Mostri marini, terribili giganti, famelici leviatani. La cognizione posseduta in epoche pregresse, della più grande creatura mai vissuta sul pianeta Terra, corrispondeva paradossalmente a un essere venuto dallo stesso ingegno divino di ogni altra creatura, ma in qualche maniera maledetto e per questo, in necessaria contrapposizione ostile nei confronti della civiltà parlante. Non c’è perciò molto da meravigliarsi, per l’istintiva e comprensibile reazione del pescatore svedese Olof Larsson, quando nell’ottobre del 1865 scorse oltre la linea della costa una strana forma lungo la costa di Askimsviken, nel distretto di Naset a sud-ovest della città di Goteborg. Qualcosa d’inizialmente scambiato per un relitto navale, finché avvicinandosi timidamente, non fu possibile scorgere il riflesso di un bulbo oculare, chiaramente appartenente ad un’esemplare morente del “grande pesce” citato dalla Bibbia, dal quale si salvò il profeta Giona per la sola grazia divina, meritata grazie all’uso di un sincero pentimento e imprescindibile fiducia nei confronti della Provvidenza. Ma poiché come affermava il detto, “Aiutati che Dio t’aiuta” l’esperto lupo di mare non tardò nel prendere una decisione che molti dei suoi contemporanei avrebbero condiviso, precipitandosi a casa di suo cognato Carl Hansson, per poi tornare sulla scena dell’incombente delitto armato di coltelli, asce ed altri simili implementi d’uccisione. Qualsiasi epilogo si fosse palesato in quel drammatico giorno, una cosa era chiara: l’inconcepibile bestia bloccata sulle secche del bagnasciuga doveva pagare per i propri peccati. Ma prima, essi presero le dovute precauzioni: salendo a bordo della barca più imponente che possedevano (“per non essere divorati dal bestione”) optarono per attaccarne gli occhi, che procedettero a infilzare con le proprie lame, mentre fiumi di sangue iniziavano a riversarsi nell’acqua salmastra svedese. Quindi lo spietato Hansson, dimentico di qualsivoglia prudenza, balzò sulla groppa dell’animale ed inizio a percuoterne il dorso con una pesante lama da boscaiolo, soltanto per scoprire la malcapitata resilienza della vittima di una tale enfatica e reiterata crudeltà. Così la balena sofferente, sussultando e lamentandosi, non poté far altro che attendere impaziente la sua intempestiva dipartita. Avendo ormai compreso la difficoltà dell’operazione che si erano prefissati, verso il primo pomeriggio i due pescatori convennero di aver fatto tutto il possibile, aggiornando l’operazione alla mattina successiva. Quando di buon ora, fecero il proprio ritorno armati di uno strumento assai più risolutivo: una lunga falce, che l’intraprendente cognato impiegò nuovamente al fine di squarciare il ventre dell’animale. Il quale nel giro di poche ore, a questo punto, morì dissanguato. Nel frattempo, tuttavia, la storia degli eventi aveva raggiunto i confini cittadini, ed al di là di essi la figura del quarantaquattrenne August Wilhelm Malm, professore di biologia e da 17 anni curatore del Museo di Storia Naturale di Goteborg, da tempo in cerca di un ausilio in grado di permettere l’iscrizione del suo nome negli elenchi dei grandi studiosi della natura. Che comprese immediatamente di averlo trovato, quando precipitandosi presso il luogo dove si era spento il gigante marino, scoprì la sua appartenenza non alla famiglia dei capodogli, come aveva inizialmente immaginato, bensì membro inconfutabile della genìa delle balenottere azzurre, un tipo di animale largamente sconosciuto al mondo accademico per l’assenza di esemplari da sottoporre a studi o documentazioni approfondite. In breve tempo dunque, avendo già deciso di acquisirne ad ogni costo la carcassa per cambiare il paradigma vigente, Malm ottenne dal magnate locale James Dickson il finanziamento dei 1.500 riksdaler chiesti dai due intrepidi pescatori, ottenendo l’opportunità di fare del gigante qualsiasi cosa avesse mai desiderato a beneficio della propria carriera. Il che determinò in lui l’innovativo progetto di preservare, nel miglior modo possibile, non parti o singoli elementi ed organi, bensì “l’intera balena” anche a costo di mettere in campo strumenti e soluzioni logistiche del tutto innovative. Ebbe inizio, in questa maniera, uno dei corollari maggiormente surreali e inaspettati nella storia delle scienze oceanografiche europee…
Mentre misurava attentamente ed annotava ogni nozione relativa a quella che identificò con assoluta certezza come una nuova specie di Balaenoptera, la quale non esitò a denominare carolinae in onore della sua amata moglie, Malm fece giungere sul posto due piroscafi e uno sloop a vapore fornito dalla Mekaniska Verkstad di Lindholmen. L’enorme carcassa stava infatti cominciando a decomporsi, ed ogni ora risultava cruciale nella realizzazione del suo progetto. Era già il 2 novembre, tuttavia, quando il trasporto iniziò a dimostrarsi prevedibilmente difficoltoso. Un po’ trascinando, e soltanto dopo riuscendo a sollevare la vittima pinnuta dalle sabbie, gli addetti portano il tesoro da 25 tonnellate fino alle porte della città di Goteborg, dove lo stesso curatore del museo, ispirato dalle circostanze, decide di salirci sopra per tenere un’improvvisata lezione sull’argomento, a seguito