In uno dei più memorabili episodi del popolare show newyorchese “I Soprano”, due luogotenenti del clan titolare incontrano sincere rimostranze nella riscossione di una somma per la protezione, presso l’imprevedibile rappresentante di un altro sindacato criminale di nazionalità russa. Nella discussione che ne deriva, culminante con l’uccisione più o meno accidentale del suddetto individuo, Paulie e Chris non hanno quindi altra scelta che trasportarne il corpo nella zona più selvaggia ed isolata nelle immediate vicinanze della Grande Mela, la densa e vasta foresta nota fin dall’epoca coloniale con il nome di Pine Barrens. In un crescendo di situazioni non pianificate, tuttavia, la loro vittima si rivela ancora viva nonché ancora sufficientemente in forze, e cogliendo di sorpresa gli aguzzini, fugge via tra gli alberi, costringendoli a seguirlo e perdersi nella foresta. Segue uno dei momenti più surreali e strani nel già ricco repertorio della serie, durante cui i due sicari si perdono in un luogo ostile e silenzioso, finendo effettivamente per rischiare la vita fino al tardivo salvataggio organizzato dal protagonista Tony e il suo futuro cognato, Bobby Baccalieri. La storia sorprende in quanto evocativa e psicologicamente affine all’inconscio, intrisa di un latente senso di mistero e meraviglia che culmina nell’inevitabile finale: l’ex-soldato russo è sparito e per il resto della narrazione, non tornerà mai più a cercare la sua vendetta. Come molti altri demoni spaventosi e misteriosi “babau” di questo luogo potenzialmente ameno, stranamente temuto dalla gente di New York per una quantità elevata di pregresse generazioni, il tangibile sconfina nell’occulto ma nessuno, in alcun modo, sembra averne superato le più implicite e nascoste iterazioni costruite dalla mente umana. Manifestazioni in qualche modo tangibili del puro e implicito terrore, in maniera analoga a quanto avvenuto in simili recessi nel remoto anno del Signore 1735.
Ha in effetti un cognome e una data di nascita precisa, la possibile figura storicamente esistita che costituì l’ispirazione del più temuto essere selvaggio del New Jersey, più comunemente noto come il XIII figlio della moglie del rinomato editore Daniel Leeds. Tale Jane la quale, sconvolta dalla fitta rete di superstizioni interconnessa al verificarsi di un simile evento, iniziò a temere che il suo nascituro potesse trasformarsi in niente meno che l’Anticristo ovvero in altri termini, la forma materiale di Lucifero in persona. E poiché nulla può indurre al verificarsi di terribili prodigi o sconvolgenti eventi, quanto l’aspettativa stessa di coloro che necessariamente si trovano a farne parte, la leggenda vuole che al momento della nascita lo sfortunato pargolo avesse iniziato a mutare. Incrementando le proprie proporzioni fino a quelle di una persona adulta o canguro, fatta eccezione per le braccia rimaste sproporzionatamente piccole, come quelle di un Tirannosaurus Rex. Mentre le ginocchia si invertivano ed i piedi diventavano degli zoccoli da cavallo, così come la testa cominciava ad assumere l’aspetto di un cavallo o altro essere quadrupede di questa Terra. Madre Leeds, comprensibilmente terrorizzata, chiese quindi che il suo ultimo figlio venisse richiuso nella soffitta della casa. Benché a sua insaputa egli fosse destinato a ricevere, nel giro di qualche giorno, anche un altro dono sovrannaturale: un paio di membranose ali di pipistrello, più che sufficienti a balzare volare fuori dal comignolo, fuggendo verso l’orizzonte per non tornare mai più all’ovile. Segue un lungo periodo d’incertezza, durante cui i membri della famiglia Leeds ed altri abitanti o visitatori della foresta settentrionale atlantica si sarebbero trovati al cospetto dell’orribile creatura, generalmente piuttosto schiva ed almeno in apparenza ostile soltanto nei confronti del bestiame lasciato incustodito. Tra coloro che ebbero ragione di parlarne, niente meno che Joseph Bonaparte, fratello maggiore dell’imperatore di Francia, che avrebbe incontrato il diavolo sul sentiero della sua residenza presso Bordertown nel 1820, di ritorno da una battuta solitaria di caccia. Difficilmente, d’altra parte, un’esperienza simile poteva essere dimenticata…
