Cinque milioni di dollari sono una bella cifra, per qualsiasi privato cittadino, da investire nell’acquisto di un appartamento di lusso in uno dei più nuovi ed attraenti grattacieli della città del Golden Gate. Uno dei centri urbani più esteticamente attraenti della Costa Ovest ed invero, gli interi Stati Uniti, dal 2009 impreziosito ulteriormente da questa notevole creazione dello studio Handel Architects, costruito in base ai migliori crismi operativi del tardo Modernismo. Difficile immaginare perciò l’immediata reazione di personaggi del calibro del giocatore di baseball Hunter Pence, l’ex-quarterback Joe Montana e il magnate di Silicon Valley Tom Perkins alla ricezione della loro più fatidica E-Mail dell’anno 2016, in cui la Millennium Partners, società amministratrice dell’omonima “torre” di 58 piani e 184 metri ad uso per lo più residenziale, li aggiornava in merito ad un piccolo problema emerso con il loro acquisto maggiormente significativo degli ultimi anni: il grattacielo era sprofondato di un totale di 16 cm, sviluppando un’inclinazione totale di 15 in corrispondenza del suo ultimo piano. Ma non c’era assolutamente niente di cui preoccuparsi: salvo imprevisti, si trattava di un processo lento e facile da misurare, per cui un efficace piano di compensazione sarebbe stato implementato in tempo utile ed al di là di ogni possibile margine d’errore. La situazione nel suo complesso, tutto considerato, appariva tuttavia caratterizzata da una sostanziale mancanza di chiarezza: per quale ragione un problema simile era stato impossibile da prevedere? O in realtà qualcuno aveva saputo o sospettato il suo verificarsi, decidendo nondimeno di andare avanti con la vendita di appartamenti per un guadagno totale di circa 750 milioni di dollari? Corrispondenti ad un guadagno del 25% sui 600 milioni spesi fino a quel momento nella costruzione, anche senza considerare i guadagni ricorrenti derivanti dal ristorante interno e le altre amenità tipiche di un lussuoso edificio del XXI secolo, tra cui palestra, lounge con concierge privato e cantina dei vini. Lungi dall’essere una malcapitata vittima d’inappropriate circostanze, la compagnia di sviluppo si sarebbe trovata entro il 2017 al centro di un’investigazione approfondita da parte dell’amministrazione cittadina, che avrebbe trovato alcuni chiari segni di deperimento, tra cui crepe nell’asfalto della strada e discontinuità nei pavimenti a diversi livelli. L’accesso ad uno degli ascensori del parcheggio sotterraneo dovette inoltre essere inibito. Pur dovendo ammettere, nonostante tutto, che la situazione non era (ancora) sufficientemente grave da dover togliere l’abitabilità all’edificio. L’anno successivo, in una domenica di settembre, qualcosa sembrò smentirli: un forte rumore preannunciò la lunga crepa comparsa in una delle finestre al 36°, idealmente costruita in modo tale da poter resistere alla forza di un uragano. Come ampiamente prevedibile nel contesto dei tempi moderni e particolarmente entro il territorio dei litigiosi Stati Uniti, un episodio simile avrebbe contribuito ad incrementare il numero di cause legali, in parte già avviate dal marzo dell’anno precedente: da parte di un’associazione dei condomini verso l’architetto Handel, lo studio ingegneristico DeSimone e gli appaltatori Webcor; per conto dell’ufficio del sindaco nei confronti dell’intera Millennium Partners; e alquanto inaspettatamente, per volere di quest’ultima contro il vicino cantiere recentemente ultimato del Transbay Transit Center, l’avveniristico terminal degli autobus/spazio per eventi con parco pubblico sul tetto che pur trovandosi alle prese con lo stesso suolo infido della baia di San Francisco, aveva posizionato a loro dire il basamento senza particolare attenzione alla compattezza del sostrato antistante. Una strategia più o meno giustificata, ma comunque utile a ottenere un possibile risarcimento e nella migliore delle ipotesi, sviare parte della comprensibile acredine dei propri clienti nei confronti di una parte terza. L’effettivo intervento di riparazione avrebbe quindi avuto inizio nel 2018, con uno stanziamento di 100 milioni di dollari e sotto la supervisione dello studio ingegneristico Simpson Gumpertz & Heger. Dando inizio ad un diverso, ed altrettanto impressionante tipo di Odissea…
