Come in molte altre isole disseminate lungo la costa della Britannia, il vecchio castello interrompe la linea prevedibile della costa, emergendo a guisa d’imponente monumento sopra l’unica collina di Lindisfarne. Accumulo tidale di suolo emerso, collegato al topos principale solamente da una stretta passerella di sabbia, così notoriamente incline a scomparire almeno due volte al giorno. Ma chi volesse immaginare tale solido edificio, fatto costruire nel XVI secolo da Enrico VIII per servire da punto difensivo strategico contro un possibile assalto proveniente dalla Scozia, come il più importante manufatto storico geograficamente interconnesso a questo luogo, starebbe adeguandosi al tipo di revisionismo in qualche modo causato, e fortemente agevolato, dai primi visitatori “esterni” approdati su questi lidi. Uomini con armi di ferro ed armature altrettanto solide, capaci di spingere le proprie navi in su e lontano dalla spuma dell’Oceano. Per poi lanciarsi, invocando i propri Dei pagani, all’indirizzo del sito sacro di tutta la Northumbria. Siamo nell’Ottavo secolo dunque, quando ancora l’odierna Inghilterra era divisa nei canonici sette regni, il più settentrionale dei quali aveva recentemente accumulato potere militare e prestigio grazie all’unione dinastica tra Etelfrido della Bernicia ed Acha, sorella del re della Deira. Quasi 100 anni dopo dunque, durante il periodo di relativa pace e prosperità, fu il loro nipote Oswald a convertirsi per primo al cristianesimo, decidendo di dare rilevanza a questa sua fede mediante la costruzione di un sito di studio e venerazione, un importante polo monastico a cui potessero fare riferimento i sudditi dei suoi domini. Fu così che per poter alimentare questa possibilità, chiamò a corte l’unico sant’uomo abbastanza influente da poterci riuscire, il rinomato araldo di una filosofia e stile di vita monoteista noto al popolo come Aidano. Siamo nel 634 d.C. e costui, predicatore proveniente dall’Irlanda, aveva a questo punto della sua esistenza già trascorso lunghi anni vagando per le terre limitrofe, diffondendo e sostenendo la novella ecumenica in termini per la prima volta comprensibili per la gente comune, senza latinismi o approfondite analisi sulla bibbia e le sue implicazioni complesse. Tanto da essersi visto attribuire diversi miracoli e doti di guarigione mistiche, destinate soltanto ad aumentare con l’incedere degli anni. Ma la sua eredità destinata a lasciare una traccia particolarmente tangibile nella storia della Cristianità britannica sarebbe giunta con la fondazione di quella che sarebbe in seguito diventata col nome di abbazia dell’Isola Sacra, un luogo di studio ragionevolmente indipendente e polo culturale di riferimento per l’intera costa orientale dell’Inghilterra nell’ultima parte dell’Alto Medioevo. Luogo di culto ragionevolmente indipendente, destinato a veder crescere ulteriormente il proprio prestigio nove anni dopo la sua morte, quando nel 651 vide giungere la figura di un ex soldato incline al romitaggio, destinato a passare alla storia grazie a una serie di ulteriori miracoli con il nome di San Cutberto. La cui venerazione, molti anni dopo aver acquisito per volere del sovrano la qualifica di vescovo ed aver così contribuito all’organizzazione delle pratiche monastiche di Lindisfarne, avrebbe in seguito subito un brusco arresto. Quando, per volere divino terribile e imperscrutabile, le sue reliquie furono sottoposte ad una profanazione del tutto priva di precedenti…
L’importante questione da considerare nell’analisi di qualsiasi comunità monastica definibile con il termine di abbazia, ovvero dotata di un certo grado d’indipendenza nel proprio metodo organizzativo ed organizzazione delle pratiche amministrative, è che raramente esse fossero collocate in luoghi effettivamente distanti o scollegati dalla civiltà comune. In quanto frequentemente esse stesse produttrici di merci ed oggetti di scambio d’elevato pregio, incluso in modo particolare la più preziosa di tutte; quella dei manoscritti finemente miniati necessari per la diffusione della parola del Signore. Fu attorno al decesso e dopo il vescovato di Cutberto dunque, in un’epoca generalmente collocata attorno all’anno 687, che l’importante e fortunata opera proveniente da questo luogo venne piazzata all’interno delle tombe sotto la struttura sacerdotale, costituendo una fine ed elegante copia dei quattro vangeli completamente tracciata su 94 fogli di vellum, il tipo di pergamena creata a partire dalla pelle bovina. Un oggetto di valore particolarmente elevato dunque, la cui inclusione nella tomba del santo potrebbe essere stata motivata dalla scoperta, alla sua riesumazione, del corpo preservato miracolosamente e del tutto privo di processi di decomposizione, una caratteristica particolarmente rappresentativa del concetto di santità tipico di questa Era. E sarebbero occorsi ulteriori 106 anni perché a qualcun altro, in circostanze difficilmente prevedibili, sarebbe occorso il desiderio di aprire nuovamente le cripte del monastero, con l’intento di acquisire per se ogni tipo di ricchezza contenuta al loro interno. Fatta eccezione, in modo alquanto prevedibile, per qualsiasi inutilizzabile ed incomprensibile accumulo di parole in lingua latina.
