L’iperbolica magione che ha trovato infine il suo valore a Bel Air

Cos’è il lusso, cos’è il merito, da dove giunge il capitale necessario a porre in essere qualcosa di davvero significativo, proprio perché imperituro in base propri meriti e caratteristiche che possano in qualsiasi modo definirsi evidenti? Questi ed altri interrogativi, sia filosofici che materiali, possono essere determinati in base all’innegabile presenza, ponderosa quanto quella di un centro commerciale o grande hotel sulle colline, di un immane luogo che fu sempre definito nei linguaggi del marketing e l’evidenza come “The One”. Ovvero… Quello. LA cosa. IL posto. Approcci non del tutto o necessariamente rassicuranti, alla definizione di una strategia di comunicazione adatta a vendere la residenza di Los Angeles che, almeno fino a qualche anno fa, veniva in linea di principio associata ad un costo teorico di 500 milioni di dollari. Poi abbassato a una più conservativa cifra di “soli” 295 milioni di dollari ed infine venduto, a marzo del 2022, a meno della metà per pagare almeno in parte i debiti del suo creatore ed amministratore Niles Niami, che aveva dichiarato fallimento. Ed è proprio questo, in ultima analisi, il problema principale dell’intera faccenda: come si può attribuire un prezzo ad un qualcosa di soltanto vagamente paragonabile ad alternative sulla piazza del mercato losangelino? “È facilissimo” avrebbe detto Nile Niami, l’ambizioso visionario al centro di tutto questo. “Possiamo chiedere quello che vogliamo.” E in buona sostanza proprio così è stato, a partire dall’anno 2021 in cui si è conclusa la lunga Odissea vissuta per ultimarne la costruzione. Dando inizio alla tragica Argonautica d’individuare materialmente un compratore per l’eccezionale, spropositato mucchio di mattoni e formidabili manifestazioni del concetto quanto mai aleatorio di design. Stiamo qui parlando, per meglio intenderci, dei metodi decorativi, se così vogliamo chiamarli, generalmente attribuiti al concetto di McMansion, l’iper-villa per magnati fatta con lo stampino. Ma portati fino alle più estreme e sfrenate conseguenze, fino al punto di poter godere, paradossalmente, di una propria folle unicità strutturale. Che non trova tanto fondamento nella semplice quanto rigorosa configurazione delle mura creata grazie all’architetto e progettista Paul McClean, quanto nell’improbabile quantità di amenità incorporate all’interno del suo terreno. Dalle classiche ed ormai scontate pista da bowling cum cinema privato (da 50 posti) alla piscina panoramica configurata come un vero e proprio fossato, il nightclub “personale” e fino all’assurdità di una cantina verticale per i vini posizionata in salotto dietro un muro di vetro dell’altezza di una palazzina di due o tre piani. E come nucleo funzionale di tutto questo, nove stanze da letto, cucine multiple, un garage per 50 auto, alloggi per la servitù immancabilmente numerosa che dovrebbe risultare necessaria al fine di mandare avanti il maniero. L’improbabile, spropositata, irragionevole e per molti versi inutile dimostrazione di cosa possa rappresentare la ricchezza. Persino all’interno dei rigidi confini facenti parte del contesto urbano pre-esistente…

In punta nello spazio triangolare del giardino del castello, campeggia l’imponente scultura in vetro di Murano “Le ali degli angeli” vagamente simile all’ornamento sopra il cofano di una Rolls Royce. È soltanto una delle numerose installazioni create ad-hoc da vari artisti coinvolti durante i lunghi anni della sua costruzione.