Classificato generalmente come un criptide, o creatura misteriosa ed unica mai classificata dalla scienza, il cosiddetto Jersey Devil non possiede tuttavia quasi nessuna delle caratteristiche generalmente appartenenti a tale categoria. Essendo infatti privo di una qualsivoglia somiglianza con creature note, fatta eccezione per la labile teoria che possa essersi trattato dell’imponente forma di una gru canadese (Antigone canadensis) la sua presenza viene in genere spiegata unicamente con approcci sovrannaturali e innegabilmente poco probabili nel complessivo novero delle circostanze. In tal senso, la mostruosità antropomorfa appare dunque più che altro una leggenda metropolitana ante-litteram, potenzialmente ereditata dal giustificato senso d’inquietudine connesso all’attraversamento delle terre selvagge, soprattutto se di un tipo notoriamente popolato nei secoli da nutrite schiere di ladri e malviventi, riuniti sotto la bandiera della banda dei Pine Robbers. In merito alla creazione della particolare leggenda che collegherebbe tale inquietante creatura alla famiglia Leeds, d’altra parte, il mondo accademico sembra aver elaborato una plausibile teoria, portata avanti in modo particolare dal Prof. Brian Regal, storico scientifico dell’Università di Kean, sulla base di una serie di eventi risalenti al XVIII secolo e una particolare rivalità del politico e inventore Benjamin Franklin con il figlio maggiore di Daniel e Jane Leeds. Erede a quei tempi degli asset di famiglia inclusa la stampa di un almanacco, del tipo utilizzato all’epoca come riferimento per le attività agricole e scadenzario delle ricorrenze annuali. Volume nel quale, analogamente a quanto era solito fare il padre, Titan era solito includere una certa quantità di notazioni astrologiche e previsioni mistiche, particolarmente invise ai membri della numerosa setta dei Quaccheri, che lo avevano preso in antipatia. Una negatività ulteriormente supportata dall’affinità della sua intera famiglia con i sostenitori della monarchia inglese, successivamente ripresa dallo stesso Franklin che scherzò più volte nel suo Poor Richard’s Almanack, pubblicazione in concorrenza, sul presunto accordo maligno tra i Leeds e il demonio. Filone interpretato forse in senso troppo letterale dalla gente superstiziosa coéva, che iniziò a vedere nello stemma vagamente draconico impiegato come sigillo delle loro produzioni editoriali un possibile ritratto del figlio e fratello “segreto”, che in tanti dicevano di aver scorto di sfuggita in svariate circostanze. Fatto sta, indipendentemente da quale potesse essere la verità, che per l’intero secolo successivo al primo avvistamento registrato di Bonaparte, gli episodi collegati alla venuta del Diavolo non cessarono mai del tutto, con diverse scomparse ritenute inspiegabili di animali domestici come mucche e galline, fino ad un rapido degenerare della situazione verso una sorta d’isteria collettiva situata cronologicamente nell’anno 1909. In modo particolare nella settimana del 16-23 gennaio, quando numerosi giornali dell’area di Philadelphia e del Jersey Meridionale iniziarono a riportare numerosi casi di avvistamento, nonché il racconto di almeno un paio di cacciatori che dicevano di aver colpito di sicuro la creatura coi propri fucili, senza che questa sembrasse averne risentito in alcuna maniera. Vennero perciò organizzati dei veri e propri gruppi di ricerca, mentre lo Zoo di Philadelphia offrì una ricompensa di 10.000 dollari a chiunque fosse in grado di catturarla, per riportarla viva e vegeta alla civiltà. Ci fu anche il caso di un amministratore museale senza scrupoli, Norman Jeffries del museo Arch della stessa città, che aveva realizzato una mostruosa versione del diavolo impagliata a partire da parti di canguro e di capra, idealmente finalizzata a incrementare le visite presso la sua istituzione in evidenti ristrettezze finanziarie. Ma l’inganno, molto prevedibilmente, non riuscì a convincere una quantità sufficiente elevata di persone.
Oggi relegato ad una categoria di vicende leggendarie particolarmente popolari tra il pubblico della zona, senz’altro in buona compagnia vista la quantità di mostri, streghe e fantasmi collettivamente collocati nell’area dei Pine Barrens, il mostruoso demone sembrerebbe aver trovato una nuova vita grazie alle implicazioni in un certo senso comiche del suo aspetto. Così innaturale e al tempo stesso distintivo, da poter costituire il personaggio ideale all’interno di una quantità crescente di serie tv e videogiochi, tra cui la sit-com vampiresca What We Do in the Shadows (2019 – in produzione) e la serie di avventure grafiche interattive rimasta purtroppo incompleta di The Wolf Among Us (2013). Avendo ormai da tempo perso le sue implicazioni più sinistre e terrificanti, il Diavolo fornisce inoltre il nome e la mascotte alla locale squadra di Hockey iscritta al campionato della NHL. Quasi come se il semplice fatto di evocare nella mente la figura di un uomo capra volante debba necessariamente indurre all’elaborazione di contingenze vaghe o surreale, piuttosto che il senso d’incombente minaccia dei nostri illustri predecessori. In un mondo in cui il vero pericolo tende ad assumere un aspetto molto più consueto ed ordinario, privo delle implicazioni maggiormente inimmaginabili del sogno della ragione. Per essere in qualche maniera celebrato, grazie al fascino naturalmente cinematico di un grande Male.