Come alle udienze precedenti, una piccola folla si era radunata per guardare l’imputato uscire dalle stanze dell’Alta Corte di Londra, seguìto dai rappresentanti dell’azienda che rappresentava la controparte e i rispettivi avvocati. Questa volta, tuttavia, una sorta di spirito umoristico serpeggiava tra la gente, o forse un senso d’aspettativa per il dramma che in parecchi si aspettavano, causa la piega inaspettata degli eventi. Così verso l’ora di mezzogiorno, John Dodd discese gli scalini con un cenno magniloquente, oltre a quello che sembrò ai fotografi l’accenno di un inchino. Mentre il suo consulente legale, la bianca parrucca agitata dal vento, si portava la mano alla fronte, dirigendosi con passo svelto al più vicino vicolo tangente il lungo corso di Little George Street. Ma gli occhi del pubblico, a quel punto, si erano già spostati per scrutare i manager della Rolls Royce, quattro decadi prima acclamati eroi di guerra, oggi ridotti a comici soggetti dello scherno di un privato cittadino e… La sua ruggente quattroruote priva d’autorizzazione. Così il più giovane scambiò uno sguardo incredulo col proprio supervisore. Che ci potessero o meno credere, l’inaudito si era verificato: al penultimo giorno del processo più inutilmente pubblicizzato di questo inizio 1981, la loro magnifica Silver Spirit targata RR1 era stata rimorchiata via dal marciapiede del tribunale. Mentre la Bestia di John Dodd, semplicemente troppo grossa e pesante per riuscirci, era ancora lì, indefessa. Con un ghigno che arrivava da un orecchio all’altro, l’uomo dei motori aprì il lunghissimo sportello di color marrone chiaro. Ed un possente interruttore alla volta, iniziò la lunga procedura di avviamento. Ora i presenti trattennero il fiato. I manager tentavano senza successo di fermare un taxi di passaggio. Ma il tempo sembrò praticamente rallentare, allorché un rombo cacofonico permeò l’aria: il mostro si era risvegliato, vibrando. Il falco decollava, ancora una volta, per incontrare i corvi grigi provenienti dal paese della grande autorità imposta. L’Inghilterra era salva. Forse?
Ma quella fu l’ultima volta, ovviamente. Quel pomeriggio stesso, l’avvocato di Dodd avrebbe detto al suo cliente: “Hai reso la più prestigiosa autorità legale del paese uno zimbello di tutti. Se vai di nuovo al processo con quella dannata macchina, puoi starne certo: finiranno per sequestrartela, e non la vedrai mai più.” Molti, a quel punto, avrebbero desistito nella puerile tenzone, lasciando il campo a coloro che, senza il benché minimo dubbio, stavano per vincere la causa. Ma per lui quello fu il segno di compiere, letteralmente, un’ultima cavalcata: “Ah si, un migliaio di cavalli sono troppi? Che ne dite di uno soltanto?” Avrebbe dichiarato ai giornalisti in quel fatidico ultimo giorno di combattimento. Mentre l’equino preso in prestito da un suo amico agricoltore, presumibilmente, defecava di fronte alla facciata del più prestigioso edificio riconducibile allo stile pseudo-gotico della gloriosa epoca Vittoriana.
Perché lui era così, effettivamente. Una persona che si sarebbe dimostrata disposta, per un semplice puntiglio nato da una contingenza, a lasciarsi indietro casa, famiglia e familiari (nonché i debiti) per imbarcarsi sul traghetto che l’avrebbe trasportato in Spagna, dove avrebbe trascorso il resto della propria vita lunga 90 anni nei dintorni della città di Malaga, continuando a fare ciò che gli riusciva meglio: la progettazione di trasmissioni per uso automobilistico e stradale. Assieme alla Bestia, s’intende. 2250 Kg di stazza. 950 cavalli di potenza (stimati). E una carrozzeria che definire “semplice” sarebbe un eufemismo, dinnanzi all’impressionante brutalità di un mezzo fatto per divorare la strada, assieme alle ragionevoli aspettative delle persone…
Tutto ebbe dunque inizio, in base alla narrazione semi-leggendaria, verso la metà degli anni ’60, quando l’ambizioso ingegnere londinese venne coinvolto dall’amico e collega Paul Jameson nella costruzione di una hotrod (auto fuoriserie) che lasciasse il mondo intero a bocca aperta, costituendo nel contempo un’esternazione pratica di patriottismo totalmente fuori dagli schemi. Il risultato della collaborazione, costituito dalla dissacrante unione di un telaio automobilistico con il motore da carro armato V12 Rolls Royce Meteor sarebbe quindi probabilmente rimasto incompleto, se lo stesso Dodd, preso da un’ispirazione, non avesse scelto di rilevarne la completa proprietà e abbinargli una surreale carrozzeria in fibra di vetro ispirata ad una Ford Capri, ma con gli emblemi, la