio esploratore del terribile universo chtonio delle tenebre apparenti. Ove riesce facilmente a muoversi, grazie ai propri sofisticati occhi compositi, l’intero genere rappresentato da tre sole specie dei Thereuopoda, tra gli artropodi zampettanti tra i più notevoli ed imponenti dell’intero ecosistema degno di essere giudicato rilevante. Rapidi come frecce mentre deambulano con piè leggero sulle superfici verticali e asperità della caverna, grazie alle zampe straordinariamente sensibili, dotate di organi e particolari specializzazioni funzionali al loro specifico stile di vita. A partire dal primo paio trasformato in antenne, con l’insolita capacità di piegarsi ad angolo retto verso la metà della propria estensione e la presenza del gruppo di pori scolopidiali chiamato in lingua inglese scape organ, capace di creare una mappa tattile particolarmente precisa del suo ambito elettivo di predazione. Entro cui nulla, o quasi, potrà sfuggire alla seconda coppia d’arti, dotati di artigli simili ad aghi capaci d’iniettare nella preda la tossina prodotta dall’animale. Che è solito mangiare insetti come larve di mosca, scarafaggi, pesci d’argento (Lepisma saccharina) ma anche forme di vita più imponenti, quali vermi, lumache, altri artropodi dalle molte zampe. Per tornare alle quali, ogni “centopiedi” scutigero adulto ne possiede esattamente 15 paia, uno per ciascun segmento, benché tale traguardo possa realizzarsi tramite il superamento di una serie di fasi o instar, corrispondenti ad una serie di mute e conseguente ottenimento di un esoscheletro dall’estensione progressivamente incrementata. Stranamente familiari nelle loro metodologie riproduttive, i maschi di questi artropodi sono dunque soliti cercare la propria compagna tramite segnali sonori o feromonici, impresa dopo la quale inizieranno a girargli attorno in una sorta di danza della seduzione. Al che dopo l’accoppiamento, normalmente praticato nei mesi più caldi dell’anno, lei provvederà a deporre tra le 63 e 151 uova, da cui resterà inseparabile fino al momento della schiusa, al fine di proteggerle dall’attacco di possibili predatori. Così come continuerà a fare coi suoi piccoli per le successive due settimane, fino al raggiungimento di una ragionevole parvenza di autonomia.
Spesso odiati per il loro aspetto oggettivamente inquietante ed il possesso di un veleno almeno in teoria capace di nuocere all’uomo (ancorché non più di quello di un’ape mellifera e comunque a fronte di un morso che risulta essere particolarmente raro) i centopiedi domestici risultano particolarmente invisi ai possessori di appartamento che si ritrovano a convivere con essi, creature cosmopolite attestate in una forma o l’altra in tutti i continenti escluso, come al solito, l’invivibile Polo Sud. Benché risulti essere in effetti sconsigliato ucciderli o allontanarli, per la loro capacità di consumare con trasporto grandi quantità d’insetti potenzialmente molesti, inclusi i ragni, le cimici e le zanzare, che a quanto pare riescono a ghermire catturandole nel torpore che segue ad una sera di soddisfacente suzione sanguigna ai danni dei malcapitati bipedi massicci e dalla percezione rallentata di piccole paia d’ali ronzanti. Non dovremmo forse, a questo punto, accogliere con le braccia e porte spalancate anche appartenenti più massivi a questa utile genìa, come gli S. guildingii del Sudamerica o Thereuopoda dell’Asia Orientale? Così come le ben più terribili e spietate scolopendre, tanto spesso contenute nei terrari di chi ama le tarantole, i serpenti o altri animaletti domestici fuori dal coro. Quelle si, effettivamente aggressive e innegabilmente torturanti, ogni qual volta acquisiscono l’intento comprensibile di difendere i confini del proprio territorio. Imprescindibilmente tridimensionale, e proprio per questo difficile, nella maggior parte delle circostanze, da definire.