Presentato inizialmente a dicembre di quattro anni fa, il piano elaborato dal supervisore alle operazioni Ronald Hamburger (un nome stranamente evocativo della catena di fast-food più famosa al mondo) non era privo di apparenti meriti procedurali: attraverso l’installazione di ulteriori 52 pali di stabilizzazione, il singolo blocco di cemento costituente la base di uno degli edifici più pesanti a ovest del Mississippi avrebbe guadagnato buoni presupposti di sostegno dal lato ovest maggiormente inclinato, verso una riduzione del 50% della tendenza discendente senza bloccare coerentemente la discesa della parte opposta, portando ad un pareggiamento della situazione entro un periodo di 10 anni. Quindi ulteriori opere sarebbero state implementate per bloccare anche l’affondamento del palazzo, continuando ad investire i fondi raccolti tra cui ben 30 milioni di denaro pubblico, stanziati come parte dell’accordo legale con i costruttori del Transbay Transit Center. I suddetti pali, lunghi ben 76 metri, avrebbero raggiunto il proprio obiettivo venendo legati a quelli lunghi meno della metà utilizzati originariamente e garantito stabilità raggiungendo lo strato roccioso del sottosuolo, idealmente accrescendo anche le caratteristiche antisismiche della Millennium Tower. Non tutti, d’altra parte, sembravano convinti della validità dell’idea ed entro il 2019, a lavori già iniziati, diversi esperti tra cui l’ingegnere geotecnico veterano Larry Karp presentarono all’amministrazione cittadina un rapporto sui possibili problemi ulteriori derivanti da una metodologia di tale entità: riassumibile nel timore, più che mai giustificato da episodi precedenti, che l’intervento potesse destabilizzare ulteriormente il suo contesto ed in effetti ottenere l’effetto inverso a quello desiderato, per la perdita di compattezza del terreno e conseguente deflusso delle acque di profondità nella faglia, compromettendo il sostegno offerto dal galleggiamento dei sedimenti. Una visione accantonata come troppo pessimistica o comunque poco rilevante, almeno finché un’ulteriore analisi condotta dopo l’installazione dei primi 39 pali aggiuntivi ad agosto del 2021 non mostrò l’orribile verità: il 58° piano della Millennium Tower aveva sviluppato un’ulteriore inclinazione di 12 centimetri, la situazione era peggiorata ulteriormente di un terzo ed in poche parole nulla stava funzionando nella maniera originariamente auspicata. In un silenzio di tomba da parte di residenti, avvocati e supervisori, ormai del tutto privi di argomentazioni alternative, si decise quindi di affidarsi al piano revisionato di Mr. Hamburger consistente nella riconfigurazione dei pali addizionali di ancoraggio a soli 18, tutti concentrati nell’angolo di maggiore pendenza, all’incrocio tra Mission e Freemont Street. Qualcuno, scherzando con humor nero negli articoli a commento dell’episodio, avrebbe paragonato tale scelta a “Scavare sotto i piedi di un gigante ubriaco” mentre tutti iniziavano a sospettare una sostanziale impossibilità di risolvere la complicata situazione prima che conseguenze maggiormente gravi iniziassero a compromettere l’usabilità del grattacielo, tra cui l’infiltrazione d’acqua nell’impianto elettrico e la rottura dei tubi utilizzati per l’approvvigionamento idrico degli appartamenti.
Con un completamento sulla carta previsto entro settembre del 2022, questa fase dei lavori si trova ora in ritardo mentre si tenta di perfezionare i buoni propositi di un efficiente risultato finale. Sebbene anche i tecnici coinvolti si siano trovati per forza di cosa a dover ammettere una natura più che altro contenitiva dell’intervento, con il ragionevole sospetto che ulteriori possano rendersi necessari negli anni e decadi a seguire. Con un dispendio sempre più ingente di fondi pubblici e privati, potenzialmente validi a negare, ed in effetti compromettere qualsiasi ritorno positivo dell’investimento da parte dei suoi costruttori.
Il che si configura come un monito sostanziale ed innegabile, nei confronti di chiunque intenda porre in essere le proprie opere con lo stesso margine possibile d’errore. Poiché ogni creazione di natura architettonica, una volta che i lavori procedono oltre il punto di non ritorno, si trasforma in una realtà imprescindibile di un effettivo nuovo contesto urbano. La cui successiva trasformazione, o persino rimozione, diventano realtà improbabili quanto lo sarebbero nel caso di montagne o colline facenti parte del paesaggio terrestre. Con la differenza che una volta giunti a questo punto l’attribuzione delle responsabilità riesce ad terribilmente chiara. E dispendiosa, sia in termini materiali che di prestigio di ogni entità o persona fisica coinvolta. Qualcosa che dovrebbe essere particolarmente difficile, almeno in linea di principio, da soprassedere.