griglia del radiatore e l’iconica statuetta del produttore inglese. Per poi iniziare, con estrema soddisfazione a quanto pare, a fare un tour dei principali show automobilistici europei, attirando sguardi e flash grazie alla potenza cacofonica del suo spropositato impianto. E fu proprio in questo particolare periodo che ebbe luogo uno degli eventi destinato a complicargli maggiormente la vita: quando superando agevolmente un ricco barone con la Porsche su un’autobahn tedesca, indusse quest’ultimo a telefonare alla Rolls Royce, chiedendo quale fosse il nome del loro nuovo modello e come fare per acquistarlo. Il che avrebbe dato a loro un’ottima ragione, difficilmente trascurabile, di fare causa all’usurpatore. Ed inviare al suo indirizzo anche un certo grado di iattura, quando nel 1976 durante una visita in Svezia, di ritorno da un incontro con il re Carlo XVI Gustavo, la Bestia si surriscaldò e prese immediatamente fuoco, non lasciando alcuna possibilità di salvarla. Se non che John Dodd, lungi dal perdersi d’animo, si procurò un secondo motore di capacità ed ingombro comparabile, questa volta un Merlin aeronautico proveniente da un’aereo di addestramento dell’immediato dopoguerra Boulton Paul Balliol, per montarci sopra l’attuale e assurda carrozzeria, schematica ed avveniristica alla sua strana maniera. Ma fatta spostare rumorosamente, entusiasticamente, grazie allo stesso strumento meccanico utilizzato per gli Spitfire nei cieli della Manica al momento della topica Battle of Britain, quando i tedeschi vennero cacciati via dai cieli della sola Isola capace di respingere i loro reiterati assalti. Previa rimozione del sistema di sovralimentazione, nel prudente tentativo, questa volta, di limitare il surriscaldamento della mostruosa automobile. Capace cionondimeno di sfrecciare, o almeno così si narra, fino a 300 Km/h di velocità, mantenendo condizioni di guidabilità relativamente buone nonostante l’impegnativa mancanza di un servosterzo. “A parte le curve.” Avrebbe in seguito scherzato il suo creatore: “Quelle tendono a richiedere un certo grado di attenzione.”
E fu proprio questa seconda iterazione, qualche anno dopo, l’auto a figurare come oggetto del contenzioso con la Rolls e il conseguente spettacolo mediatico, da cui il proprietario avrebbe infine dovuto rimuovere le insegne titolari e sostituire il marchio sulla griglia con le sue iniziali, “JD”. Ma il sogno non sarebbe, in ultima analisi, mai finito fino alla sua dipartita all’età di 90 anni nel recente 2022. Data fino a cui avrebbe continuato a guidare la Bestia nei dintorni di Malaga, coltivando un progetto di superamento di ulteriori record prestazionali, grazie all’implementazione negli ultimi anni di un diverso semiasse posteriore. Destinato a trasferire, con efficienza persino maggiore, la possenza impressionante del motore di oltre mezzo secolo a questa parte.
Sorprendentemente docile, a patto di avere un piede leggero, affidabile nonostante la precauzione del gigantesco estintore previsto dal lato del passeggero perché non si sa mai ed in grado di marciare grazie all’uso di qualsiasi carburante disponibile, benché bevendone un gallone ogni due miglia di marcia (dopo tutto, il Merlin è un motore usato per sfruttare l’economia di guerra) la Bestia è stata perciò descritta negli anni come un esempio di veicolo fatto in casa con tutti crismi del suo particolare ambito, poco pratico, impressionante, magnifico a suo modo e certamente riconoscibile, nell’intero quartiere circostante la nuova officina che Dodd aveva aperto a Malaga, scoprendo nel contempo a quanto avrebbe dichiarato a beneficio dei suoi storici oppositori londinesi “Il divertimento del windsurf, la vela ed il jetski.”
Cessato ogni proposito d’utilizzarla a seguito della sua dipartita, la Bestia è stata quindi messa in vendita dagli eredi lo scorso marzo nella prestigiosa asta online internazionale Car&Classic, dove sarebbe stata venduta alla cifra relativamente contenuta di 88.000 dollari. Decisamente meno di quanto costerebbe, al giorno d’oggi, costruire qualcosa di simile! Eppure non è irragionevole pensare che la nuova ondata di celebrità che ha raggiunto questo bizzarro capolavoro, e per inferenza il suo defunto creatore, con video, interviste e dimostrazioni, avrebbe rappresentato per lui un certo livello di soddisfazione. Dopo tutto non ci sono stati molti altri nella lunga e prestigiosa storia dell’Alta Corte, ad aver fatto vibrare i vetri del palazzo con il proprio assurdo motore. E l’accidentale nitrito, che precorre per parecchi versi la celebrità.