della quale molti dei riottosi passanti si precipitarono senza autorizzazione per prelevare souvenir ed altri pezzi del mammifero marino. Ma il tempo stringe e ben presto i traslocatori iniziano a demolire una parete del preminente edificio del museo cittadino nella Casa delle Indie Orientali, al fine di permettere l’ingresso in una sala frettolosamente allestita per il contenimento dell’intero animale. Sarà dunque lì, sotto l’esperta attenzione di un esercito di conservatori, che la balena avrebbe assunto la sua forma imperitura a beneficio delle infinite generazioni a venire. Lavorando alacremente ed ignorando per quanto possibile il fetore, Malm procedette nel rimuovere tutti i principali organi, procedendo a preservarli in grandi barili di alcol del costo complessivo di ulteriori 1.000 riksdaler. Quindi la pelle venne laboriosamente separata dallo scheletro, procedendo a seccarla mediante un utilizzo di sale, sabbia e argilla, mentre il secondo veniva sottoposto alla bollitura. Esperti falegnami vennero chiamati per creare una struttura di sostegno in base alle precise misurazioni del curatore, affinché l’enorme pelle potesse esservi tesa mediante l’utilizzo di 30.000 chiodini di ottone e zinco. Ed è qui che sembrò palesarsi l’irreparabile: pare infatti che la stima della circonferenza stimata da Malm, sulla base dei centimetri contati dell’animale riverso sul fianco, si fosse dimostrata inesatta al momento della verità, presa di coscienza innanzi alla quale egli riportò un improvviso malore, e dopo aver lavorato ininterrottamente per un giorno ed una notte dovette temporaneamente lasciare il museo. Ma al suo ritorno, grazie all’intervento del collega conservatore A. J. Malmgren, si trovò una soluzione: forzare la pelle in modo che le pinne assumessero un aspetto simmetrico, pur lasciando uno spazio vuoto nella parte inferiore dell’opera finale. Che sarebbe stato in seguito giustificato come conseguenza del danno riportato durante il trasporto fino al museo. A questo punto, il resto del lavoro appare tutt’altro che incerto e con un’opera complessiva di ulteriori tre mesi, nonché una spesa totale di 15.000 riksdaler fornita da vari mecenati delle scienze, la prima ed ultima balena “impagliata” della storia può dirsi completata entro la fine del marzo 1866.
L’inaugurazione della mostra annessa fu, alquanto prevedibilmente, un successo. Con l’estensiva trattazione sui giornali dell’epoca, schiere di turisti giunsero a partire da maggio, ansiosi di poter vedere con i propri occhi qualcosa d’assolutamente inusitato. Aspetto di particolare interesse risultò il modo in cui la mandibola della balena era stata montata su di un cardine, potendo essere aperta per permettere di entrarci dentro, dove un comodo salottino aveva trovato posto, con tanto di panche e carta da partati stellata. In modo particolare gli articoli citano la maniera in cui tale soluzione seppe colpire la fantasia di alcuni visitatori americani, che in una sorta di esperienza mistica cercarono di replicare il racconto biblico del profeta Giona, raccogliendosi in momentanea preghiera all’interno della “pancia” della creatura. Altri e più prosaici resoconti, narrano invece dell’improbabile allestimento di un vero e proprio bar all’interno di tale spaziosa caverna, dove il personale del museo serviva caffè e punch a chiunque fosse disposto a pagare un lieve sovrapprezzo, totalmente giustificabile considerate le circostanze. Un progetto di portare in tour per l’Europa l’eternamente maleodorante colosso, reso smontabile grazie all’ingegnosa struttura museale, dovette nel frattempo essere abbandonato, dopo che la balena venne sequestrata in Germania nel 1886, costringendo l’ormai celebre naturalista ricomprarla a caro prezzo.
Mantenuta in alta considerazione attraverso le decadi e fino al decesso di Malm nel 1882 che la lasciò alla città dietro pagamento di 15.000 riksdaler agli eredi nel proprio testamento, la balena venne in seguito trasferita nel nuovo Museo di Storia Naturale sulla collina di Slottsskogen nel 1923, dove si trova tutt’ora. Benché la grande bocca resti spesso chiusa e l’accesso interdetto nella maggior parte dei giorni, possibilmente al fine di ridurre l’usura di questo pezzo assolutamente unico di storia della scienza svedese. Nonché possibilmente il caso, frequentemente citato, della coppia sorpresa ad amoreggiare nella camera interna della balenottera, un’improbabile quanto sgradita profanazione. Così che oggi l’apertura avviene solo in particolari occasioni come il giorno delle elezioni politiche, in forza dell’omofonia della parola in lingua svedese val/valen, utilizzabile indifferentemente al fine di riferirsi al mammifero marino o l’evento simbolo della democrazia civile. Una corrispondenza allusiva al tipo di coerente plebiscito popolare che, forse, avrebbe potuto salvarne il triste fato in quel remoto giorno dell’inverno del 1865. Ma magari, chi può dirlo, il suo destino era ormai segnato. Non c’è niente di peggio, per un animale, che essere associato alla mitologia di un’antica religione umana. Perché qual comprovato bersaglio esiste, per la nostra spietatezza di esseri umani, rispetto a tutti gli esseri che consideriamo dei nostri pari?