Uno dei punti salienti usati per descrivere la meraviglia del suo magnum opus, da parte dell’ex-produttore cinematografico di serie B e grande venditore Niles Niami è sempre stata dunque l’effettiva irriproducibilità di The One. Questo perché la villa, approvata nel piano regolatore della seconda città più popolosa degli Stati Uniti nell’ormai remoto 2015, ha visto approvare nel corso del suo lungo iter necessario alla costruzione una specifica ordinanza dell’ufficio del sindaco, finalizzata proprio a limitare la grandezza massima delle residenze possedute da persone fisiche e ospitanti in linea di principio una singola famiglia. Entità ingombranti che a partire dalla prima metà degli anni 2010, avevano iniziato ad ingombrare alcuni dei quartieri dal più alto e comprovato prestigio entro i confini di La-La Land. Non che dal mero punto di vista logistico, altrimenti, sarebbe stato semplice fare di meglio. Considerata la maniera in cui la casa occupa l’intera sommità di una collina per un totale di 3,8 acri, da cui migliaia di tonnellate di terra sono state portate via in maniera progressiva, mentre la tentacolare costruzione continuava ad evolversi verso la sua spropositata forma finale. Tra il comprensibile nervosismo dei numerosi investitori e finanziatori di Niami, primo tra tutti la Hankey Capital del miliardario Don Hankey, all’apice della questione titolare di un prestito di 115 milioni di dollari nei confronti dell’assurda venture creativa. Seguito a ruota Joseph Englanoff con la sua Yogi Securities, contributore attivo per il capitale addizionale di 36 milioni, assieme ad una serie di altre compagnie più piccole che oscillano sopra e sotto la cifra di 7 milioni ciascuna. In quantità sufficiente a raggiungere un debito (stimato) di circa 180 milioni di dollari più tasse e sanzioni varie, neanche lontanamente saldabile mediante l’effettiva vendita conclusa all’inizio dell’anno scorso, tramite un’asta giudiziaria vinta dal proprietario dell’E-Commerce Fashion Nova, il miliardario californiano Richard Saghian. Che sembrerebbe proprio aver fatto un affare clamoroso, pagando per The One soltanto 127 milioni, nel corso di un evento disertato da eventuali competitors per la potenziale problematica del recente scoppio della guerra in Ucraina. E questo nonostante la natura ancora fondamentalmente incompleta dell’assurdo luogo dei sogni, che manca di parecchie certificazioni inclusa quella elettrica, non avendo inoltre visto concretizzarsi alcune delle meraviglie più avveniristiche teorizzate dal suo creatore, tra cui un acquario per meduse, piedistalli olografici da cui far esibire in diretta celebri cantanti o musicisti ed un completo bar fatto di ghiaccio, nel particolare stile del più celebre albergo della Lapponia. E dopo tutto, giunti a questo punto che cosa restava da fare? Se non chiudere il discorso e limitare, per quanto possibile, i danni per ciascuna o buona parte delle entità coinvolte. Fino alla conferma che persino le meraviglie concepite per i favolosamente ricchi possono risultare eccessive. Di fronte all’evidente mancanza di ragionevolezza situazionale ed effettiva vendibilità alla cifra inizialmente perseguita.

Ma forse il più innegabile valore dell’ensemble resta, in ultima analisi, l’eccezionale vista sopra le distese urbane della stessa Los Angeles, ammirabile dalle gigantesche finestre dell’opulento palazzo. Subito seguita dalla “stanza delle caramelle” con immani distributori d’insalubri grumi di zucchero e saccarosio, il cui richiamo ad ogni età può essere difficilmente sopravvalutato.

Nella misura in cui, alla fine, occorre prendere atto di una fondamentale riflessione. Di quale sia la logica maniera in cui pensare, a tutti gli effetti, di poter creare “dal nulla” un valore che riesca ad attraversare indefesso le turbolenti onde del mercato immobiliare. Scegliendo di operare a partire dall’acquisto di un terreno sopra il quale, precedentemente, sorgeva un edificio storico come nel caso dell’appezzamento acquistato 8 anni fa dal pur collaudato sviluppatore di proprietà Niami, che nel corso del periodo successivo avrebbe investito essenzialmente nel progetto fino all’ultimo dollaro dei suoi risparmi, fino all’attuale pretesa di vedersi restituire 40 milioni dal capitale della vendita conclusa, infine, lo scorso marzo. E vi lascio immaginare quanto ciò possa essere probabile, al pari dell’attribuzione di futura fiducia nei confronti di un professionista che, almeno nei materiali di presentazioni prodotti nell’ultima decade, sembrava credere profondamente nei meriti della sua stessa idea. Benché appaia ragionevole porsi qualche difficile domanda, quando si sta pensando di offrire una soluzione standardizzata ed immutabile all’investimento personale di somme tanto ingenti. Laddove in senso lato, è molto più probabile pensare che il nababbo con più di cento milioni di dollari da spendere voglia farsi costruire casa in base alla sua specifica struttura delle priorità eminenti. Facendo organizzare spazi e amenità in base ai propri gusti personali e insindacabili, sebbene in fin dei conti ciò non sembri valere necessariamente per tutti allo stesso modo. Essendo riusciti a concludere, persino dopo che nessuno sembrava essersi presentato ai banchi di partenza, una vendita tra le più costose mai battute per una casa personale nell’intera storia degli Stati Uniti. Ed anche questo dovrà pur avere un merito, in senso lato: quello di creare un precedente per coloro che vorranno provarci ancora. I folli, gli affamati, gli studenti al venerabile cospetto di coloro che non hanno mai voluto, né sentito la necessità di studiare. E forse proprio in funzione di questo, hanno segnato il passo di un’intera epoca e quello che sarebbe venuto dopo.

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