Del momento fondamentale per la storia del Cristianesimo ed essenziale punto di svolta nelle relazioni tra i regni inglesi e le popolazioni norrene generalmente accomunate sotto l’impiego del termine omni-comprensivo di “vichinghi”, identificato per l’appunto come l’attacco dei suddetti pirati all’Isola Sacra ormai diventato un punto di riferimento sulle coste della prototipica regione d’Inghilterra, abbiamo diversi resoconti. A partire da quello degli annali redatti in epoca probabilmente coéva ed aggiornati ancora fino al XII secolo con il titolo attribuito di Cronache Anglosassoni, in cui si parla di terribili e foschi presagi a partire dall’inverno del 793: tempeste, fulmini e persino draghi infuocati nei cieli distanti, seguiti da una grave carestia fino alle idi del sesto mese. Quando “uomini sacrileghi” distrussero la chiesa di Dio presso l’isola di Lindisfarne. Una descrizione maggiormente dettagliata ed impressionante proviene invece dalle opere storiografiche di Alcuino, studioso della Northumbria in trasferta presso la corte di Carlo Magno, in cui si parla del modo in cui gli infedeli fossero giunti a “Versare il sangue contenuto nei reliquiari e calpestare i corpi dei santi, come fossero stati escrementi disseminati per la strada.” Un destino da lui ambiguamente attribuito, in modo non del tutto esplicito, ad un qualche “peccato” commesso dai monaci dell’abbazia, potenzialmente identificato dagli storici nella sepoltura offerta in questo luogo al nobile ribelle Sicga, uccisore del suo sovrano e morto suicida nel 793, venendo meno ai due dei più importanti comandamenti del Signore. Ciò che è certo ad ogni modo, come anche narrato da Alcuino, è che le pareti della suddetta chiesa sarebbero state “bagnate dal sangue dei monaci” durante la terribile scorribanda, vedendo un certa parte di loro catturati e imbarcati per una tragica nuova vita di schiavitù. Fu questo il primo assalto significativo delle temute lunghe navi, sebbene ce ne fossero stati esempi precedenti di minore entità, probabilmente condotto da equipaggi provenienti dalla Danimarca o la Svezia, così come i molti altri destinati a susseguirsi almeno fino all’unificazione dei regni britannici nel 927 d.C, sotto l’egida e la protezione del sovrano Athelstan del Wessex, nipote di Alfredo il Grande. Un’epoca in cui ormai da tempo, per ragioni ampiamente comprensibili, la comunità monastica rinata spontaneamente sulle coste di Lindisfarne concentrata sul culto di San Cutberto aveva ormai scelto di trasferirsi nell’entroterra, attraverso una serie di siti successivi fino alla città di Durham, dove sarebbero state infine stabilite le sue reliquie nell’anno 995. Incluso il pregiato e preziosissimo vangelo, la cui vicenda pregressa avrebbe vantato un episodio particolarmente notevole d’intervento divino, quando dopo essere stato smarrito in mare fu ritrovato miracolosamente, grazie a una visione onirica del santo stesso. Qualcosa di molto pratico e a dir poco, assolutamente provvidenziale.
Fu la fine dell’antico monastero dunque ma non quella della venerazione religiosa presso questa particolare luogo costiero in prossimità dell’odierna Scozia, dove venne istituito 1122 un nuovo priorato o “cella” da parte di un monaco benedettino di nome Edward, con l’obiettivo dichiarato di sfuggire alla guerra della conquista Normanna ormai prossima al nuovo centro della fede a Durham. Un’istituzione materiale le cui rovine, l’unica struttura storica sopravvissuta sull’isola che possa dirsi più antica del castello elisabettiano, sorgono ancora in prossimità del paese, come parte irrinunciabile di qualsiasi giro turistico della zona.
Da parte di moltitudini inclini a concretizzarsi, paradossalmente, proprio a seguito delle numerose celebrazioni e revisioni dell’epoca devastazione messa in atto nell’ottavo secolo da parte dei vichinghi, così frequentemente mostrata all’interno d’innumerevoli opere d’intrattenimento. All’interno delle quali l’attività dei predoni medievali maggiormente temibili dell’intero settentrione europeo viene mostrata come una mera e imprescindibile conseguenza del suo contesto, in qualche modo connotata da gesta eroiche e spettacolari saghe non prive di un certo grado implicito d’eroismo. E viene da chiedersi quante ulteriori generazioni dovranno susseguirsi, perché lo stesso stile interpretativo possa essere applicato alle ingiustizie del tutto simili commesse qualche secolo dopo dai Conquistadores presso le popolazioni indigene delle Americhe. In nome dello stesso Dio così temporaneamente allontanato, la cui unica voce udibile sarebbe stato il sibilo delle spade, assieme al rombo apocalittico dei moschetti.